Giustizia

Un anno di «tempesta perfetta» per la Magistratura ticinese

Il rendiconto annuale dell’organo di vigilanza ripercorre punto per punto la vicenda che ha portato alla destituzione di due giudici: «Un danno che necessiterà di anni per essere completamente riparato» – Torna d’attualità la questione delle nomine politiche dei magistrati
©Chiara Zocchetti
Giona Carcano
04.04.2025 06:00

Damiano Stefani usa un’espressione precisa quanto efficace per descrivere – nella sua relazione in qualità di presidente del Consiglio della Magistratura (CdM) – il 2024 della Magistratura ticinese, contenuta nel rendiconto annuale pubblicato ieri. «Perfect storm». Tempesta perfetta. Puntualizza il giudice, con didascalica precisione: «È un’espressione anglofona che definisce una tempesta di grande potenza che trova la sua genesi in una rara combinazione di fenomeni meteorologici avversi che provocano danni fuori dall’ordinario». E allora eccola, questa tempesta perfetta, che ha portato – come estrema conseguenza – alla destituzione dei giudici Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti. Spiega ancora Stefani, andando in profondità di quanto accaduto e dando così una prima infarinatura delle cause e un’unità di misura delle conseguenze: «I personalismi e la cattiva gestione di tensioni insorte in seno al Tribunale penale cantonale (TPC) hanno travolto tutto il personale operante in quella “Sezione” (...), che si è trovato coinvolto in una diatriba che dapprima lo ha visto dividersi in due fazioni e, per finire, ne ha decimato (professionalmente parlando) la composizione, tra allontanamenti forzati (Quadri, Verda Chiocchetti, ndr) e partenze volontarie (Mauro Ermani, ndr)». Poi, una nota personale dello stesso presidente dell’organo di vigilanza: «La crisi del TPC ha assorbito di fatto completamente chi scrive». Non solo: a essere stati molto sollecitati sono stati anche la cancelleria del CdM e «i due membri del ‘‘comitato esecutivo’’». Colpiti, seppur in misura minore «ma comunque significativa», tutti gli altri membri. Insomma, il quadro dipinto da Stefani è lucido, finanche crudo e asciutto. E analizza pure quanto avvenuto lontano dagli uffici. Sì, perché il «caos al TPC» ha avuto riverberi al di fuori di palazzo di Giustizia. Eccome.

I «processi mediatici»

Riprende infatti Stefani: «A complicare le cose e rendere “perfetta” la tempesta, ha certamente contribuito l’apertura di un fronte, quello del dibattito pubblico sulle procedure in atto, fino ad allora poco conosciuto dal CdM, che ha messo in evidenza tutti i limiti e le differenze che sussistono tra il campo d’azione giudiziario, quello mediatico e quello politico». Tutto ciò, di riflesso, si è trasformato in «una prova ardua per il Consiglio, poiché i doveri deontologici e legali ne limitano significativamente le possibilità di reagire alle polemiche, alle false notizie e anche agli attacchi diretti all’autorità o, persino, alle persone». Il presidente non a caso parla di «processi mediatici». E il suo giudizio è duro, durissimo: «Le prese di posizione fondate su una conoscenza incompleta e partigiana dei fatti e, finanche, del diritto, hanno dato avvio a processi mediatici che con le potenti zampate delle loro condanne hanno ferito, oltre coloro che ne sono stati oggetto, anche la carne di una Magistratura impossibilitata a difendersi su quel palcoscenico». Una Magistratura uscita dunque scossa, ferita da un periodo lungo e doloroso che però deve lasciare degli insegnamenti, come sottolinea lo stesso giudice: «Pur nella piena consapevolezza che ognuno ha il proprio ruolo, quando le regole che vigono in un ambito non sono le stesse di quelle che regolano l’altro, le cose purtroppo e inevitabilmente si complicano. Verosimilmente quanto avvenuto è espressione di un cambiamento dei tempi anche sotto il punto di vista della mediatizzazione e dunque sarà fondamentale imparare a padroneggiare questo aspetto». Per Stefani, un altro elemento di forte disagio sono proprio le differenti tempistiche dei tre livelli: quello giudiziario, «che nell’ambito delle procedure disciplinari dipende dai ritmi imposti dalla legge e dal diritto di essere sentiti delle parti»; quelli politici e mediatici, «che sono molto più rapidi, quasi immediati». E, infine, la tempesta perfetta ha terminato il suo travolgente incedere lasciando Stefani con un’altra constatazione: «L’assenza di una reale autocritica delle parti coinvolte ha chiuso il cerchio». Riassumendo, scrive Stefani, «questa è stata la tempesta perfetta che ha creato un danno alla Magistratura ticinese tutta. Un danno che necessiterà di anni per essere completamente riparato».

Una «giornata soleggiata»

Un danno importante, una ferita profonda. Ma Stefani invita a guardare avanti. «Il lavoro non è evidentemente concluso, ma oggi la situazione è decisamente migliorata: l’allarme è rientrato e si può lavorare per ricostruire». Infine, i ringraziamenti. A «coloro che nella Magistratura hanno sempre fatto il loro dovere (...) e che sono stati feriti nel profondo» dalla vicenda. Ma un grazie viene indirizzato anche «a tutti i cittadini, ai politici e ai giornalisti che con il loro sostegno hanno dimostrato che la maggioranza del Paese, pur riservandosi il sacrosanto diritto di criticarla laddove necessario, crede nella Giustizia». Perché «con persone come loro il cielo non può che riaprirsi e la tempesta perfetta si trasformerà in una giornata soleggiata».

Questione di tempistiche

Al di là della relazione del presidente, la vicenda al TPC trova ampio spazio, inevitabilmente, anche nel rapporto del CdM. Una vicenda che per modalità, intensità ed «estensione delle ostilità» rappresenta un «unicum nella storia ticinese e forse anche a livello nazionale». Il CdM passa poi in rassegna le conseguenze vive della disputa interna al tribunale. Come noto, in dicembre sono stati destituiti i giudici Quadri e Verda Chiocchetti, nei primi giorni di gennaio ha dimissionato il giudice Mauro Ermani, mentre le due segretarie coinvolte sono state attribuite ad altri servizi.

Il CdM va quindi ad approfondire la questione dei tre livelli già citati. «Un’assoluta novità (...) sono stati i tentativi esterni di ingerenza o pressione sulle procedure in corso. Ne sono scaturiti dei processi paralleli fondati su dati e dinamiche completamente estranee a quelle che valgono per la Magistratura, nei quali i giudizi di colpevolezza e innocenza sono stati resi ancor prima che» le autorità competenti «potessero procedere a una valutazione delle prove. Questo ha creato dei danni non indifferenti alle persone coinvolte nella vicenda e alle loro famiglie». Di qui, l’esortazione a che «le problematiche a ogni livello e di ogni natura vengano annunciate tempestivamente». E ancora: «Se qualcosa non funziona bisogna subito rivolgersi alle competenti autorità (...) senza alcun timore di ritorsioni. Sostenere il contrario, ossia affermare che chi denuncia viene punito, costituisce una mistificazione di quanto avvenuto».

Una riforma necessaria

Nella sua relazione, il CdM affronta poi la questione della mole di lavoro, delle cause sempre più difficili e dell’organico ridotto (vedi box sotto). Difficoltà «che vanno sottolineate (...) affinché sia riconosciuto a tutti coloro che si dedicano alla Giustizia ticinese il rispetto che meritano». Rispetto che lo scorso anno, constata il CdM, «talvolta nemmeno è stato concesso da chi, esprimendosi sui media finanche “a nome dei cittadini” ma non facendo altro che dare la propria opinione personale, ha voluto attaccare un giudice piuttosto che l’altro senza nemmeno comprendere che così facendo danneggiava tutta la Magistratura». E questo, «se poi proviene da chi fa parte di uno dei tre poteri dello Stato, non è un bel segnale».

Ma i messaggi che il CdM lancia alla politica non finiscono qui. Parlando delle qualità e delle competenze che un buon magistrato deve possedere, l’organo di vigilanza annota che «trovare persone che dispongano di queste virtù non è cosa facile». Di qui, «a complicare le cose vi sono pure le regole della politica e di ripartizione dei posti disponibili in base all’appartenenza partitica, che non sempre consentono di riuscire a eleggere il candidato» migliore. In questo senso, «senza alcuna pretesa di voler sconfinare in competenze altrui, sarebbe importante fare in modo che anche chi non è iscritto a un partito politico possa avere pari opportunità rispetto a chi vi è affiliato». Di più: «L’appartenenza a una corrente piuttosto che all’altra dovrebbe essere l’ultimo criterio da applicare, a parità (vera) di competenze». Concetti, questi, che «si sono rivelati di grande attualità» dopo la vicenda del TPC. «Forse questa è l’occasione giusta, anche per chi è chiamato a eleggere i magistrati, per modificare qualcosa nelle modalità di scelta, dando la precedenza al di là delle dichiarazioni di facciata a chi possiede tutte le qualità per assumere la carica e lasciando le valutazioni partitiche da parte». Ciò «non rappresenterebbe una sconfitta per il sistema partitico, bensì una vittoria». Un messaggio chiarissimo, come chiaro è quello che riguarda l’auspicata autonomia finanziaria. Citata, in tal senso, la risoluzione approvata lo scorso anno dal Parlamento e che va in questa direzione. Soddisfazione è stata espressa per l’approvazione da parte del Gran Consiglio dei tempi parziali per i magistrati. Ma ora è giunto il momento «di ancorare nella legge» questa «epocale riforma».

Record di incarti, organico insufficiente e logistica da rivedere

Il numero di procedure evase dalla Magistratura ticinese nel 2024 ha raggiunto un nuovo record (50.337 incarti), superiore al periodo precedente di ben 2.201 incarti. Nonostante ciò, le giacenze sono nuovamente aumentate a causa dell’incremento degli incarti introdotti. La Pretura penale, si legge nel rendiconto, «nonostante il miglioramento delle statistiche riscontrato nel 2024, si trova sempre in difficoltà a causa della sproporzione tra il grande numero di procedure da evadere e l’organico di cui dispone, sicché si impone di concretizzare finalmente il potenziamento promesso dalla Divisione della giustizia». Anche la Corte di appello e revisione penale «è sempre sotto pressione e deve essere rinforzata al più presto con un nuovo giudice». Stessa situazione anche per la Magistratura dei minorenni, l’Ufficio dei Giudici dei provvedimenti coercitivi, la Corte dei reclami penali e la Camera di diritto tributario, così come la Sezione 1 della Pretura di Lugano, che restano «sotto pressione». Il futuro di Palazzo di giustizia a Lugano e delle autorità che vi lavorano non è stato ancora definito, rileva il CdM, che per questo motivo «auspica che sarà una delle priorità della politica ticinese del 2025».