L'editoriale

Una Conferenza, due piani di pace, e noi nel mezzo

Oggi e domani a Losanna si terrà la Conferenza sullo sminamento umanitario - L'obiettivo della Confederazione è però organizzare un nuovo appuntamento per la pace
Paolo Galli
17.10.2024 06:00

Nella notte tra lunedì e ieri - citiamo le agenzie di stampa -, le forze russe hanno attaccato l’Ucraina con una pioggia di missili e droni kamikaze. Questo per sottolineare come la guerra sia ancora in corso. Ogni giorno ci sono nuove vittime. E già, dopo oltre due anni e mezzo di scontri, si fatica a guardare oltre. Poi arriverà, un giorno, il dopoguerra. Non sappiamo quando, non sappiamo con quali confini, ma ci sarà un Paese da ricostruire e una sicurezza da ritrovare. Lo sminamento si inserisce in questo processo rivolto al futuro, ma anche in una tradizione che ci riguarda molto da vicino. Una tradizione che è diplomatica - anche se le convenzioni (si veda quella di Ottawa del 1997) ancora non trovano l’unanimità - e che è anche molto concreta, sia come sostegno finanziario sia come uomini e mezzi messi a disposizione dei Paesi più a rischio. L’Ucraina è di colpo diventata un Paese a rischio. Secondo le stime, un quarto del suo territorio potrebbe essere contaminato. In questo contesto, la Svizzera ospita oggi e domani, a Losanna, la Conferenza sullo sminamento umanitario. Un appuntamento che rientra in quello che possiamo interpretare come un processo a tappe di sostegno alla causa ucraina e, quale fine ultimo, di ricerca di una pace con la Russia. Resta da capire quale sia oggi il rapporto tra Svizzera e Ucraina. Ieri era prevista la visita del primo ministro ucraino Denys Shmyhal a Berna, ma è stata annullata. Nulla di particolare, forse. Quel che è noto, però, è che Kiev non ha visto con favore la partecipazione della Confederazione al recente incontro organizzato da Cina e Brasile. Men che meno ha apprezzato il sostegno di Berna all’iniziativa. «La sosteniamo perché chiede un cessate il fuoco e una soluzione politica al conflitto. E perché offre un’alternativa alla retorica bellicosa», aveva spiegato il portavoce del DFAE. Che poi - sempre per giustificare la presenza, nell’occasione, della Svizzera, resa ancora più evidente dall’assenza di altri Paesi occidentali - aveva pure fatto riferimento al Bürgenstock, alla capacità di far dialogare il Nord e il Sud del mondo. Ora Berna spera di riuscirci un’altra volta, con lo sminamento umanitario che diventa - oltre che simbolo di un futuro oltre la guerra - una sorta di scusa per riavvicinarsi e per tessere fili al di là delle sale dei bottoni. Una missione che appare quasi impossibile, ma fondamentale, specie alla luce dell’imminente nuovo summit dei BRICS, che vedrà - nonostante le rigide regole di allineamento imposte dalla Russia - la probabile espansione del blocco. La Svizzera, nel mezzo, continua a credere di poter ospitare una seconda Conferenza di pace, stavolta con la presenza di Mosca allo stesso tavolo a cui siederà Kiev. Kiev che intanto chiede alla NATO di appoggiare il proprio piano di pace, presentato ieri alla Rada, il suo parlamento. Sotto i missili, con piani di pace contrastanti, la Svizzera oggi sembra più piccola di quanto non sia. Ma perlomeno non si arrende alla logica della guerra e alla passività delle istituzioni internazionali.

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