Una nuova primavera per gli idrovolanti (non in Svizzera)
L'idroscalo di Como sorride. Letteralmente. L'attività, nell'hangar dell'Aero Club Como, è frenetica. Idrovolanti biposto movimentati, officina a pieno regime, viavai di piloti e di allievi—giovanissimi—che si affrettano a raggiungere l'aula dei corsi di formazione. Ed è soltanto un giorno come un altro. Il club, per il suo futuro, pensa a espandere l'attività: non più solo voli di prova e scuola per piloti, ma una nuova azienda in grado di offrire voli panoramici ai turisti, con aerei che decollano e atterrano a due passi dal centro, sulle placide acque del Lario. E un'area espositiva, anche. Un museo in grado di mostrare la storia di quel che oggi è l'unico istituto a livello europeo in grado di formare piloti per il volo idro, come lo chiamano gli addetti ai lavori.
Poi c'è lui. Il «fiore all'occhiello», appena inaugurato. Si tratta dell'idrovolante più vecchio del mondo ancora in grado di volare. Un Caproni CA-100, anche familiarmente chiamato «Caproncino». Un apparecchio del 1935, revisionato fino all'ultimo bullone. «Solo due persone hanno la licenza per condurlo», spiega il responsabile tecnico, Daniele Pecora. Lui ha dato il timbro finale ai tre anni di lavori e ne parla con grande orgoglio. E ha ragione, dato che gli altri esemplari dormono nei musei. «Vedi, le ali? Sono in tela, come un tamburo. Senti?», e con l'indice bussa sulla superficie orizzontale. Il suono è inconfondibile, sembra proprio quello del rullante di una batteria.
I comandi dell'epoca
I comandi della cloche sono quelli dell'epoca. Niente computer, niente GPS: il minimo per volare. Le «Giornate del Caproncino», a Como, ogni volta che il velivolo è portato fuori dall'hangar, riscuotono grande successo di pubblico. Insomma, la «febbre per l'idrovolante» non è mai stata così alta. «Si tratta di un mezzo dimenticato, ma stiamo assistendo alla sua rinascita, a una nuova primavera», racconta il vicepresidente, Cesare Baj, mentre passa in rassegna la flotta che, a causa del vento sempre più forte, è dovuta rientrare. In un angolo dell'officina, ecco una fusoliera di una macchina in revisione e tinta di blu, grigio e bianco. «Questa sarà la livrea di tutti i nostri apparecchi, è un altro progetto che abbiamo in ballo». Sulle rive del lago di Como il futuro è più luminoso che mai. «Riceviamo costantemente richieste per atterrare sui laghi in Svizzera, ma purtroppo questo non è possibile. E dobbiamo respingerle. A me piacerebbe, per esempio, volare e atterrare a St. Moritz», esclama il presidente, Enrico Guggiari, non senza trattenere un sorriso. In pratica, è come se nella Confederazione questa attività fosse proibita. «Di solito Berna rilascia dei permessi speciali, ma sono piuttosto difficili da ottenere. La procedura è abbastanza complicata». In Italia, invece, è sufficiente annunciare l'arrivo ai Carabinieri del luogo. «Ed è fatta».
«Il nostro club è unico al mondo. È stato fondato nel 1930, anche se il volo idro è di qualche anno precedente e in Italia è nato proprio qui, sul Lago di Como». L'Aero Club - Como conta una dozzina di aerei e 150 soci italiani, ma ce ne sono parecchi dall'estero. «Proprio perché siamo gli unici, in Europa, a insegnare il volo in idrovolante», spiega il presidente. «Siamo la struttura di volo con idrovolante più vecchia del mondo e conosciamo il mercato come nessun altro», racconta il vicepresidente. E com'è, questo mercato? «È gigantesco. Noi stessi dobbiamo cercare di limitare l'attività, perché potrebbe esplodere in una maniera incontrollata».
Il fascino dell'idrovolante
La «febbre dell'idrovolante», secondo Baj, è da ricondurre al fascino esercitato da queste particolari macchine. Turisti e passanti, grandi e piccoli, sono affascinati dal vederli in azione sulle acque del lago, a pochi passi dal centro città. «Abbiamo richieste continue, alla gente piace. L'idrovolante è un tutt'uno con il tessuto del luogo. Insomma. Con l'idrovolante puoi partire dai luoghi più belli del mondo e non da quelli più brutti, che sono appunto gli aeroporti. È un'esperienza favolosa che migliaia di persone vogliono provare. E il fatto che la Svizzera si distingua come l'unico Paese al mondo nel quale il volo in idrovolante è praticamente proibito è una cosa che fa specie e che ci ha sempre incuriosito».
Avere delle macchine volanti sotto casa fa correre la fantasia ai tempi in cui l'aviazione muoveva i suoi primi passi. O, per i più appassionati, alle storie dell'autore giapponese Miyazaki, grande appassionato di Italia e di aerei (come non ricordare, ad esempio, il lungometraggio Porco Rosso, del 1992?). «Esatto, è proprio questo il punto», dice Baj, preso dall'entusiasmo. «L'Europa sta diventando il continente destinato a un turismo evoluto, avanzato, che ricerca esperienze speciali e storie, esattamente la miscela giusta che si nasconde dietro la cultura dell'idrovolante».
La protezione dell'ambiente
Ma tutte queste porte «chiuse in faccia» alle iniziative dedicate al tema, in Svizzera, avranno un senso? «Penso che il punto sia stato anche relativo alla questione ambientale», dice Guggiari. Il pensiero corre all'ampio dibattito che c'è stato nella Confederazione nell'arco degli anni Novanta-Duemila per vietarne l'utilizzo. «Difficilmente otteniamo i permessi proprio per questa grande attenzione, da parte del Paese, nei confronti dei laghi». «È una condizione estremamente limitativa», gli fa eco Baj. «Le Harley-Davidson circolano in Svizzera, no? Sarebbe come dire che queste motociclette particolarmente rumorose non possono più circolare su suolo elvetico, ad eccezione di cinque giorni all'anno. È esattamente la stessa cosa. Salvo che le Harley fanno più rumore di un idrovolante, eh?».
Entrambi sono d'accordo nella definizione di limitazioni sui tempi, sui luoghi parziali, ragionevoli e, magari, concordate anche con gli eventuali candidati operatori.
Ma come la mettiamo con il rumore dei motori al decollo? «Eh, ma questa è un po' una leggenda. Noi scegliamo aerei non rumorosi. Ma non solo. Su un apparecchio abbiamo apportato 17 modifiche, parecchie delle quali fatte apposta per ridurre il rumore. Bisogna saperle, queste cose. E bisogna applicarle! Proibire senza sapere nulla di tutto questo, senza valutare le prospettive è un atteggiamento sbagliato».
Secondo il presidente Guggiari la deriva è quella dell'eccesso di ambientalismo. «I nostri aerei sono perfetti, non hanno perdite e non sporcano. I pesci, probabilmente, sono meno disturbati rispetto a quanto potrebbe fare un motoscafo, perché il motoscafo ha un'elica, mentre noi non abbiamo nemmeno l'elica, dentro l'acqua. Il decollo dura pochi secondi e il rumore si attenua velocemente man mano che l'apparecchio sale. E all'atterraggio non si sente quasi, dato che non è necessario avere una spinta per guadagnare quota». Il volo poi, sempre secondo Guggiari, è assolutamente sicuro. «Di incidenti, nella nostra storia, non ne abbiamo mai avuti» (fatto salvo per lo schianto, nel 2014, in Val Varrone [provincia di Lecco], di un Cessna. Tre persone morte, il pilota Pietro Brenna e una coppia—Vedi ultimo paragrafo). I velivoli di Como appaiono in condizioni perfette e sembrano appena usciti dalla fabbrica, sia la parte "moderna" della flotta, sia quella storica con i velivoli d'epoca, «Caproncino» incluso. Merito anche delle continue revisioni coordinate da Danilo Pecora, probabilmente.
La Svizzera? Si sta perdendo moltissimo
L'interesse per questo particolare settore dell'aviazione, nel mondo, è in crescita «forsennata», per dirla con le parole di Baj. Che sottolinea come l'idrovolante, a ben guardare, sia il mezzo più ecologico: «Non ha bisogno di infrastrutture. Usa l'acqua che esiste in natura e non la contamina in nessun modo. E permette di essere anche flessibili. Metti che si voglia spostare il luogo in cui si opera. Ebbene, basta qualche firma e qualche pezzo di carta. Non costa nulla. Proviamo a spostare un vero aeroporto... Vogliamo vedere quanti milioni di franchi potrebbe costare?». E ancora: «Moltissimi turisti, quando vedono il Lago di Como dall'alto, decidono di prolungare la loro vacanza. Proprio perché hanno visto dei posti che, in un altro modo, non si potrebbero nemmeno scoprire».
Guggiari fa notare come la sua struttura abbia appena concluso un accordo di formazione con una novantina di persone dalla Turchia. Mentre Baj ha già svolto vari viaggi in Cina allo scopo di mettere in piedi strutture simili a quella che c'è a Como. «Facciamo consulenze ai governi sulla legislazione e agli operatori per le attività e la promozione. Tutte cose su cui, se permettete, siamo molto esperti». Insomma, il telefono squilla e dall'altra parte della cornetta c'è tutto il mondo. Eppure, dalla Confederazione, nulla si muove. «La Svizzera ci può chiamare, siamo più che disponibili a dare qualche consiglio», scherza il nostro interlocutore, vedendo la cosa come abbastanza improbabile. «Già, peccato che non ci sfruttino per questo. Come dicevo, concorrenza non ce n'è. Quindi a noi fa piacere sviluppare questo genere di attività ovunque». Ce n'è per tutti, insomma.
Il fondatore della Swissair
L'archivio di Cesare Baj è sconfinato. «E da qualche parte abbiamo anche le centinaia di disegni dei bambini ricevuti a mo' di ringraziamento per una nostra iniziativa di Natale, proprio dedicata ai più piccoli: abbiamo fatto volare, in tutto, centinaia di bimbi attraverso il pagamento di una cifra simbolica». Autore di numerosi libri specialistici proprio dedicati a questo tema, è un grande collezionista di cimeli dedicati al mondo dell'aviazione. Prende alcuni scatoloni dalla sua libreria e sfoglia una raccolta di cartoline degli anni Trenta, da tutto il mondo. «Ecco, vede? Questo dimostra che l'aviazione terrestre e quella idro sono nate insieme».
Nei primi anni, in cui gli aeroporti scarseggiavano perché non erano ancora stati costruiti, l'unica opzione possibile era proprio quella dell'acqua. «Tutti i voli lunghi, le esplorazioni, i voli oceanici, beh, operavano tutti con idrovolanti». Da un altro ripiano estrae un libro dalla copertina cartonata, decisamente d'altri tempi. Sul dorso si legge il nome Walter Mittelholzer. «Vogliamo parlare di idrovolanti in Svizzera? Il fondatore della compagnia che poi sarebbe diventata la Swissair era un pilota di idrovolanti. E pure molto capace», dice con una punta di entusiasmo mentre sfoglia mappe, fotografie e diagrammi tecnici. L'aviazione era vissuta come uno strumento di scoperta etnografica e culturale. Il titolo del volume di Mittelholzer, infatti, è proprio En Hydravion de Zurich au Cap de Bonne-Espérance dedicato alla trasferta transafricana dalla Svizzera.
I Canadair
«La Svizzera dovrebbe cambiare posizione, almeno per quanto riguarda l'impiego dei Canadair». I potentissimi aerei in grado di spegnere incendi sono entrati in azione proprio all'inizio dell'anno. Per far fronte alle fiamme che stavano divorando il Monte Gambarogno, infatti, sono stati chiamati aiuti dall'Italia. Il Super Puma dell'esercito svizzero è stato sì efficace, ma il contributo delle squadre italiane è stato ugualmente apprezzato. Ed è anche vero che questo tipo di velivolo è un anfibio e opera in acqua esclusivamente per caricare le cisterne. L'istruttore di volo Matteo Francone, nato e cresciuto nell'idroscalo di Como, racconta la sua esperienza nella squadra dei Canadair per la stagione 2018.
«Sono super efficaci. Sono progettati apposta per dare il meglio in un paesaggio boschivo mediterraneo, data la loro capacità di effettuare virate molto strette, oltre alla possibilità di sfruttarli per un avvicinamento al fuoco con un sentiero di discesa molto ripido». Francone sottolinea la loro efficacia nel colpire il fuoco. Ma quel che più rende i Canadair dei grandi idranti in volo è la capacità dei serbatoi d'acqua: «Circa sette tonnellate per ogni sgancio. Sono gli strumenti decisamente più efficaci per battere un incendio. Mi era capitato, mentre ero nella squadra, di raggiungere i dintorni del Lago Maggiore per spegnere un incendio, dalla nostra base a Roma. È proprio una macchina fatta apposta per muoversi bene all'interno delle valli più strette», conclude l'esperto. Viste le loro caratteristiche, è quantomeno curioso che in Svizzera non ce ne sia nemmeno uno in dotazione. «All'interno della compagnia - prosegue Francone -, ci sono piloti molto esperti. Molti di loro arrivano da un'esperienza dal mondo militare. È gente abituata a lavorare sotto pressione. E a gestire i pericoli. Il lavoro è particolare. Gente in gamba che fa un lavoro bellissimo, ma anche pericoloso. È il lavoro non militare tra i più pericolosi, perlomeno nell'ambito dell'aviazione».
L'incidente del 2014
Il 9 giugno 2014, un idrovolante Cessna S172N di proprietà e operato dall'Aeroclub di Como, con a bordo il pilota 32.enne Pietro Brenna e due coniugi cui i figli avevano offerto un volo turistico per festeggiare il loro anniversario di matrimonio, è precipitato in Val Varrone (in provincia di Lecco), provocando la morte di tutti e tre gli occupanti del velivolo. Sull'incidente è stata poi allestita una relazione d'inchiesta dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo.