La testimonianza

Un ticinese fra gli incendi di Los Angeles: «Un mix di ansia e impotenza»

Amos Sussigan, regista, sceneggiatore e visual designer da anni residente negli Stati Uniti, racconta il suo rientro in California dopo aver passato le festività in Svizzera
Il sole offuscato dalla nube di fumo. © Amos Sussigan
Marcello Pelizzari
09.01.2025 18:00

«Il volo LX40 da Zurigo a Los Angeles, il 7 gennaio, era cominciato sotto i migliori auspici: nessuna turbolenza, un servizio impeccabile da parte di Swiss e la promessa di un atterraggio tranquillo in una Los Angeles ventosa ma soleggiata, come annunciato dal capitano circa 40 minuti prima di scendere». Inizia così il racconto di Amos Sussigan, classe 1989, regista, sceneggiatore e visual designer ticinese da anni residente in California. Nella Città degli Angeli, già. Una metropoli devastata dagli incendi che, purtroppo, mentre scriviamo queste righe continua a bruciare. Ancora Sussigan, rientrato negli Stati Uniti dopo aver trascorso le festività in Ticino: «Mentre ci preparavamo per l’atterraggio, con le cinture allacciate e i finestrini aperti, il panorama montagnoso si stendeva sotto di noi. Eppure, qualcosa non quadrava: l’orizzonte appariva stranamente offuscato, quasi nebuloso. Il pilota, in silenzio, sorvola direttamente l’aeroporto senza atterrare, portandoci sopra l’oceano. Tra i passeggeri si diffonde un mormorio di curiosità e preoccupazione, ma nessuna spiegazione ufficiale arriva».

La tensione, prosegue il nostro interlocutore, «cresceva». Non riuscendo a vedere bene dai finestrini, ribadisce Sussigan, «l’ipotesi più plausibile sembrava la nebbia. Ma poi, avvicinandoci al livello del mare, una curva dell’aereo ci ha rivelato la realtà: il cielo non era annebbiato, era pieno di fumo, e la costa era in fiamme. La vista di un tramonto arancione che si rifletteva sulle acque era, piuttosto, il riflesso degli incendi che infuriavano sulle Pacific Palisades».

Vedere la devastazione dall'alto, indubbiamente, deve essere stato al tempo stesso incredibile e spaventoso. «L’atterraggio a LAX è stato turbolento ma sicuro» spiega il ticinese. «Una volta a terra, i telefoni hanno iniziato a vibrare con notifiche: il vento era fortissimo e gli incendi stavano peggiorando. Ritirato il bagaglio, sono salito su un Uber ma il viaggio verso casa si è rivelato un'odissea. Il traffico era paralizzato, le raffiche di vento scuotevano l’auto, e il mio autista filmava il paesaggio infuocato con il telefono stupefatto. Io, dopo 12 ore di volo, ero assonnato e anche un po' preoccupato, mentre amici e familiari da ogni parte del mondo mi scrivevano chiedendo aggiornamenti».

A un certo punto, il nostro viaggio si è interrotto quando un albero caduto ha bloccato la strada, costringendo l’autista a scendere per spostarlo. Improvvisamente, un blackout ha lasciato la strada immersa nell’oscurità, illuminata solo dai fari delle auto e dalle fiamme all’orizzonte. Arrivato finalmente a casa, il mio quartiere era animato dai mezzi dei pompieri e delle squadre elettriche

Durante il tragitto, rami spezzati, sacchetti di plastica e detriti volavano incessantemente contro l’auto, racconta Sussigan. «A un certo punto, il nostro viaggio si è interrotto quando un albero caduto ha bloccato la strada, costringendo l’autista a scendere per spostarlo. Improvvisamente, un blackout ha lasciato la strada immersa nell’oscurità, illuminata solo dai fari delle auto e dalle fiamme all’orizzonte. Arrivato finalmente a casa, il mio quartiere era animato dai mezzi dei pompieri e delle squadre elettriche. Mentre molti vicini erano senza corrente, casa mia, fortunatamente, era ancora alimentata. Ho lasciato la valigia nell’ingresso e sono crollato sul letto, esausto».

La mattina seguente, svegliato (anche) dal jet lag, Sussigan fa un'amara scoperta: «I grandi studi cinematografici – Warner Bros per cui lavoro, ma anche Disney, DreamWorks, Universal – erano chiusi a causa degli ordini di evacuazione. Le riunioni di lavoro si sono quindi svolte, con difficoltà, online, tra colleghi preoccupati e assenti. L’app Watch Duty, consigliata per monitorare gli incendi, segnalava in continuazione nuovi focolai: Palisades Fire, Hurst Fire, Eaton Fire. Anche se il mio quartiere a Burbank non era ancora in pericolo immediato, era letteralmente nel centro di tutti questi incendi. Verso sera, un nuovo incendio, il Sunset Fire, ha avvicinato le fiamme ancora di più. Amici e colleghi venivano sfollati in massa, io stesso ho preparato uno zaino con le cose essenziali, pronto a lasciare la casa se fosse stato necessario. Intorno a me, il fumo riempiva l’aria e gli alberi caduti testimoniavano la furia del vento».

Il peggio, almeno nella zona di Sussigan, sembrerebbe essere passato. «Ora sono a casa, al sicuro ma vigile. L’aria è irrespirabile e il paesaggio devastato. È incredibile come questi disastri siano diventati una routine in California, tra incendi, uragani e alluvioni. Un’infrastruttura americana che in generale, non solo in California, è lasciata alla furia delle intemperie senza nessuna miglioria. Mi chiedo se non si possa fare di più per prevenire situazioni del genere. Per il momento, continuo a monitorare la situazione, a rassicurare amici e parenti e a supportare chi è stato evacuato. È un’esperienza che non dimenticherò mai, un mix di ansia, impotenza e, allo stesso tempo, gratitudine per essere ancora al sicuro».

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