Sanità 

Un tetto al numero dei medici: il Governo prepara il giro di vite

Doppia mossa del Consiglio di Stato per contenere l’aumento dei costi della salute – Avviata la consultazione sul regolamento che consentirà di limitare il numero di specialisti attivi in Ticino e riviste al ribasso le tariffe degli studi privati – Raffaele De Rosa: «Occorre agire sul settore ambulatoriale»
© KEYSTONE / GAETAN BALLY
Francesco Pellegrinelli
06.07.2023 23:04

Contenere la spesa delle cure ambulatoriali. Con questo obiettivo il Consiglio di Stato ticinese mercoledì ha adottato due misure di politica sanitaria. La prima riguarda la limitazione del numero di medici autorizzati a praticare a carico della LAMal. La seconda concerne la fatturazione dei singoli studi medici privati, ai quali verrà imposta una riduzione delle tariffe.

Dove intervenire

«Il 40% della spesa LAMal è generato dal settore ambulatoriale che cresce con una progressione maggiore rispetto ai costi complessivi della salute», commenta il direttore del DSS Raffaele De Rosa. «Se si vuole contenere la spesa sanitaria, che poi si ripercuote sui premi di cassa malati, occorre quindi intervenire». Se i costi ospedalieri stazionari sono sotto controllo, quelli del settore ambulatoriale mostrano invece un incremento importante. «Rispetto ai costi stazionari, quelli ambulatoriali crescono quasi del doppio», osserva De Rosa.

Nel concreto, la decisione adottata mercoledì dal Consiglio di Stato prevede la messa in consultazione del regolamento che fissa i criteri per permettere al DSS di limitare il rilascio di nuove autorizzazioni a praticare a carico della LAMal in Ticino. «Dopo il via libera del Gran Consiglio all’allestimento da parte del Consiglio di Stato del regolamento, ora questo documento viene messo in consultazione. L’obiettivo è limitare l’arrivo di nuovi medici in quelle discipline in cui si osserva già oggi una spesa di molto superiore rispetto al fabbisogno», precisa De Rosa.

In particolare, sono una decina le specializzazioni che già oggi, a livello cantonale, presentano un tasso di approvvigionamento superiore al fabbisogno di cura. Le specializzazioni soggette al numero massimo, secondo la proposta posta in consultazione sono quindi le seguenti: anestesiologia, cardiologia, angiologia, oncologia, nefrologia, neurologia, chirurgia plastica, e - a seguito di nuove richieste - di dermatologia, gastroenterologia e radiologia. «Il fabbisogno è definito dall’ordinanza federale tramite un tasso di approvvigionamento che tiene conto della struttura demografica, di fattori come l’invecchiamento della popolazione e di altri dati epidemiologici. Intendiamo andare a limitare l’arrivo di nuovi medici in quelle specialità in cui questi parametri indicano che l’offerta è significativamente più alta rispetto al fabbisogno», precisa De Rosa. Per alcune discipline, tuttavia, il Consiglio di Stato propone di introdurre una deroga al principio generale: «Parliamo del medico di famiglia, figura centrale per la cura alla popolazione e per il contenimento della spesa sanitaria», aggiunge De Rosa.

Per una riduzione effettiva del numero di studi medici si dovrà tuttavia attendere la metà del 2025, quando la riforma (prevista dalla revisione della LAMal approvata nel 2021) entrerà nella sua ultima fase di attuazione. Solo in quel momento, il Consiglio di Stato ticinese potrà intervenire con un pilotaggio regressivo attivo. «Al momento ci troviamo in una fase transitoria», precisa De Rosa. «Una fase che fissa il tetto massimo di medici presenti sul territorio in funzione del fabbisogno». Perché dunque un regolamento se non si può intervenire riducendo il numero di studi? «Per definire i numeri massimi serve una base legale. Inoltre, il regolamento è necessario per "bloccare" quelle discipline che già oggi vanno ben oltre il fabbisogno di cura o che lo possono superare in futuro». Insomma, su quella decina di discipline nelle quali già oggi si osserva un esubero di fabbisogno, il Consiglio di Stato potrà far valere il suo veto su nuove autorizzazioni. «In questa fase intermedia, nelle specializzazioni che hanno raggiunto il numero massimo, per autorizzare un nuovo arrivo sarà quindi necessario che qualcuno interrompa la propria attività». Nella fase definitiva, come detto, ci sarà invece un modello regressivo. «Per le discipline sotto la soglia di fabbisogno non ci saranno limitazioni fino al raggiungimento del numero massimo; per quelle che invece sono sopra la soglia ci sarà una limitazione, nel senso che eventuali partenze non saranno sostituite». In ogni caso, precisa De Rosa, la revisione non tocca i medici che sono già in esercizio ma unicamente le future nuove autorizzazioni.

Il costo delle prestazioni

La seconda decisione adottata mercoledì dal Consiglio di Stato riguarda invece il valore del punto Tarmed (VPT) riferito alle prestazioni mediche erogate dagli studi privati. Accertato che le convenzioni tra l’OMCT e una parte degli assicuratori malattia sono scadute e che i citati partner tariffali non sono riusciti a trovare un accordo, il Cantone è stato chiamato a fissare la tariffa, così come previsto dalla LAMal. Il decreto esecutivo adottato oggi fissa il VPT a 0,91 centesimi, ovvero due centesimi in meno rispetto a quanto in essere, ed entra in vigore retroattivamente dal 1° gennaio 2021. Nella sua valutazione il Cantone ha considerato in particolare che il VPT degli studi medici privati è tra i più alti in Svizzera e si discosta dal VPT ospedaliero di oltre il 10%. Questo nuovo valore non ha effetto sulle fatture pagate nel frattempo dai pazienti.

«Profonda delusione e ulteriori carichi amministrativi»

«Siamo profondamente delusi». Così il presidente dell’Ordine dei medici, Franco Denti, sulla decisione del Consiglio di Stato di diminuire di due centesimi il valore del punto Tarmed. «Abbiamo dimostrato più volte e con cifre credibili che il costo per paziente è nella media svizzera, e che da anni è stabile. Pertanto, non si spiega questo provvedimento», commenta Denti, secondo il quale l’aumento dei costi ambulatoriali va imputato «al progressivo travaso di attività dallo stazionario all’ambulatoriale». Una pratica - prosegue Denti - che ha consentito al Cantone di risparmiare e, allo stesso tempo, di stabilizzare il costo delle cure stazionarie.

L’Ordine ritiene inoltre «deludente» la decisione del Governo «alla luce dell’importante lavoro svolto durante la pandemia». Ancora Denti: «Da anni collaboriamo con il Dipartimento e svolgiamo gratuitamente compiti per il Cantone. Il Governo, invece, con il pretesto di dare un segnale politico al contenimento dei costi, prende una decisione che non tiene in considerazione il nostro contributo. Non chiedevamo un aumento del punto tariffale, ma che questo fosse confermato fino al 1. gennaio 2025, quando entrerà in vigore il nuovo tariffario medico». Il Tarmed andrà infatti in pensione per far posto al Tardoc. «Il 60% delle casse malati, ossia quelle che fanno capo a Curafutura, avranno un punto tariffale a 0,91 centesimi; le restanti invece resteranno a 0,93 centesimi». Ciò che, secondo Denti, produrrà un carico amministrativo per gli studi medici, i quali dovranno distinguere caso per caso. Contro la decisione del Consiglio di Stato è data facoltà di ricorso al Tribunale amministrativo federale. «Valuteremo con attenzione il rapporto del Governo, poi decideremo i passi da intraprendere», commenta ancora Denti che, in ultima istanza, ritiene eccessivo l’intervento dello Stato in campo sanitario: «Dopo la pianificazione ospedaliera, il Governo vuole fare da solo anche la pianificazione ambulatoriale».