Economia

«Torneranno gli interessi negativi? A breve è poco probabile»

Ne è convinta Nannette Hechler-Fayd’herbe, responsabile degli investimenti della banca privata ginevrina Lombard Odier
© CdT / Gabriele Putzu
Ats
02.01.2025 09:28

Una nuova introduzione dei tassi d'interesse negativi da parte della Banca nazionale svizzera (BNS) appare al momento poco probabile: ne è convinta Nannette Hechler-Fayd’herbe, responsabile degli investimenti della banca privata ginevrina Lombard Odier.

«Vi sono dei fattori che si oppongono a un rapido ritorno dei tassi d'interesse negativi», spiega l'esperta in un'intervista pubblicata oggi dal Blick. «Prima di ricorrere nuovamente a questo strumento impopolare la BNS cercherà probabilmente di intervenire in modo più incisivo sui mercati dei cambi. E prenderà veramente in considerazione l'uso di tassi negativi solo quando quelli nell'area dell'euro o del dollaro saranno prossimi allo zero».

Come si ricorderà nella sua ultima riunione la BNS ha tagliato il tasso guida di mezzo punti, portandolo allo 0,5%, con un intervento che - nella sua entità - non era previsto dal mercato. «La Banca nazionale ha compiuto un passo importante come misura preventiva e aspetterà di vedere l'effetto che avrà sull'inflazione e sul franco. Riteniamo che il tasso di riferimento sarà probabilmente pari allo 0,25% nel 2025».

Che cosa dire della congiuntura? «Prevediamo una crescita dell'1,2%, che è vicina all'incremento potenziale dell'economia svizzera», risponde la specialista. Le incognite più serie riguardano le esportazioni. «In questo contesto il franco forte svolge un ruolo minore, il suo apprezzamento è soprattutto un buon campo di allenamento e una cura permanente per l'industria, che ha molto successo soprattutto nelle nicchie; molto più decisiva è la domanda nei mercati di vendita».

Preoccupa in particolare l'Europa. «È davvero un bambino problematico, sia dal punto di vista economico che politico. Il continente soffre di problemi strutturali. Non si tratta solo di demografia, cioè dell'invecchiamento della popolazione, ma anche di creare le giuste condizioni quadro per la crescita. La questione cruciale è se e come viene promossa l'innovazione. In questo senso, l'Europa è chiaramente in ritardo rispetto agli Stati Uniti. È importante che l'Europa esamini attentamente dove si trovano i problemi, altrimenti non troverà le ricette per riportare l'Europa alla sua antica forza».

Il mercato del lavoro elvetico rimarrà da parte sua robusto. «Questo ha anche a che fare con il cambio generazionale. Poiché molte persone vanno in pensione, è necessario occupare sempre nuovi impieghi. Inoltre la forza lavoro in Svizzera è molto ben formata. Questa è una delle ricette del successo del paese: i dipendenti hanno le competenze di cui l'economia ha bisogno».

C'è ancora da recuperare in termini di stipendi - chiedono i giornalisti del Blick - dopo l'inflazione degli ultimi anni? «In Svizzera il rincaro è diminuito più rapidamente del previsto: di conseguenza il potere d'acquisto sta guadagnando nuovamente terreno. I sondaggi indicano un aumento dei salari di circa l'1,4% nel 2025. Prevediamo che l'inflazione in Svizzera si attesterà intorno allo 0,7% nel 2025», conclude l'analista.