Un legame atteso, non un ricatto

Si apre oggi la Settimana mondiale dell’allattamento al seno. Si apre all’insegna del motto «Sostenete i genitori, facilitate l’allattamento!». Un motto che è un’esortazione non tanto alle madri, ad allattare, quanto all’ambiente attorno a loro nel sostenerle, nell’accompagnarle semmai. Un concetto importante, al di là dell’allattamento, in un’era in cui ci siamo accorti di un fenomeno come quello della violenza psicologica sulle nuove mamme, sintetizzato con il termine inglese di mom-shaming. Ne abbiamo parlato con Silvia Vegetti Finzi, nota psicologa e accademica italiana.
«Questa Settimana mondiale è importante perché conferma con evidenza il profondo legame esistente tra madre e figlio, un legame che la vita contemporanea mette alla prova. È importante che questo legame venga affermato, che venga subito fatto proprio con il corpo oltre che con la mente, attraverso quindi questo dono che la mamma fa al proprio figlio. Con il flusso del latte scorre anche la corrente d’amore, una reciprocità rappresentata dal bisogno del bambino di mangiare e della madre di nutrire. È un legame atteso da entrambi, sin dalla gravidanza, e che risponde a una domanda - palesatasi già durante l’attesa - con un’affermazione. Un legame che va sostenuto, in questi anni, rispetto a un rivale molto forte, il lavoro. Le giovani donne attuali sono in tensione, tra la risposta ai bisogni del bambino e le richieste della società. Va ricordato come questo momento di intensità affettiva richieda un ambiente adatto, silenzioso, protettivo, senza presenze estranee, e vada rispettato come fosse un gesto sacro».
«La donna non va lasciata sola»
Silvia Vegetti Finzi si è imbattuta in molti casi di donne psicologicamente in difficoltà per motivi legati all’allattamento. «Soprattutto un tempo, quando non era sostenuto da una valorizzazione sociale, quando le donne pensavano al seno come a un attributo erotico, non quindi con luce materna. Adesso, da anni, lo vediamo riconosciuto, non come un gesto dei tempi da abbandonare al passato». Allattare non è facile, per questo - qualsiasi sia la reazione della madre, oltre che del figlio - la coppia necessita sempre sostegno. «Ci sono momenti difficili, di paura, di dolore, di tensione. È importantissimo che, per poter accogliere il figlio tra le braccia, la mamma stessa si senta accolta da una figura materna. Non è detto che sia la madre, può essere anche l’ostetrica, l’infermiera: la donna ha bisogno del sostegno di un’altra donna, di non essere lasciata sola, perché altrimenti di fronte alle difficoltà può nascere spontanea la tentazione di gettare la spugna e di rinunciare a un sogno non per forza riconosciuto, che acquisirà però il suo valore una volta realizzato».
«È una richiesta d’amore»
Uno degli aspetti del mom-shaming è legato anche all’allattamento, alle difficoltà ad esso legate. «Mai ricattare una madre, mai dire a una madre che se non allatta non è una buona madre. Ci sono tanti altri modi di manifestare il proprio amore, attraverso la dedizione, l’accudimento, l’attenzione, la presenza, quindi non può essere un’imposizione, deve essere una scelta. Deve essere una scelta sostenuta, ma non può essere legata alla cultura del ricatto. La donna, se non allatta, non è una matrigna, può benissimo rivolgersi all’allattamento artificiale. È importante che, in tutti i casi, lo faccia con amore, con convinzione, rendendosi conto che non si tratta solo di rispondere al bisogno del bambino: oltre al latte, il bambino chiede l’amore. La sua richiesta è prioritariamente d’amore. Porgere il seno è un modo più spontaneo, più immediato, per rispondere a questa richiesta, l’altro necessita di una maggiore riflessione». Silvia Vegetti Finzi esclude influenze negative dell’allattamento artificiale, al netto di una possibile retorica che può far passare un messaggio opposto. «Ciò che conta è l’intenzione profonda, al di là del gesto. Non è una questione di efficienza, bensì di trovare un momento esclusivo per il figlio, per la coppia madre-figlio. Non è un calcolo di vitamine e proteine, è un legame d’amore». Tornando al mom-shaming: «Io credo che un ricatto ci sia, nei confronti della madre, soprattutto nelle maternità. È difficile a volte, per le figure di prima accoglienza, penso al ginecologo, all’ostetrica, trovare un equilibrio tra il sostenere, il motivare, l’incentivare, e il prevaricare. Come sempre si tratta della maturità delle singole persone, che andrebbero preparate e formate. Perché se vanno formate le madri, vanno formate anche le persone chiamate a sostenerle, affinché il sostegno non sia prevaricazione».
«L’istinto da solo non basta»
Difficile comprendere come ancora oggi, anche nel mondo civilizzato, sia necessaria una settimana che ricordi il ruolo, l’importanza, di questo legame, dell’intimità tra madre e figlio. «Siamo esseri di natura e cultura, degli “anfibi”, in parte abbiamo una sostanza naturale che ci induce al bisogno di allattare, dall’altra ci sono altre spinte, centrifughe. Le donne non accettano più di essere solo madri, vogliono terminare gli studi e proseguire le proprie carriere, fattori importanti che vanno presi in considerazione. Si tratta di trovare una mediazione. E comunque l’istinto da solo non basta, ci vuole consapevolezza, la consapevolezza di quanto sia importante per il bambino e per se stessa la realizzazione di questo filo rosso, la passione, che collega madre e figlio». Il suo ultimo libro, L’ospite più atteso, nasce proprio da questa esigenza di mettere in risalto questo filo rosso. «È molto difficile in questi anni diventare madre, perché la donna è strattonata da tante esigenze. È importante quindi che venga messa in condizione di concentrarsi sul progetto materno, in modo da farlo proprio, da sentirlo. Si tratta proprio di mettere dentro di sé il bambino: oltre al grembo fisico ci deve essere un grembo psichico. Il nascituro, e poi il neonato, deve vivere nella testa della madre. Una donna, anche se si trova al lavoro, non dimentica mai il proprio bambino appena nato, lo segue in ogni momento, cerca di capire cosa stia facendo in quell’attimo, supplica che venga corrisposto e compreso».
La levatrice: "Non sono mode, è progresso scientifico"
Allattare è un atto primitivo, istintivo, naturale. E molto delicato. Per questo esistono figure professionali come le levatrici, donne che aiutano e supportano le madri con dolcezza, conoscenza e comprensione. In Ticino è attiva la Federazione svizzera delle levatrici con una sezione cantonale. Abbiamo dunque voluto conoscere meglio questo mondo esclusivamente femminile assieme a Veronica Grandi, co-presidente e levatrice indipendente dal 2005. «L’allattamento al seno è un elemento fondamentale nel rapporto madre-bambino» dice. «E attualmente nessun prodotto artificiale, nonostante i progressi della scienza fatti in questo campo, può sostituire il latte materno».
A livello svizzero, i quattro ospedali cantonali sono all’avanguardia in questo ambito. «Il Ticino rispetto al resto del Paese ha fatto di più per favorire l’allattamento naturale» conferma Grandi. «Soprattutto, ha portato avanti una filosofia costante in centri ospedalieri multisito. Gli obiettivi sono stati raggiunti anche grazie all’uniformizzazione dei protocolli per l’allattamento e alla formazione delle professioniste che lavorano nei nostri nosocomi. L’allattamento al seno è un processo fisiologico, ma non per questo deve essere considerato scontato. Ecco perché l’aiuto del personale che lavora nelle maternità è importantissimo». Un’altra differenza rispetto al resto del Paese riguarda la rete. «In Ticino la collaborazione fra gli ospedali e le levatrici sparse sul territorio è capillare» prosegue la levatrice. «In particolare, il supporto alle madri viene proseguito per un periodo piuttosto lungo anche dopo il parto. Non ci si occupa delle mamme e dei neonati solamente all’interno delle strutture specializzate. Alla base di questi aiuti, comunque, deve sempre esserci il rispetto».
Rispetto dei tempi, sempre diversi da mamma a mamma. Rispetto del bambino, del padre, del nuovo nucleo famigliare che si è costituito. A volte, però, capita che anche in Ticino la parola «rispetto», appunto, venga trascurata. E allora, quando questo concetto fondamentale viene meno, la neo mamma rischia di incontrare di fronte a sé un percorso di sofferenza interiore. «È chiaro che nel momento in cui si desidera perseguire un obiettivo di eccellenza può succedere che si travalichino le regole e si vada oltre» commenta Grandi. «Capita che alcune mamme, poco convinte di allattare il proprio neonato o che non sono del tutto persuase dalla necessità di allattare il proprio bimbo, vengano messe sotto pressione. Ecco che allora il limite posto dalla mamma può non venir rispettato. Non succede solo negli ospedali, bensì anche a casa, con le levatrici. A volte è difficile, per le professioniste, percepire la linea rossa, il desiderio intimo della madre».
In fondo, basterebbe un po’ di sensibilità in più per evitare che la maternità si trasformi in un’esperienza negativa, difficile, come spiega – indagandone le cause – la nostra interlocutrice. «Siamo passati in pochi anni attraverso un epocale cambio di mentalità. C’è stato un periodo in cui il latte materno non andava bene, sembrava non bastasse mai. Ai neonati bisognava sempre dare un complemento di latte artificiale. Oggi abbiamo capito che, al contrario, l’allattamento al seno è perfetto, che non c’è nulla di meglio per nutrire il neonato nelle prime fasi di vita. Ci vuole pazienza, bisogna solo essere un po’ più attivi nello stimolare la produzione di latte. È una questione, anche, di convincere le mamme che abbiamo davanti che sì, ce la possono fare. Tuttavia, come spesso succede quando si passa da una filosofia all’altra, nel breve termine è facile cadere in trappola, negli estremismi. Le professioniste e i professionisti del settore vogliono fare il bene della famiglia che hanno di fronte, purtroppo però può capitare che questa volontà venga messa in pratica con troppa energia, con troppa foga di raggiungere l’obiettivo. Bisogna saper comunicare coi pazienti, far sentire le mamme e i bebè accolti nelle loro esigenze. È una condizione essenziale».
La neonatologia, come gli altri rami della medicina, ha conosciuto importanti cambiamenti. Basti pensare alla forte spinta all’allattamento artificiale o alle molteplici posizioni per il sonno del neonato. «Negli ultimi venti, trent’anni, gli studi medici sui neonati, in particolare sull’allattamento, si sono moltiplicati» spiega la levatrice. «Fino agli anni Settanta certe tematiche non interessavano a nessuno. Semplicemente, si agiva in un certo modo perché così si era sempre fatto. Poi, fortunatamente, c’è stata un’evoluzione. Anche in risposta a una mortalità infantile ancora piuttosto elevata nei Paesi occidentali nonostante il progresso tecnologico. Non si tratta di mode che vengono e vanno, come vuole la credenza popolare, bensì di puro progresso scientifico».
Da sapere
La ricorrenza
Da oggi fino al 21 settembre si celebra la Settimana mondiale dell’allattamento al seno. Secondo i dati forniti dall’Agenzia ONU per i diritti dell’infanzia UNICEF (che promuove l’evento) sono poco più del 40% i bambini sotto i 6 mesi allattati in modo esclusivo. In confronto questo tasso è di oltre la metà (50,8%) nei paesi meno sviluppati. I tassi più alti sono stati riscontrati in Ruanda (86,9%), Burundi (82,3%), Sri Lanka (82%), Isole Salomone (76,2%) e Vanuatu (72,6%). Nei Paesi a reddito medio-alto, i tassi di allattamento sono più bassi. Si stima che un corretto allattamento al seno (esclusivo nei primi 6 mesi di vita del bambino, integrato con alimenti nei 18 mesi successivi) potrebbe ridurre di circa il 20% la mortalità infantile nei Paesi in via di sviluppo.
In Ticino
In Ticino, le quattro maternità degli ospedali dell’EOC aderiscono all’iniziativa con diverse attività, ad esempio con l’offerta di consulenze nei reparti di ostetricia, con una mostra fotografica a Bellinzona o una conferenza pubblica a Locarno. Dal 2015, sotto l’egida dell’EOC, le quattro maternità detengono il marchio di qualità Ospedale Amico dei Bambini rilasciato dall’UNICEF. Ciò significa che mamme e bambini possono contare sui medesimi criteri di alta qualità in ciascuno dei quattro ospedali (i criteri centrali sono il rafforzamento della relazione madre-bambino, la promozione dell’allattamento al seno, la formazione continua del personale sanitario).
Il mom-shaming
Il dizionario online «Urban Dictionary» propone la seguente definizione: «Criticare o offendere una madre per le sue scelte sulla base di una differenza rispetto alle scelte comuni». In sostanza si tratta della tendenza a umiliare le madri, spesso da parte di altre madri o da parte di altre figure femminili, a partire dal personale in maternità. È un fenomeno venuto mediaticamente a galla negli ultimi anni.