Il caso

«Una bistecca non può essere fatta di soia», e invece sì...

Il Consiglio federale ha preso posizione rispetto a una mozione depositata dal democentrista Thomas Stettler, che chiedeva di adeguare la legislazione in vigore al fine di precisare l'elenco delle denominazioni da riservare ai soli prodotti di origine animale
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Red. Online
16.05.2024 11:33

Lo scorso 14 marzo, il deputato dell'UDC Thomas Stettler – entrato in Consiglio nazionale a dicembre – aveva depositato una mozione dal titolo, invero, eloquente: «Una bistecca non è fatta di soia!». Con tanto di punto esclamativo, già. Il testo: «Chiediamo al Consiglio federale di adeguare la legislazione al fine di precisare l'elenco delle denominazioni da riservare ai soli prodotti di origine animale e, dunque, da vietare per i prodotti a base di proteine vegetali, nonché di limitare l’uso dei termini riferiti a nomi di specie o gruppi di specie animali alla morfologia o all’anatomia animale».

Queste, invece, le motivazioni alla base della mozione democentrista: «Il dizionario Larousse definisce la bistecca come una fetta di carne di manzo cotta ai ferri. Ciò che può sembrare logico nel linguaggio comune, lo è molto meno nella legge svizzera, che non prevede in effetti denominazioni riservate ai soli prodotti animali». E ancora: «Il prosciutto vegetale, la salsiccia vegana, la scaloppina quorn, il pollo a base di piselli o ancora l’affettato quorn sono collocati a fianco della carne vera negli scaffali dei negozi. Nei negozi online, spesso questo genere di prodotti figura nella categoria carne e pesce. In combinazione con un imballaggio accuratamente illustrato, il consumatore può fare confusione».

Di qui l'accusa, nemmeno troppo velata. «Per gli operatori della filiera animale e in particolare i produttori, si tratta di una concorrenza sleale: da un lato, queste denominazioni ci ricordano infatti inconsciamente i nostri piatti tradizionali a base di carne vera e, dall’altro, produrre pancetta o bistecche con proteine vegetali ricavate, ad esempio, da soia o frumento costa molto meno e risulta ecologicamente discutibile». Di nuovo: «I nostri vicini francesi hanno quindi fatto bene a pubblicare un decreto, a fine febbraio, relativo all’utilizzo di determinate denominazioni impiegate per designare derrate alimentari contenenti proteine vegetali. Poiché disposizioni di questo tipo ci sono già a livello europeo per i prodotti a base di latte animale (denominazioni del tipo yogurt vegetale o formaggio vegetale sono vietate), in Svizzera sarebbe ora di fare lo stesso per la carne».

Oggi, i Consiglio federale ha risposto e preso posizione rispetto alle argomentazioni di Stettler. «Le basi legali della denominazione delle derrate alimentari sono chiaramente definite nel diritto in materia e garantiscono un’informazione corretta dei consumatori» leggiamo. «La presentazione, la caratterizzazione, l’imballaggio e la pubblicità dei prodotti non devono ingannare i consumatori».

Mediante la lettera informativa 2020/3.1 («Alternative vegane e vegetariane ai prodotti di origine animale»), l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria, l'USAV, ha concretizzato il divieto di inganno in quest’ambito, spiega ancora il Consiglio federale. «Alcuni termini come latte, formaggio o carne, sono soggetti a una chiara definizione giuridica e non possono essere utilizzati per prodotti di origine vegetale. Per i sostituti della carne, dunque, la menzione della specie animale non è consentita nemmeno nel caso in cui sia integrata da un’indicazione inerente all’origine vegetale del prodotto: pertanto, denominazioni come filetto di manzo vegano o salsiccia di vitello a base di soia non sono ammesse. Neanche le denominazioni quali formaggio vegano o latte d’avena sono autorizzate. Termini quali filetto, bistecca o cotoletta sono invece consentiti per alternative vegetariane o vegane a derrate alimentari di origine animale se combinati a un riferimento chiaro all’origine vegetale del prodotto». Tradotto: una cotoletta può tranquillamente a base di soia.

Qualora venissero accettati, di conseguenza, «i divieti richiesti dalla mozione riguarderebbero anche denominazioni oggi di uso comune e di facile comprensione quali cotoletta di soia», appunto, «o bistecca di sedano rapa, attualmente largamente diffuse. L’uso di queste denominazioni permette alle imprese di informare in maniera chiara i consumatori e, a questi ultimi, di capire di che tipo di prodotto si sta parlando. Un eventuale divieto di queste denominazioni avrebbe diverse ripercussioni negative: i fabbricanti verrebbero, ad esempio, ostacolati nella produzione e nella vendita di derrate alimentari innovative e penalizzati nei confronti della concorrenza estera; inoltre una tale disposizione costituirebbe anche un ostacolo al commercio, in quanto prodotti importati dalla Germania o dall’Austria necessiterebbero di una nuova caratterizzazione. Inoltre, il decreto del governo francese relativo alle denominazioni per i prodotti di origine animale a cui si fa riferimento nella mozione è stato sospeso nell’aprile 2024 dall’autorità giudiziaria francese. È quindi troppo presto per trarre conclusioni».

I servizi cantonali competenti, conclude il Consiglio federale, «provvedono all’esecuzione del diritto vigente in materia di derrate alimentari conformemente alla lettera informativa dell’USAV. In questo modo, il raggiungimento degli obiettivi di tale diritto, vale a dire proteggere i consumatori dagli inganni e fornire loro le informazioni necessarie per l’acquisto di derrate alimentari, è garantito. Un adeguamento della legislazione sulle derrate alimentari non è pertanto necessario».