La recensione

Un libro e l’esempio da seguire

L’articolo del direttore Fabio Pontiggia sull’opera curata da Oscar Mazzoleni e Fabrizio Mena per i 100 anni dell’UDC
La copertina del libro edito dalla Fondazione Carlo Danzi e da Armando Dadò.
Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
19.12.2020 06:00

È raro che un partito affidi a ricercatori indipendenti il compito di scrivere un libro sulla propria intera storia. In Ticino non era mai successo. A infrangere il tabù, in occasione del centenario, è stata l’Unione democratica di centro, che ha dato alle stampe Un secolo di storia politica - Dal Partito agrario all’UDC (1920-2020), edito dalla Fondazione Carlo Danzi e da Armando Dadò. Finita di stampare il 30 ottobre scorso, l’opera è stata voluta da Giovanni Maria Staffieri, già deputato in Gran Consiglio e soprattutto uomo di cultura, con interessi per la storia locale e la numismatica. All’avvicinarsi della ricorrenza, Staffieri propose alla dirigenza dell’UDC di commissionare appunto a storici indipendenti un libro sui cent’anni dell’ex Partito agrario ticinese (il PAT) da pubblicarsi quest’anno. Detto fatto. Il libro c’è. Ed è un autentico saggio storico che ricostruisce minuziosamente il secolo di vita del partito e che indaga le ragioni della sua fondazione andando a scavare fino agli inizi del XX secolo, quando il Ticino dei contadini iniziava a non sentirsi già più rappresentato adeguatamente dai due partiti storici, il liberale radicale e il conservatore democratico. L’opera è curata dal sociologo e storico Oscar Mazzoleni (direttore dell’Osservatorio della vita politica regionale all’Università di Losanna) e dallo storico Fabrizio Mena (ricercatore indipendente). Mazzoleni e Mena hanno a loro volta chiamato la politologa Carolina Ferrari-Rossini e lo storico Marco Marcacci a redigere alcuni capitoli del volume, che è dunque il frutto di un lavoro di squadra a otto mani. Il risultato è quanto mai interessante, utile, prezioso, anche e soprattutto perché, al di là della caratura professionale degli autori, che è fuori discussione, si basa su fonti inedite di grande valore. Come scrive Staffieri nel preambolo, abbiamo fra le mani «un’opera pionieristica nell’ambito della ancor scarna per non dire latitante storiografia partitica ticinese». Nessun intento celebrativo per il secolo di esistenza, ma solo e soltanto indagine scientificamente robusta, senza limiti che non siano quelli della correttezza di metodo e del distacco del ricercatore dalla passione e dagli interessi partitici. Il volume è strutturato in sei capitoli portanti, più l’introduzione e le conclusioni dei due curatori. Si parte dal ventennio che precede la nascita del partito (1900-1920), con l’indagine sul movimento agrario nel nostro cantone. Si ricostruiscono la fondazione (19 dicembre 1920 all’Albergo Internazionale di Bellinzona), i primi anni del PAT, l’elezione in Governo (marzo 1922) del primo e unico consigliere di Stato, Raimondo Rossi, la sconfitta del 1927, la lunga stagione dell’emarginazione e quella dall’immediato dopoguerra al Sessantotto (Marcacci: «Sono decenni di traversata del deserto»), il cambiamento del nome da PAT a UDC nel 1971, le battaglie d’opposizione negli anni Ottanta, il declino degli anni Novanta (un solo seggio conquistato in Parlamento nel 1995), la svolta blocheriana del 1998, per arrivare ai successi elettorali del 2019. Tutto è ricostruito, riferito e documentato: anche le tensioni e le spaccature interne, le luci come le ombre. Un libro, una scommessa vinta, che altri partiti dovrebbero avere lo stesso coraggio di tentare.