Una leggenda ancora e sempre fra noi

È uno dei personaggi ticinesi più popolari e amati di sempre e oggi compie 80 anni. Perché Clay – Clay Regazzoni e chi sennò? – è ancora e sempre tra noi, in una sorta di immortalità che avvolge il suo personaggio considerato, da molti se non da tutti e a ragion veduta, leggendario. Di Clay si continua a parlare, se ne rievocano le gesta e lo stile a cadenza regolare: e alle nuove generazioni questo nome da oriundo, abbreviazione del ticinesissimo Gian Claudio, risulta subito affascinante.
Chi l’ha ammirato in pista non può d’altronde non tramandarne il mito ai più giovani, associando la sua figura a un’epoca storica e ormai ingiallita in cui i tifosi, a fine gara, invadevano il circuito portando in trionfo il campione.
A 200 all’ora su missili di lamiera
Istantanee di una Formula1 per temerari, per stomaci forti, combattuta a duecento e passa all’ora su missili di lamiera e di viti, in barba a parecchie norme di sicurezza, talvolta anche alle più elementari. Di questo sport Clay Regazzoni è stato uno dei protagonisti principali: ne ha scritto pagine indelebili grazie alla sua abilità al volante, al temperamento e a una carriera esaltante da un lato e drammatica dall’altro. Per queste sue caratteristiche, Clay è dunque entrato nel mito, fino a travalicare i confini dell’automobilismo e dello sport.
Oggi – in quello che sarebbe il giorno del suo 80. compleanno e a quasi tredici anni dalla scomparsa, avvenuta il 15 dicembre 2006 in autostrada – il campione rivive attraverso una lunga serie di iniziative. Clay è un po’ ovunque, dentro e fuori di noi: lo si può ritrovare nelle pagine di un toccante libro - È sempre questione di cuore - o nell’intimità della «Memorial Room» – la stanza dei ricordi allestita a Lugano Pregassona – o nel suo paese natale, Porza, che gli ha dedicato la sala multiuso in Piazza Soldati, a pochi passi da dove ora il campione riposa.

E persino al cinema, interpretato dall’attore Pierfrancesco Favino nel forse troppo hollywoodiano Rush diretto da Ron Howard. Ma Clay vive, soprattutto, nel ricordo e nelle parole dei suoi cari – la moglie Maria Pia, i figli Alessia e Gian Maria con le rispettive famiglie – e dei molti amici e tifosi sparsi per il mondo. Le iniziative per ricordarlo non si sono mai fermate e proseguiranno anche quest’anno: stasera a Milano e domenica a Romanshorn (Turgovia) sono previsti degli eventi ufficiali privati a lui dedicati, una sorta di abbraccio affettuoso a un personaggio che godeva di una considerazione e di una popolarità straordinarie. Il suo aspetto scanzonato da attore, il suo sorriso, i baffoni, ben rappresentano un’epoca che – come detto - non c’è più, ma che, sotto altra forma, è vivissima nella memoria collettiva grazie ai suoi fenomenali campioni. E Clay è indubbiamente tra questi.
La forza di volontà
Ma Regazzoni non è solo il pilota, il grande pilota che è stato: è anche e soprattutto lotta e coraggio. Un enorme coraggio. In pista, certo, ma soprattutto fuori: dopo il terrificante schianto a Long Beach nel 1980 dal quale uscì miracolosamente vivo ma privato dell’uso delle gambe, mostrò un’eccezionale forza di volontà che lo portò a combattere per se stesso (partecipò a gare massacranti dimostrando che ai limiti fisici si può sopperire con un’eccezionale tenacia) e per gli altri. E il traguardo lo ha raggiunto. La «Memorial Room» fortemente voluta dalla famiglia – auto, cimeli e fotografie appartenuti al marito e papà campione – si prefigge di aiutare la ricerca nell’ambito della paraplegia, ricerca che lo stesso Clay aveva generosamente finanziato per permettere un migliore inserimento nel tessuto sociale delle persone costrette, come lui, a vivere su una sedia a rotelle.
Una sfilza di aneddoti
Scorrendo vecchi articoli a lui dedicati, ci fa sorridere e sognare rileggere le parole del figlio Gian Maria («In vita sua ebbe paura soltanto a Monza, inghiottito e portato in trionfo da una fiumana di tifosi dopo la sua seconda vittoria nel Gran Premio d’Italia nel 1975»), quelle della figlia Alessia («Quando, ancora bambina, vedevo il cartello del limite di 50 all’ora e gli dicevo che andava troppo forte, lui mi rispondeva che il 50 andava moltiplicato per il numero degli occupanti dell’auto») e dell’amico giornalista Pino Allievi («Accettare un passaggio da lui fu l’errore più grande della mia vita tanto ne uscii terrorizzato per la sua guida nella nebbia fitta»). Aneddoti che lo fanno rivivere, anche se in realtà Clay Regazzoni non è mai scomparso.