L'intervista

«Vorrei vedere concretizzati i grandi progetti»

Bellinzona: dieci anni da sindaco per Mario Branda, il quale non esclude una sua ricandidatura nel 2024 - E le Cantonali del prossimo aprile? «Sono stato contattato dal PS, ma ho preso un impegno con i cittadini della capitale»
Alan Del Don
12.07.2022 06:00

Dieci anni alla guida di Bellinzona. Un traguardo, quello raggiunto dal sindaco Mario Branda, che merita un’intervista a 360 gradi: dai momenti di felicità a quelli più tristi, passando per i dossier delicati e non tralasciando il lato umano. Ed il futuro: si ricandiderà nel 2024? Allo stato attuale è più sì che no.

Il 1. aprile 2012 lei diventò sindaco di Bellinzona scalzando dopo otto anni Brenno Martignoni. Il primo socialista sulla poltrona più ambita. Che ricordi ha?

«Una grande festa, per certi versi inaspettata nelle dimensioni, considerando che la Sinistra unita ottenne tre seggi in Municipio».

Il PLR festeggiò come se avesse vinto le elezioni, tanto da organizzare un corteo di auto partito da Daro e che sfilò in città, la cosiddetta «baraonda dei marrani». È conscio di aver goduto anche di un ampio sostegno dei liberali radicali che la vedevano come l’uomo giusto al momento giusto? In qualche modo, in questi anni, ha dovuto ricambiare il favore?

«Sono sempre stato e mi sono sentito libero anche in Municipio. Ho poi trovato dei colleghi validi che volevano fare l’interesse della Città anche perché Bellinzona usciva da un periodo non proprio semplice, caratterizzato da un’elevata conflittualità».

Da uomo della svolta nel corso della prima legislatura ha gettato le basi della nascita della nuova Bellinzona. È la sua più grande soddisfazione?

«Sicuramente è un progetto molto importante che, tengo a ricordare, non ho però portato a termine da solo. È stato fondamentale l’apporto di Andrea Bersani (sindaco di Giubiasco), Riccardo Calastri (Sementina) ed Ivan Guidotti (Monte Carasso) nonché degli altri sindaci. Un grande risultato, tanto che a volte ancora mi chiedo come siamo riusciti ad ottenerlo».

A distanza di cinque anni, che voto dà al Comune unico?

«Considerata la complessità dell’operazione nelle fasi precedenti e, soprattutto, successive, direi un 4,5-5. Ci sono state delle critiche, vero, ma per certi aspetti meno di quelle che mi sarei atteso. Credo che molti, non tutti, attraverso la Città aggregata oggi si rendono conto delle possibilità che offre questa nuova configurazione istituzionale. Non tutto ancora funziona alla perfezione: ci sono difetti e carenze ai quali bisogna porre rimedio, ma ci stiamo lavorando».

Appunto: cosa resta da fare?

«Sono cose che all’esterno in parte non si vedono, ma che poi sono vitali per il funzionamento della Città: penso in primo luogo alla raccolta e gestione dei dati - catasto, popolazione, fisco, territorio, infrastrutture - in parte rivelatesi lacunose o addirittura inesistenti. Vi è il tema del corretto (e rapido) passaggio delle informazioni tra settori e uffici di un’amministrazione diventata più grande e complessa; vi è la questione della costruzione di una cultura di lavoro condivisa. Infine, ma non certo per importanza, segnalo il tema del rapporto con i cittadini: penso all’accessibilità dell’amministrazione e alla rapidità della risposta. È già migliorata rispetto all’inizio, ma rimane ancora da fare».

Quale è stato il momento più buio in questi due lustri?

«Sicuramente il momento più difficile è stato quello della pandemia e, in particolare, la situazione legata alle case per anziani. Da un altro punto di vista non è neppure stata semplice la discussione, subito all’inizio, sulla questione della nostra remunerazione».

Con quale collega di Municipio ha legato di più?

«Mi sono trovato bene con tutti. Ovviamente, per affinità caratteriale, si è magari portati a legare più con qualcuno rispetto ad altri, però come squadra mi pare abbiamo funzionato e stiamo funzionando bene. Segno che si ha a che fare con persone intelligenti».

Christian Paglia, ex capo del Dicastero opere pubbliche, è l’unico ad aver «pagato» politicamente la vicenda dei sorpassi di spesa in tre opere comunali. L’ha più sentito? L’ha letto il suo libro «La sensibilità comune»?

«Non l’ho invero più sentito e non ho letto il suo libro. Lui non si è più ricandidato ed il suo partito (il PLR; n.d.r.) ha fatto le scelte che sappiamo. Tutti abbiamo pagato per questo caso. Non è stato semplice dover andare a spiegare la situazione. Ci ha preso molte energie che avrebbero potuto essere indirizzate su altri temi e usate in modo più costruttivo».

Che insegnamento trarre?

«Che all’amministrazione comunale bisogna dedicare tantissime energie e che il ruolo del municipale, che rimane di milizia, è al limite delle possibilità. Significa anche che occorre una professionalità assoluta per riuscire, sia a livello politico che amministrativo, a portare a termine i progetti tenendo conto della loro complessità tecnica e finanziaria».

Meglio il sindaco professionista?

«Personalmente non vorrei più parlare di questa ipotesi. Ritengo tuttavia che a medio-lungo termine, non con il sottoscritto, una riflessione sull’impegno del sindaco e dei municipali dovrà essere fatta. Quello del sindaco è un ruolo affascinante ma anche totalizzante: non si smette mai, neppure di sera o i giorni festivi, di rappresentare la città».

Arriviamo ai decessi da coronavirus alla casa anziani di Sementina, l’altra fattispecie che ha infiammato la scorsa legislatura. Il Municipio ha sempre difeso pubblicamente i vertici dell’istituto. E se, alla fine dei vari processi, dovessero essere condannati?

«Osservo innanzitutto che le fattispecie di gran lunga più pesanti (il reato di omicidio colposo, prospettato inizialmente, è venuto meno nel corso dell’inchiesta; n.d.r.) sono nel frattempo cadute. Rimangono degli aspetti che hanno una valenza contravvenzionale. D’altra parte decessi e contagi si sono purtroppo verificati, in proporzioni del tutto analoghe, in diversi altri istituti del Cantone e della Svizzera. Sappiamo anche che i nostri vertici si sono impegnati a fondo per far funzionare le quattro strutture comunali anche nei momenti di massima tensione e difficoltà, tant’è che nella seconda ondata da noi non vi sono praticamente più stati decessi. Sono quindi loro molto riconoscente per la dedizione e il grande impegno profusi e non me la sento, né mi pare giusto, voler gettare la croce addosso».

Complice anche la pandemia, le finanze di Bellinzona preoccupano. Non è che si spende troppo?

«Il recente dibattito in Consiglio comunale sul consuntivo 2021 ha mostrato visioni opposte che si incontrano e si scontrano: chi reputa che si spende troppo e chi pensa, per contro, troppo poco. Compito del Municipio è riuscire a fare una sintesi fra queste opposte visioni e proporre un bilancio che sia accettato e accettabile dalla politica e dalla popolazione. In questo momento si sta spendendo conformemente alle capacità della Città. Un elemento estremamente importante sono gli investimenti: non vogliamo venire meno alla nostra visione e agli impegni presi».

Il consuntivo 2021 è migliorato rispetto al preventivo di quasi 9 milioni di franchi, chiudendo con un avanzo di 732.500 franchi. Più che la revisione della spesa, tuttavia, sono state decisive le entrate fiscali inaspettate. Non sarete sempre così fortunati: dobbiamo aspettarci una netta riduzione della spesa nei prossimi anni?

 «Bisogna intendersi su cosa si vuole dire per riduzione della spesa, che ha una sua dinamica come peraltro l’hanno i ricavi. Un obiettivo ragionevole è quello di fare in modo che la prima non cresca più velocemente dei secondi. È un esercizio che stiamo compiendo da almeno un anno e mezzo: ogni volta che si presenta una nuova spesa la valutiamo con un occhio particolarmente attento. Lo faremo anche in futuro. E i primi risultati ci stanno dando ragione. L'esame del preventivo 2023 sarà l’occasione di un’altra riflessione approfondita».

Durante la campagna per le elezioni del 2017 affermò che il trasferimento delle Officine FFS non doveva più essere un tabù. Non temeva di perdere il «cadreghino»?

«Ero consapevole della delicatezza della questione. Allo stesso tempo sapevo delle discussioni che erano in corso. Si stava aprendo concretamente la possibilità di realizzare un nuovo stabilimento ferroviario. Del resto da parecchio tempo ci trovavamo chiusi in una strada a fondo cieco. L’ipotesi di edificare una moderna Officina ha aperto un nuovo orizzonte per la Città e per tutta la regione. Sono fiero di avere contribuito, nel mio piccolo, a questa prospettiva».

Quanto la riempie di orgoglio poter «costruire» l’innovativo quartiere che dal 2030 sorgerà, appunto, al posto del sito?

«Per un politico è una fortuna e una sfida straordinaria, soprattutto per una città delle dimensioni di Bellinzona. Per l’orgoglio è però ancora presto: rimangono diversi passaggi difficili e nulla è ancora stato realizzato».

Mario Branda, oggi, è…

«Sereno e ottimista per la mia Città».

Cosa le ha fatto più male da quando è in politica?

«Non le critiche, che fanno parte del ruolo, ci mancherebbe. Chi non le accetta è meglio che neppure inizi con la politica. Nessuno è perfetto e anch’io, come i miei colleghi, posso sbagliare. Attribuirci però, come è capitato, intenzioni ingannevoli o comunque disoneste o scorrette va oltre. Tornando alla vicenda dei sorpassi di spesa, altri Comuni hanno conosciuto problemi analoghi ma non è stato dato lo stesso risalto. Nessuno aveva rubato nulla. Ad un certo momento era diventato l’unico tema di Bellinzona. Mi è sembrata un’enfatizzazione eccessiva, senza nulla voler togliere alla oggettiva criticità del caso».

Perché si continua a dire che “Bellinzona è una città morta”?

«Una volta che ti viene affibbiata un’etichetta poi è difficile levartela. Per questa estate abbiamo presentato un programma di eventi assolutamente degno di rilievo. Non abbiamo, è vero, i grandi eventi che per motivi diversi propongono Locarno e, in parte, Lugano. Noi vogliamo essere complementari e per certi aspetti costituire un’alternativa a quell’offerta: credo che con il programma proposto ci riusciamo abbastanza bene».

 Quale politico l’ha più ispirata?

«Sul piano nazionale Willi Ritschard (il primo e finora unico operaio a diventare consigliere federale, nel 1974; n.d.r.) e Ruth Dreifuss».

Bellinzona è l’unico polo ticinese a non avere una donna nell’Esecutivo. Come mai?

«È fondamentale che i partiti siano in grado di presentare profili forti e trasversali per essere eletti. A Bellinzona abbiamo diverse donne che possono ambire ad un seggio, probabilmente devono ancora maturare una certa esperienza».

Il 1. agosto 2020 il consigliere federale Alain Berset è stato ospite dei festeggiamenti del Primo agosto a Monte Carasso. Ha qualche aneddoto particolare da raccontarci?

«Ha apprezzato molto la festa ed il contatto con la popolazione, ad un certo punto si è piazzato dietro un bancone a spinare la birra, e non solo per sé. Mi era parso lieto. Mi ha raccontato delle sue vacanze in Ticino e di come è organizzato il suo ufficio ed il suo staff: farebbe comodo anche a noi…».

Veniamo ai soprannomi: fra Brandaleone e Super Mario quale preferisce?

«Sono le tipiche espressioni da campagna elettorale. Brandaleone è stato coniato nell’ambito di un fumetto nel 2017. Mi era piaciuto: goliardico ed un po’ autoironico».

Sia sincero, si è arrabbiato di più quando le hanno rubato la bicicletta rossa o quando Simone Gianini l’ha sfidata al secondo turno il 16 maggio 2021 per la poltrona di sindaco?

«(ride) Per la bicicletta».

L’ultimo libro che ha letto?

«Sto rileggendo ‘La malora’ di Beppe Fenoglio».

Dove andrà in vacanza: mare o montagna?

«Personalmente avrei preferito la montagna, ma mia moglie vuole andare al mare. E così sarà”.

Da tifoso dell’ACB non è deluso che non si riesca a trovare degli investitori ticinesi?

«Il calcio, e lo sport in generale, è profondamente cambiato rispetto a 30-40 anni fa. Oggi a qualsiasi livello è difficile trovare una squadra con delle radici nel territorio. Per essere competitivi servono degli agganci con persone o società che non sono, nel nostro caso, ticinesi o svizzeri. Quella dell'ACB dei docenti, tutti della regione, che fu promosso in Serie A, è un’impresa irripetibile ai giorni nostri….».

 Meglio i granata in Super League o la Nazionale svizzera in semifinale ai prossimi Mondiali?

 «Questa domanda mi mette in seria difficoltà. Ritengo sia più realistico sperare nel colpaccio della Svizzera. L’ACB deve farsi le ossa in Challenge League, un palcoscenico dal quale manca da un decennio, ma non è proibito sognare».

Ligabue in «Certe notti» canta «ci vediamo da Mario prima o poi». La sera di domenica 14 aprile 2024 la vedremo ancora in Municipio a Bellinzona?

«È un po’ presto per parlarne. Sto facendo le mie riflessioni. Seguire i progetti strategici mi entusiasma e vederli concretizzati ovviamente non mi dispiacerebbe…».

E un pensierino alle Cantonali 2023 lo fa? Il PS l’ha contattata?

«Sì, sono stato contattato. Se il PS trova un’alternativa valida con buone possibilità di avere successo preferirei concentrarmi su Bellinzona, come da impegno preso con i cittadini».

Cosa augura ai bellinzonesi?

«In termini generali di poter ritrovare quella tranquillità che è mancata negli ultimi due anni e mezzo a seguito dell’emergenza sanitaria. Ma se penso alla guerra in Ucraina mi preoccupano, oltre alla devastazione e alla tragedia che sta vivendo la sua popolazione, le conseguenze economiche che il conflitto potrebbe avere anche alle nostre latitudini. Non voglio che i cittadini debbano soffrire da questo punto di vista».