Violenza, ma non tentato omicidio

Tra le mura dell’abitazione di Arzo gli episodi di violenza furono molti. Tant’è che che la vittima, nel tempo, ha riportato una lesione permanente all’occhio, la rottura di un dente a causa di un pugno, la frattura di entrambi i polsi nonché di diverse costole. L’11 aprile del 2019 l’episodio più grave: una stretta attorno al collo che causò – a mente dell’accusa – la perdita dei sensi. Ma, secondo quanto sancito recentemente dalla Corte di appello di revisione penale (CARP) – presieduta dal giudice Angelo Olgiati – non ci fu tentato omicidio. Pena, dunque, quasi dimezzata per l’uomo – un 37.enne italiano – che per anni picchiò la moglie. In prima istanza, la Corte delle assise criminali aveva condannato il marito a una pena di 6 anni e 6 mesi, oltre all’espulsione dalla Svizzera per 5 anni. Come detto, per la Corte delle assise criminali quella stretta al collo configurava il reato di tentato omicidio. Diverse, per contro, le conclusioni della CARP: «Applicando la giurisprudenza del Tribunale federale, in base alla quale l’autore che libera la presa manifesta che non vuole uccidere la vittima», l’imputato dev’essere prosciolto dall’accusa. Per questo motivo l’uomo – difeso dall’avvocato Giuseppe Gianella – è stato condannato a una pena di 3 anni e mezzo (oltre all’ordine di seguire un trattamento ambulatoriale). Colpevole, dunque, di lesioni gravi, lesioni semplici, ripetute vie di fatto, ripetuta minaccia e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti (per aver fatto uso di cocaina). L’accusa, rappresentata dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, aveva invece chiesto un inasprimento della pena: 8 anni. Per quanto riguarda l’allontanamento dal territorio elvetico, la Corte ha spiegato che – siccome al momento dei fatti le norme del Codice penale relative all’espulsione non erano in vigore – sarà la Sezione della popolazione a decidere.