Una nuova sede per la PCi puntando all’accorpamento

Il Corpo della Protezione civile Tre Valli ha finalmente la sua nuova sede. Dopo la sua l’ultima assemblea, avvenuta lo scorso dicembre, il Consiglio consortile ha deciso di insediare i suoi militi nello stabile Vescovi di Biasca. «Si tratta di un ex garage per il quale è stato firmato un contratto di locazione fino al 2028 con il proprietario», spiega il presidente del Consiglio consortile Fulvio Chinotti, confermando inoltre che il trasloco del magazzino e dei mezzi è già stato effettuato. «Nel corso delle prossime settimane verranno trasferiti anche gli uffici che attualmente si trovano nella Casa comunale di Biasca, prevediamo di completare l’operazione entro fine marzo». A spuntarla, dunque è stata la proposta avanzata da Biasca a cui era stata contrapposta la soluzione sostenuta da Giornico dello stabile ex OEMB, la ditta specializzata nella produzione di pezzi meccanici e macchine piegatrici per le lamiere fallita nel 2016 dopo che la Pretura aveva interrotto la moratoria concordataria.
In affitto per cinque anni
E sarà così almeno per i prossimi 5 anni, fino al 2028, poi si vedrà. Infatti, i comuni delle Tre Valli che fanno parte della convenzione (Bedretto, Airolo, Quinto, Prato Leventina, Dalpe, Faido, Blenio, Acquarossa, Serravalle, Giornico, Bodio, Pollegio, Personico, Biasca e Riviera) non hanno intenzione di accantonare l’idea di accorpare il servizio con quello della Pci di Bellinzona, di cui fanno parte anche i Comuni di Arbedo-Castione, Cadenazzo, Lumino e Sant’Antonino. Lo scenario rimane più che concreto e «una lettera in questo senso sarà inviata prossimamente dai comuni interessati delle Tre Valli a quelli del Bellinzonese», conferma Chinotti. Per la nuova sede quindi non è stato fatto nessun investimento, «solo l’acquisto di alcuni scaffali e la messa a budget dell’affitto». Si tratta di un edificio che mette a disposizione degli 8 collaboratori (tra gli amministrativi e i membri del Comando) un totale di 2.700 metri quadri su due piani, esterni compresi; di cui il solo magazzino al piano terreno conta 1.700 mq sfruttati in altezza con degli scaffali.
«Una decisione politica»
Lo spunto di accorpare amministrativamente (ma non fisicamente) i due consorzi è dato dal fatto che tra qualche anno, a seguito della revisione della Legge sulla protezione della popolazione, gli effettivi della Protezione civile in tutta la Svizzera diminuiranno a causa dell’abbassamento dell’età obbligatoria per prestare servizio. Le varie Regioni saranno colpite da questa riduzione in maniera più o meno drastica e quella delle Tre Valli, la Regione 1, potrebbe essere toccata in maniera importante. «Un altro aspetto è legato ai costi – spiega il presidente della delegazione consortile della Pci bellinzonese Stefano Mossi –. Le spese della Protezione civile non sono tutte proporzionate al numero di militi e quindi risulta che una Regione piccola può anche dover sostenere spese pro capite maggiori rispetto a una Regione più grande».
Queste considerazioni avevano indotto il Dipartimento delle istituzioni ad avanzare la proposta di procedere ad una riorganizzazione dei due Consorzi. «L’idea è stata valutata individuando i pro e i contro. Poi il Consorzio del Bellinzonese, una volta fatte le sue analisi, le ha esposte presentandole ai Municipi dei cinque Comuni consorziati, passando la scelta a loro. Si tratta infatti di una scelta politica che comporta soprattutto delle conseguenze finanziarie», spiega ancora Mossi. Un Consorzio nuovo avrebbe infatti una ripartizione delle spese diversa e il singolo Comune pagherebbe in proporzione al numero dei suoi abitanti. «Dunque Bellinzona pagherebbe più della metà dei costi correnti totali». Si sposterebbero anche gli equilibri politici? Possibile. «Discussioni sono state fatte in passato, senza che si arrivasse ad un punto ben definito», osserva Mossi. I discorsi a quanto pare si erano fermati lì, ora come detto il Consorzio delle Tre Valli tornerà alla carica con una missiva. L’accorpamento della due Pci però non è l’unica soluzione, in quanto «il Dipartimento delle istituzioni potrebbe avere nel cassetto altre idee. Ad ogni modo non è una scelta che possono fare i Consorzi, ma i Comuni che li compongono dopo aver approfondito e sviluppato la questione», conclude Stefano Mossi.