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Viaggiare in Italia costa di più: tariffe più alte su autostrade e Pedemontana

Le tratte gestite da Autostrade per l'Italia sono aumentate dell'1,51%, le altre del 2,3% - Critiche dalle associazioni consumatori: «Ai pedaggi più salati non corrisponde un miglioramento dei servizi» - Stangata al tunnel del Monte Bianco
©CdT
Michele Montanari
03.01.2024 12:03

Viaggiare sulle autostrade italiane, dal primo gennaio, costa di più. Il decreto interministeriale Milleproroghe, pubblicato lo scorso 30 dicembre, ha dato infatti il via libera dal primo giorno del 2024  all'aumento dei prezzi sulle strade a pedaggio. Gli incrementi sono stati adeguati al tasso d'inflazione. Sulla rete di competenza di Autostrade per l'Italia, circa 2.800 chilometri di estensione, la variazione riconosciuta è stata del 1,51%. Tutti gli altri gestori, invece, hanno adeguato le loro tariffe in base all'indice di inflazione, e toccano un massimo del +2,3%. Gli adeguamenti rispetto a questa cifra, in difetto o in eccesso, saranno poi definiti durante l’anno con l’aggiornamento dei Pef (Piano economico finanziario). Il ritocco del costo di percorrenza del tunnel del Monte Bianco è del +5%, una stangata per gli autotrasportatori. L'Unione nazionale comuni comunità enti montani ha parlato di un aumento «sconcertante»: attraversare la galleria oggi costa 55 euro agli automobilisti, 200 euro ai conducenti di mezzi pesanti.

Le tratte che interessano la Lombardia, invece, sono: l’A1 Milano–Napoli (gestita da Autostrade per l'Italia, +1,51%), la A4 Milano–Brescia Ovest (Autostrade per l'Italia, +1,51%), la A8 Milano–Varese (Autostrade per l'Italia, +1,51%), la A9 Lainate–Ponte Chiasso (Autostrade per l'Italia, +1,51%), la Brescia–Padova (+2,3%), la Autovia Padana (+2,30%), la Serravalle Milano (+2,30%), la Pedemontana (+2,30%) e la Brebemi (+2,30%). 

La Provincia di Como fa qualche esempio concreto, sottolineando il malcontento dei lavoratori che si recano quotidianamente in Svizzera: il pedaggio alla barriera di Grandate è aumentato di 10 centesimi, arrivando a 2,40 euro, mentre la tangenziale di Como e la tratta comasca della Pedemontana sono salite di 2 centesimi. Sul sito del Ministero dei Trasporti si legge: «Sulla rete di competenza di Autostrade per l’Italia tra le arterie più trafficate del Paese, la variazione riconosciuta è stata dell'1,51%, ampiamente inferiore al tasso d’inflazione corrente. Per le società concessionarie attualmente interessate dalla procedura di aggiornamento della convenzione, il decreto milleproroghe del 28 dicembre scorso ha previsto un adeguamento pari al 2,3% pari esclusivamente al tasso d’inflazione». Inutile dire che pure i ticinesi che utilizzano Pedemontana e le autostrade della Penisola dovranno pagare qualcosa in più. In Liguria, meta gettonata tra gli svizzeri, gli aumenti più sostanziosi, cioè quelli del 2,3%, riguardano il tratto della Autofiori della A6 Savona-Torino e la Salt dell'Autocisa fino a La Spezia. Mentre sulla A7, l'A10, l'A12 e l'A26 gli incrementi sono dell'1,51%.

Gli aumenti non sono piaciuti al Codacons. Il presidente Carlo Rienzi ha criticato l’ennesimo balzello che colpisce i consumatori: «Dopo RC auto, telefonia e alimentari, gli italiani dovranno mettere in conto anche i rincari delle autostrade, una ulteriore voce di spesa che inciderà sulle tasche dei consumatori. Con l'aggravante che a pedaggi più salati non corrisponde un miglioramento dei servizi resi agli utenti, come dimostrano i continui disservizi su tutta la rete, i cantieri infiniti, le lunghissime code che imprigionano gli automobilisti. Al contrario il costo dei pedaggi, a fronte dei gravi disservizi registrati sulle autostrade nel 2023, sarebbe dovuto scendere come forma di indennizzo in favore degli automobilisti lesi».

Di «rincari ingiustificati» ha parlato pure Assoutenti, che sottolinea come gli aumenti delle tariffe ai caselli autostradali «apparentemente finalizzati a finanziare i lavori sulla rete, in realtà contribuiscono ai profitti delle società autostradali come confermano i bilanci degli ultimi 2 anni (solo Aspi oltre 1 miliardo nel 2022, 800 milioni nei primi nove mesi del 2023). Tali aumenti vanno negati tanto più in assenza dei piani economico-finanziari come prevede l'Autorità regolatoria dei trasporti».