Un'altra vittima, un altro nome: Mehran Samak, ucciso mentre festeggiava la sconfitta
Decine di manifestanti sono scesi in strada, martedì sera, in diverse città dell'Iran per festeggiare l'eliminazione della Nazionale di calcio dai Mondiali in Qatar, dopo la sconfitta per 1-0 contro gli Stati Uniti. Molti iraniani hanno infatti smesso di sostenere la squadra, considerata (ormai) una rappresentazione della Repubblica islamica. La protesta si è in parte spostata anche in Qatar, dove fuori dallo stadio Al-Thumama, al termine del match con gli USA, guardie di sicurezza hanno arrestato le persone che gridavano «Donna, vita, libertà», uno dei principali slogan della «rivoluzione» iraniana in corso. In patria, le cose sono state peggiori. In particolare, un uomo di 27 anni è stato ucciso a Bandar-e-Anzali dalle forze di sicurezza del regime. Il suo nome era Mehran Samak e, stando a quanto viene denunciato, sarebbe stato ammazzato mentre con altri festeggiava la sconfitta della Nazionale di calcio. Il giornalista iraniano Pouria Zeraati ha parlato di un colpo di arma da fuoco alla testa. Notizia rilanciata anche da Iran International, media di opposizione con sede a Londra.
Chi era Mehran Samak
Mehran Samak è stato ucciso dalle forze di sicurezza mentre si trovava in auto con la fidanzata, scrivono i media internazionali. A Bandar-e-Anzali, suonava il clacson in strada per festeggiare la sconfitta della squadra di calcio «del regime».
Il centrocampista della nazionale iraniana Saeid Ezatolahi, che è di Bandar-e-Anzali, ha rivelato a sorpresa sui social di conoscere Samak e ha pubblicato una foto che li ritrae insieme in una squadra di calcio giovanile. «Dopo l'amara perdita di ieri sera, la notizia della tua scomparsa mi ha infiammato il cuore», ha scritto su Instagram, descrivendo Samak come un «compagno di squadra d'infanzia». Non ha commentato le circostanze della sua morte, ma ha aggiunto: «Un giorno le maschere cadranno, la verità sarà messa a nudo. Questo non è ciò che i nostri giovani meritano. Questo non è ciò che la nostra nazione si merita».
Anche il Centro per i diritti umani in Iran (CHRI) con sede a New York ha riferito che Samak è stato ucciso dalle forze di sicurezza mentre festeggiava. Nel video del funerale di Samak, celebrato a Teheran, si sentono le persone presenti urlare uno dei principali slogan delle proteste, «morte al dittatore», rivolto al leader supremo dell'Iran, l'Ayatollah Ali Khamenei.
Tra Iran e Qatar
Alla partita di esordio ai Mondiali in Qatar, contro l’Inghilterra, i calciatori iraniani sono rimasti a bocche cucite durante l'inno e le immagini hanno fatto il giro del mondo. Un gesto che non si è ripetuto all’ingresso in campo contro il Galles, quando i giocatori hanno cambiato comportamento. Sul suo profilo Instagram, Mehran Samak aveva scritto: «Non ci importa se la squadra iraniana ha cantato o meno l'inno nazionale, noi scenderemo in strada per manifestare la nostra protesta contro il regime».
Insomma, i Mondiali di calcio non hanno fatto dimenticare quello che sta succedendo in Iran. «Prima di questa rivoluzione, le guardie scendevano nelle strade e picchiavano i tifosi che esultavano per la vittoria Nazionale. Ma la Repubblica islamica è riuscita a usare la squadra a suo favore, con alcune mosse propagandistiche - ha commentato al CdT Daria (vero nome noto alla redazione), rifugiata politica in Svizzera, appartenente alla comunità iraniana in Ticino -. Penso all'incontro manipolato con il presidente, con successiva diffusione di foto e video dei giocatori sorridenti. La Repubblica islamica ha potuto festeggiare felicemente la vittoria nella seconda partita ai Mondiali, senza che nemmeno un giocatore facesse alcun gesto per sostenere le proteste. Il regime è riuscito a disunire le persone a tal punto da creare una rottura tra la squadra di calcio e la gente».
I giocatori hanno davvero voltato le spalle a chi protesta? Stando alla CNN, che ha interpellato «una fonte coinvolte nella sicurezza», le famiglie dei calciatori sarebbero state minacciate di essere arrestate e torturate nel caso in cui chi indossa la maglia della Nazionale non si fosse comportato in maniera «corretta». Alcuni tifosi iraniani allo stadio con una t-shirt con la scritta «Women life freedom», a sostegno delle donne iraniane, sono stati aggrediti da diversi compatrioti fuori dallo stadio Al Thumama di Doha. E la repressione in patria continua brutale. Anche il calciatore iraniano, ex nazionale, Vorya Ghafouri, capitano dell’Esteghlal, era stato arrestato in Iran perché aveva manifestato il suo sostegno al popolo. È poi stato liberato su cauzione, «per ingannare il comitato d'inchiesta delle Nazioni Unite».