"Una vignetta indegna" - "Ma questa è la satira"

BERNA - «Dopo questa vignetta non comprerò più Charlie Hebdo». «Il disegno può anche non piacere, ma non si può chiedere a Charlie Hebdo di non essere Charlie Hebdo». A intervenire con queste due posizioni all'apparenza divergenti, ma forse più vicine di quanto si pensi, sono due maestri del pennino e della satira: l'italiano Giorgio Forattini e lo svizzero Patrick Chappatte, firme che si sono affermate internazionalmente graffiando la carta e le coscienze a colpi di matita e nero d'inchiostro.
L'oggetto del contendere, va da sè, è la vignetta pubblicata dalla rivista francese Charlie Hebdo, tristemente famosa dopo gli attentati del 2015 costati la vita a diversi suoi redattori, che all'indomani del terremoto in Italia centrale ha pubblicato un disegno di Felix intitolato «Séisme à l'italienne» (terremoto all'italiana, a lato) che ha indignato buona parte della vicina penisola. Avviando sui social network una ridda di polemiche ancora lungi dall'essere esaurita.«È una vignetta di Charlie Hebdo, una rivista con la quale ogni tanto ho anche collaborato», esordisce Giorgio Forattini che troviamo al telefono proprio a Parigi, «quindi non posso essere sospettato di essere nemico di quella testata. Ma quella vignetta è ignobile. Non vedo nulla di politico in quel disegno, mi pare una cosa solo anti italiana. Sfotte gli italiani tirando in ballo i soliti luoghi comuni: la pasta al pomodoro, la lasagna, manca solo la pizza e poi c'è tutto».Ma anche di questo vive la satira, obiettiano. «Guardi», ci risponde, «questa non è satira politica. Io faccio satira politica e qualche volta di costume. Qui non vedo né l'una né l'altra».Per riemergere dal putiferio scatenato, la redazione di Charlie Hebdo ha però pubblicato una seconda vignetta (sotto) in cui si legge che «non è Charlie Hebdo che costruisce le vostre case, ma è la mafia». Un messaggio politico, quindi, parrebbe esserci. «Ma dove?» reagisce Forattini, «questa non è satira politica, ma non è neanche satira. Sono capaci tutti a tirare fuori i propri sentimenti anti italiani e poi chiamarli satira. E poi qui ci sono di mezzo dei morti». Anche lei, gli ricordiamo, ha firmato molte vignette sui terremoti. «È vero», riconosce Forattini, «ho fatto spesso vignette sulle tragedie, compresi i terremoti, ma me la sono presa sulla cattiva conduzione della ricostruzione. Molti sismi da noi hanno provocato numerose vittime perché le case erano state costruite o ricostruite male. Con questo me la sono presa, coi politici responsabili di questa situazione, non con le povere vittime. Dopo questa cosa non comprerò più Charlie Hebdo, che acquisto ogni settimana».Totalmente diversa la reazione dello svizzero Patrick Chappatte. «Non capisco dove sia il problema», esordisce rispondendoci. Ce lo dica lei, allora, ribattiamo. «Il problema è nel nostro sguardo. Charlie Hebdo fa Charlie Hebdo e ha sempre fatto Charlie Hebdo. Detto chiaramente: ha sempro pubblicato disegni di cattivo gusto, eccessivi, disegni che se li guardi ti fanno male. Tutta la storia di questa rivista si basa sulla sua estrema libertà di disturbare. Oggi qualsiasi minimo schizzo di Charlie Hebdo viene commentato sulle reti sociali del mondo intero da parte di persone che non hanno nessuna abitudine allo stile di quello che all'origine era un giornale di nicchia, per iniziati. Charlie Hebdo a volte disturba perfino il pubblico francese preparato al suo linguaggio».Charlie Hebdo disturba, prosegue il nostro interlocutore, «perché siamo talmetne insicuri che non sopportiamo più di vedere delle donne coperte in spiaggia, per esempio. Siamo così insicuri di fronte ai nostri valori di libertà che ci si indigna di fronte a qualsiasi disegno scioccante. Ma è anche questo la libertà, poter essere scioccanti. La libertà d'espressione consiste proprio nel difendere anche quellop che non ci piace».Nessun limite, allora, per la satira, Chappatte? «Sarebbe grave. Dove si mettono i paletti? Ci si deve fermare quando comincia il cattivo gusto, per esempio? Ma è sempre esistito. Quando ci sono dei morti? Ma tutta la storia delle caricature parla di morti e flirta col cattivo gusto. Vogliamo instaurare una polizia contro il cattivo gusto? Beh, è quello che stanno facendo adesso Internet e le reti sociali».Va bene, Charlie Hebdo deve continuare ad esistere, ma si potrà pur dire che sbaglia la vignetta. «Certamente. Anche questo è libertà. Come è libertà essere cattivi, basta che poi ci si assuma la responsabilità di quella scelta».Ma lei, Chappatte, quella vignetta l'avrebbe fatta? A lei quella vignetta è piaciuta? «La lasagna sanguinolenta? È uno humor molto brutale. Non è uno dei mei disegni preferiti. Aggiungo che è difficile per un disegnatore occuparsi di catastrofi. Io, per esempio, ho evitato il soggetto del sisma in Italia. Non vedevo soluzioni tra la partecipazione empatica al dolore e lo sberleffo di Charlie Hebdo. Ma se fossi stato un disegnatore italiano mi sarei sentito obbligato a fare una vignetta. E sarei stato costretto a mantenermi nell'empatia e nel lutto».