Un pedaggio al San Gottardo? «Sì, ma occhio all'effetto boomerang»
L'idea di introdurre un pedaggio al San Gottardo, era inevitabile, sta facendo parecchio discutere. A lanciare la bomba, in questo senso, è stata la consigliera nazionale in quota Verdi liberali Corina Gredig. Venti franchi a passaggio, con eccezioni per imprese e residenti urani e ticinesi, per tacere della logica legata all'utilizzo o, se preferite, al cosiddetto road pricing: maggiore è il traffico, più costoso sarà l’attraversamento del tunnel. Per capirne di più ci siamo rivolti a Stefano Dias, presidente dei Verdi liberali Ticino.
Innanzitutto, i Verdi liberali ticinesi erano a
conoscenza di questa idea? Corina Gredig ve ne aveva parlato?
«Non tutti, internamente, sapevano dell'idea. Avevamo
sentito qualcosa, al riguardo, mentre chi ha più contatti con Berna in effetti aveva
avuto delle anticipazioni. A livello di mobilità, noi Verdi liberali sappiamo
che il problema è grave. E sappiamo che è meglio cercare di trovare soluzioni
incentivanti piuttosto che impedire lo spostamento delle persone tout court.
Questa proposta, non ancora pronta formalmente ma di certo interessante, va
proprio nella direzione auspicata. Soprattutto perché si farebbe sentire nei
momenti in cui il traffico raggiunge il picco. A patto, come abbiamo detto nel
nostro comunicato, di agevolare i cittadini ticinesi e urani, oltre alle
imprese».
L'ultimo, vero serpentone al Gottardo, in
occasione delle vacanze pasquali, aveva avuto anche un fuori programma: l'invasione
di campo dei manifestanti di Renovate Switzerland. Un fuori programma che,
pare di capire, voi Verdi liberali non avevate gradito granché. Come mai?
«Le azioni come quella di Renovate Switzerland al
portale Nord, ne abbiamo discusso internamente, non ci piacciono. I
manifestanti, a giusta ragione, sono preoccupati per la crisi climatica. Come
lo siamo tutti, visto che è un'emergenza concreta e reale. Tuttavia, il rischio
è quello di sortire l'effetto contrario. E di favorire la polarizzazione
dell'opinione pubblica. Questo è il momento di compattarsi e di andare avanti
uniti, pensando anche alla votazione della legge sul clima il prossimo giugno,
non di mettere in piedi azioni scomposte. Perché poi, appunto, i messaggi da
portare avanti si bloccano».
Le colonne sono inevitabili?
«Le colonne sono lì. E, come dicevo, sono un
problema. Anche per il contorno. Penso al Canton Uri, alla Leventina e, a
cascata, l'intero Ticino. Il flusso di traffico al Gottardo, spesso, ha un
impatto anche sulle strade del nostro territorio. Finché non diventa problematico
circolare».
Chiudendo il discorso Renovate Switzerland, il
problema quindi è che queste azioni fanno passare in secondo piano o,
addirittura, scomparire il messaggio?
«Sì, è come se si perdesse il senso della
protesta. Ci si concentra sull'azione e ci si scorda del messaggio. Si parla
dell'imbrattamento delle opere d'arte, o come in questo caso del fatto di aver
bloccato l'accesso al tunnel autostradale. Noi, ai responsabili di questi
movimenti, chiediamo piuttosto di organizzare conferenze, workshop e via
discorrendo, di avere un approccio più comunicativo e informativo. Bloccare
un'autostrada indubbiamente fa notizia, ma poi? Poi restano le frustrazioni
degli automobilisti».
A proposito di automobilisti, a vari attori –
come il Touring Club Svizzero – chiediamo spesso che cosa spinga, anno dopo
anno, colonna dopo colonna, i turisti a prendere sempre e comunque la strada
del San Gottardo. E le alternative? E l'auspicato cambio di abitudini?
«Il punto sono proprio le abitudini. Veniamo da
anni e anni di modi di fare, diciamo, consolidati. Tant'è che, spesso, si sente
la frase: perché cambiare, dal momento che si è sempre fatto così? Credo che la
politica, su questo aspetto, dovrebbe e potrebbe fare di più. Il cambio di
abitudini non deve far paura, al contrario andrebbe affrontato e spiegato. Non
è questione, solo, di puntare sul treno o altri mezzi di spostamento. È
questione di comunicare. E di far capire che nessuno vuole impedire alle
persone di organizzarsi come meglio credono per le vacanze, che restano
sacrosante. Il potenziamento del trasporto pubblico, non a caso, è un tema
caldo. Ma partirei proprio dalle abitudini».
Il Canton Uri, rimanendo sull'attualità, propone
invece un sistema di prenotazione per i passaggi. Che ne pensa Stefano Dias?
«È una proposta. E va studiata, a maggior ragione
se tecnicamente si rivelasse valida. Personalmente, non so quanto sia
attuabile. Ma tutto ciò che viene messo sul tavolo, fronte gestione del traffico
al San Gottardo, è utile. Quello che dovremmo evitare, tutti, è di castrare a
priori un'idea. Bloccando di riflesso la discussione. Come Verdi liberali
riteniamo che l'introduzione del pedaggio sia più fattibile, anche sul piano
costituzionale. Ma pedaggio e prenotazione potrebbero integrarsi e formare un
unico sistema. L'importante, ripeto, è dare sollievo all'A2».
L'idea di introdurre un pedaggio al San Gottardo
potrebbe spingere alcuni automobilisti a prediligere l'alternativa del San Bernardino,
non a caso il consigliere nazionale Simon Stadler (Centro) ha detto che delle
misure andrebbero intraprese proprio per evitare un simile scenario. Ma come?
«È la prima cosa che ho pensato leggendo l'idea
di Corina Gredig. Se introduciamo il pedaggio, poi molte persone intaseranno le
strade secondarie o sfrutteranno il San Bernardino. Che, lo sappiamo bene noi
ticinesi, rappresenta la prima alternativa nei momenti di maggior traffico al
Gottardo. Servirà, è chiaro, un coordinamento. E forse all'equazione dovremmo
aggiungere il Grigioni e, in parte, il Vallese. Guai se si verificassero
storture. Penso ad esempio a chi, in Ticino, non volendo pagare la vignetta
finisce per intasare le strade cantonali. L'effetto boomerang va assolutamente
evitato».