«Un impianto di cui tutti possiamo andare fieri»
Erogazione di acqua potabile di qualità e in quantità, ma anche produzione di energia idroelettrica. Dopo 6 anni di lavori, iniziati nel 2016, e un investimento di 22 milioni di franchi, ecco che il nuovo acquedotto della Valle Morobbia è diventato realtà. Ieri l’inaugurazione ufficiale al Policentro di Pianezzo alla presenza delle numerose personalità politiche e tecniche coinvolte. «Quest’opera segna la storia del Comune di Bellinzona in modo importante e positivo. È un impianto di cui possiamo andare fieri», ha affermato il sindaco Mario Branda che ha inoltre ricordato le difficoltà che il progetto ha dovuto affrontare prima di vedere la luce. «Non era nato sotto i migliori auspici politici ma dopo tante discussioni e qualche compromesso, abbiamo trovato una soluzione interessante per la nuova Città. È un risultato dovuto anche all’aggregazione e all’intelligenza di diverse persone, che capirono come dare qualcosa in più ad una città che andava formandosi. Voglio ringraziare queste persone». Un sentimento di gratitudine a cui si è unito anche il municipale Mauro Minotti (capo dicastero sicurezza e servizi industriali): «Se ne parlava oltre 20 anni fa e non poteva arrivare in un momento migliore, tra l’altro rispettando i preventivi. Un aspetto non scontato considerando la complessità tecnica. Complimenti a tutti per questo progetto lungimirante che avrà ricadute positive su tutto il territorio».
È Minotti stesso a spiegarne il funzionamento. L’acqua di numerose sorgenti viene raccolta in tre serbatoi (Carena, Vellano e Madonna degli Angeli) e utilizzata anche per produrre energia rinnovabile. Il dislivello tra le sorgenti e i serbatoi ha permesso infatti la posa di micro-centrali all’interno degli stessi per la produzione di energia idroelettrica. «Un’opera complessa», che vede i flussi di decine di sorgenti, alcune situate anche a 1.500 metri di quota, arrivare in parte sino a Giubiasco. Da qui, insieme all’acquedotto di Gorduno-Gnosca, l’impianto consente di alimentare tutta la rete cittadina. Le zone servite dai suoi 18 chilometri di condotte (tra principali e secondarie) sono Carena, Melera, Melirolo, Vellano, Carmena, Pianezzo e Giubiasco. Tre, come detto, i serbatoi per un totale di accumulo di 2.400 metri cubi di oro blu. Sono cinque le micro-centrali installate all’interno dei serbatoi, per una produzione di circa 1,8 milioni di kWh all’anno di energia idroelettrica, che equivale al fabbisogno di oltre 500 economie domestiche.
A Carena, l’acqua di cinque sorgenti (Dosso, Ruscada, Prada, Valle di Melera e Carena bassa) arriva al serbatoio da 200 metri cubi a 1.102 metri di altitudine, dove viene turbinata in tre micro-centrali e distribuita attraverso la rete idrica agli abitati di Carena, Melera e Melirolo. In questo caso si riescono a produrre circa 600.000 kWh annui, che coprono i consumi di circa 170 abitazioni. L’acqua in esubero viene trasportata tramite la condotta al serbatoio (sempre di 200 metri cubi) di Vellano, a 880 metri d’altezza, dove passa nella turbina di una seconda micro-centrale e, insieme ai flussi di quattro altre sorgenti (Carmena, Melirolo, Vellano nuova e vecchia), soddisfa i bisogni idrici delle frazioni di Vellano e Carmena e produce circa 300.000 kWh annui di energia, per le necessità di circa 90 famiglie. L’acqua da monte alimenta il quartiere di Pianezzo (che ha la possibilità di approvvigionarsi mediante il nuovo collegamento al bacino di Medè) e raggiunge il serbatoio più basso ma più capiente (2.000 metri cubi) di Madonna degli Angeli a 375 metri, dove prima di essere immessa nella rete idrica di Giubiasco viene nuovamente turbinata per produrre 900.000 kWh all’anno di energia idroelettrica (bisogni annui di circa 260 case). L’acqua sorgiva, inoltre, viene trattata dal punto di vista batteriologico attraverso tre impianti a ultravioletti prima di essere distribuita.
Presente anche Andrea Bersani, già sindaco di Giubiasco, che ha parlato di «un progetto che ha voluto fortemente dialogare con il territorio, senza sfruttarlo» e ricordando il travagliato processo nato proprio nell’ex Comune prima dell’aggregazione. «Qualcuno ha remato contro. Quando si crede in qualcosa però, questo rappresenta uno stimolo e infatti ce l’abbiamo fatta».