Sudafrica

Trent’anni fa le prime elezioni libere, si celebra il Freedom Day

Il 27 aprile 1994, per la prima volta nella storia del Paese, le elezioni furono aperte a tutta la popolazione e Nelson Mandela divenne presidente
© KEYSTONE (AP Photo/John Parkin)
Red. Online
27.04.2024 14:08

Freedom Day. Libertà. Era il 27 aprile 1994 quando i cittadini sudafricani, dopo anni di regime segregazionista razziale istituito nel 1948 dal governo di Daniel François Malan, parteciparono alle prime elezioni a suffragio universale. Un evento che, insieme all'elezione di Nelson Mandela, sancì l'introduzione di una nuova costituzione che concedeva a tutti i sudafricani pari diritti, abolendo di fatto il sistema di discriminazione razziale. Sono trascorsi trent'anni e oggi il Sudafrica celebra una delle ricorrenze più importanti della sua storia.

«In qualche modo vorrei che si potesse tornare a quel giorno, per l'emozione che provavo e per le cose che sono successe dopo», ha raccontato la 72.enne Nonki Kunene all'AP, attraversando i corridoi della Thabisang Primary School di Soweto. Il 27 aprile 1994, in quella scuola, la donna si unì a milioni di sudafricani per sfidare le lunghe code e partecipare alle prime elezioni democratiche del Paese. A 42 anni, votava per la prima volta.

Per molti di coloro che hanno vissuto l'apartheid, quegli anni rimangono impressi nella memoria collettiva. «Non posso dimenticare quanto abbiamo sofferto per mano dei bianchi», ha raccontato Lily Makhanya, 87 anni, il cui marito è morto mentre lavorava nelle strutture clandestine del movimento anti-apartheid. «Se ti vedevano camminare sul marciapiede, ti aggredivano e ti lasciavano a terra mezzo morto». Per Makhanya e molti altri che si sono messi in coda per votare nel 1994, quel giorno ha rappresentato un punto di svolta da un passato brutale alla promessa di un futuro prospero.

L'apartheid

L’apartheid – che significa «separatezza» in lingua afrikaans – era il sistema di segregazione razziale. Era fondato su una serie di misure legislative che miravano a tenere la popolazione nera e le altre etnie – che vivevano in condizione di povertà ed esclusione sociale, oltre a non godere di diritti politici – separate dai bianchi. Tutte le strutture pubbliche erano rigidamente separate su base razziale. Con il Population registration act (1950), i cittadini venivano sistematicamente classificati in base al colore della pelle.

La politica di apartheid portò alla nascita di un fervente movimento di opposizione contrario al regime segregazionista. Ne emersero numerose personalità, dall'attivista Stephen Biko a Nelson Mandela, capo storico del Congresso Nazionale Africano (ANC), principale forza di opposizione della Repubblica Sudafricana. Il 27 aprile 1994 si svolsero le prime elezioni non razziali nella storia del Paese che, oltre a sancire la vittoria del Congresso Nazionale Africano con il 62,65% dei voti, segnarono di fatto anche la fine del regime di apartheid, istituito nel 1948 e in vigore ufficialmente fino al 1991. Madiba fu eletto presidente, il primo capo dello Stato non bianco della storia del Paese.

È davvero Freedom?

Ma 30 anni dopo, gran parte di quell'ottimismo è evaporato tra le pressanti sfide del Sudafrica. Tra queste, l'aumento delle disuguaglianze, mentre la maggioranza nera del Paese continua a vivere in povertà con un tasso di disoccupazione di oltre il 32%, il più alto al mondo. Secondo le statistiche ufficiali, più di 16 milioni di sudafricani dipendono da sussidi mensili per la sopravvivenza.

Le manifestazioni pubbliche sono diventate comuni: le comunità protestano contro l'incapacità dell'ANC di offrire opportunità di lavoro e servizi di base come acqua ed elettricità. La crisi dell'elettricità, che ha provocato blackout devastanti per l'economia del Paese, ha aggravato i problemi, poiché aziende e case sono talvolta costrette a rimanere senza elettricità fino a 12 ore al giorno.

«Zone come l'agiato sobborgo di Johannesburg Sandton, che ospita splendidi grattacieli e case lussuose, sono un esempio del successo economico di cui gode una minoranza dei 60 milioni di abitanti del Paese», scrive ancora AP. «Ma la township di Alexandra, che si trova a pochi chilometri da Sandton, è il riflesso delle condizioni di vita della maggioranza nera povera del Paese, dove le acque di scarico delle tubature scoppiate scorrono per le strade e i rifiuti non raccolti si accumulano sui marciapiedi».

Elezioni a fine maggio

Queste contraddizioni sono comuni in tutte le principali città, da Pretoria a Città del Capo. Il Sudafrica andrà alle urne il 29 maggio per scegliere un parlamento che a sua volta sceglierà un presidente. E il voto di quest’anno potrebbe rivelarsi storico, con i sondaggi che danno il partito ANC di Ramaphosa con meno del 50% delle preferenze per la prima volta in tre decenni di democrazia.

Per alcuni elettori più giovani, come Donald Mkhwanazi, 24 anni, la nostalgia non è più sufficiente. «Ho avuto l'opportunità di votare nel 2019 e nelle elezioni locali del 2021, ma non l'ho fatto perché nessuno di questi vecchi partiti mi ha convinto a sufficienza. Non vedevo la necessità di votare a causa di ciò che è accaduto negli ultimi 30 anni. Parliamo di libertà, ma siamo liberi dal crimine, siamo liberi dalla povertà? Di quale libertà stiamo parlando?».

Per l'analista politico Pearl Mncube, i sudafricani hanno ragione nel denunciare il fallimento dei loro leader politici: «Sempre più sudafricani sono diventati scettici nei confronti delle dichiarazioni del governo. Se il Freedom Day rappresenta l'allontanamento del Paese da un passato oppressivo, è importante evidenziare i problemi attuali e studiare dei piani per superarli. Non possiamo usare il passato e la nostalgia per evitare di fare i conti con il presente».