Tre Stati africani contro Parigi: «Una nostra valuta legata all'oro»

Oggi molti Paesi del mondo parlano di de-dollarizzazione, soprattutto per quanto riguarda gli scambi commerciali all’interno di un sistema geografico regionale. Lo ha sostenuto anche il presidente del Kenya William Ruto, riferendosi alla necessità di una valuta «panafricana» che non obblighi le nazioni del continente ad acquistare valuta pregiata straniera. Un passo determinante in questa direzione lo stanno facendo il Mali, il Burkina Faso ed il Niger, tre Stati chiave per la stabilità del Sahel, che sono tutti, peraltro, in mano a giunte militari golpiste.
In una riunione avvenuta lo scorso 30 novembre a Bamako, durante l’Incontro interministeriale fra i Paesi membri dell’Alleanza del Sahel, il premier del Mali Choguel Kakalla Maiga, il ministro dell’Economia del Niger Alio Daouda e il suo omologo del Burkina Faso Aboubacar Nacanabo hanno lanciato la proposta di una Banca centrale comune. L’unificazione delle tre banche nazionali, infatti, è necessaria per intraprendere un cammino di trasformazione monetaria nel cuore dell’Africa sub-sahariana e scalzare il franco CFA, sostenuto da Parigi.
Abbiamo intervistato il professor Lamine Keita – docente universitario di Economia presso il Centro europeo di formazione economica dei Paesi in via di sviluppo (CESD) di Parigi da anni è revisore della Corte dei conti del Mali – per farci spiegare tecnicamente come questi tre Paesi potrebbero perseguire un tale progetto per alcuni tratti rivoluzionario. «Mali, Burkina Faso e Niger non vogliono più mettere le proprie valute a disposizione di un Paese terzo, ma vogliono il pieno controllo dei propri mezzi finanziari, diventando responsabili della vendita dei propri prodotti senza una valuta di transizione come il franco CFA. Per questa nascente alleanza si tratta di rompere i vincoli di sudditanza politica con la Francia, che continua a controllare le economie locali. La nascita di una nuova valuta alternativa al franco potrebbe essere l’avvio e il simbolo della riconquista della sovranità per gli Stati del Sahel, tanto che i tre Paesi vorrebbero adottare proprio questo nome. Raramente tre nazioni hanno goduto di una così forte convergenza economica, politica e militare: è il momento migliore per correggere la dannosa cooperazione con i francesi».
Il prof. Keita spiega poi al CdT quello che tecnicamente dovrebbe accadere. «Ci sono alcuni criteri che dovranno essere rispettati nella ricerca di una valuta di riserva alternativa al franco CFA e al dollaro. È necessario che venga protetta dagli attacchi finanziari e dai tentativi di destabilizzazione e soprattutto dalle sanzioni che l’Occidente vorrà certamente aumentare. Perché questa moneta sia credibile e forte deve essere agganciata, per esempio, all’oro, anche se questo non potrà essere un vincolo. Dobbiamo tornare al 1971 e superare l’idea che il dollaro sia uno standard. La storia è ancora una volta maestra di vita: nell’antico impero del Mali l’oro aveva il ruolo della valuta internazionale, mentre le transazioni interne erano fatte con il ciprea, che fungeva da contante. Anche il nostro è un caso in cui serviranno, per il momento, due entità monetarie. Come moneta internazionale dovrà essere utilizzato il Sahel, un’unità di conto che avrà il valore di 0,01 grammi oro e non potrà essere manipolato o prodotto su larga scala. Adottando il Sahel al posto del franco CFA, del dollaro o dell’euro, questo diventa una cosiddetta valuta di riserva, un mezzo di valutazione delle transazioni secondo gli standard internazionali. Una moneta del genere nasce forte e non ha bisogno di asset per sostenerne il valore, perché l’oro è già un asset. Al valore dell’oro di oggi si può arrivare a dire che un Sahel vale 373 franchi CFA, ma questa moneta corrente deve a sua volta essere sostituita da una moneta circolante, di uso quotidiano, che potrebbe prendere il nome di liptako, dalla Carta di alleanza Liptako-Gourma fra i tre Paesi. Come detto il Sahel non si materializzerà, ma sarà il liptako a sostituire il franco CFA al suo stesso valore».
Progetti ambiziosi. Il liptako, di fatto, sarebbe una moneta facilmente controllabile dal Sahel, che non potrà essere attaccato dagli speculatori. Alle banche centrali di Mali, Burkina Faso e Niger servirà avere a disposizione una quantità di oro pari al valore del franco CFA in circolazione, che verrà sostituito dal Liptako.
«Una trasformazione complessa ed articolata - continua il prof. Keita - che però non appare impossibile e che viene fortemente sponsorizzata dai ministri dell’economia dei tre Paesi. «Vogliamo rafforzare la nostra unione - ha dichiarato il ministro nigerino Alio Daouda- creando una banca comune che ci permette di affermare la nostra sovranità a livello economico e monetario». Ancora più chiaro il messaggio del primo ministro del Mali, Choguel Kokalla Maiga: «Siamo tre nazioni con enormi risorse che per secoli hanno arricchito altri, adesso è arrivato il nostro momento».
La storia insegna
La necessità di regolare l’emissione di banconote in funzione della disponibilità di materiali preziosi portò la Gran Bretagna a puntare solamente sull’oro, creando nel 1844 il sistema Gold standard. Questo meccanismo stabiliva che soltanto la Banca d’Inghilterra potesse emettere moneta e che questa emissione doveva essere coperta da un uguale quantitativo di oro presente nella banca. Il Gold standard si dimostrò solido fino al 1914, quando con lo scoppio della Prima guerra mondiale le nazioni bloccarono questa convertibilità, congelando le riserve auree. La Grande depressione del ‘29 affossò definitivamente il Gold standard e gli Stati Uniti divennero la potenza economica che decideva le regole del gioco. Nel ‘44 con gli accordi di Bretton-Woods nacque il Gold Exchange Standard dove il dollaro divenne la valuta degli scambi commerciali internazionali. L’oro rimase comunque come metallo di riferimento fino al 1971, quando il presidente americano Richard Nixon decise di sospendere la conversione del dollaro in oro facendo diventare direttamente il dollaro il riferimento dell’economia mondiale.