Un’apertura domenicale al mese? La discussione già si infiamma

Uno strumento moderato per resistere alla forte concorrenza con il commercio online? Oppure, un nuovo e pericoloso passo verso la liberalizzazione del settore della vendita? Fa discutere la proposta avanzata da un’iniziativa del Canton Zurigo di estendere da 4 a 12 il numero delle aperture domenicali all’anno. Dopo il via libera in ottobre della Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati, negli scorsi giorni anche la Commissione omologa del Nazionale ha approvato la proposta.
«Una facoltà, non un obbligo»
«È certamente una buona notizia», commenta da noi raggiunto il Consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Centro), membro della Commissione competente. «Mi fa piacere che anche la Commissione gemella abbia approvato questa proposta. Si tratta di concedere ai Cantoni la facoltà, e non l’obbligo, di aumentare le aperture domenicali da 4 a 12. Ogni Cantone potrà decidere in base alle proprie esigenze se e come sfruttare questa opportunità». Regazzi sottolinea l’elemento della libertà che verrà garantito alle singole aziende: «È importante ribadire che si tratta di una facoltà e non di un obbligo». Quanto alle giustificazioni politiche a sostegno della misura, il consigliere agli Stati ricorda la forte vocazione turistica della Svizzera e come questa modifica permetterebbe di attrarre più visitatori. «Inoltre, molti cittadini hanno impegni durante la settimana - avverte ancora il senatore -, e quindi apprezzerebbero la possibilità di fare acquisti la domenica. Anche per i negozi potrebbe essere un beneficio, ma saranno le singole aziende a decidere se sfruttare questa possibilità». Ora, spetterà alla Commissione degli Stati elaborare una modifica della Legge sul lavoro.
«È un’aberrazione»
I contrari alla proposta hanno sottolineato, invece, che una modifica della Legge sul lavoro può avere successo soltanto se le parti sociali sono coinvolte. Al riguardo, però, UNIA ha già fatto sapere che si «batterà contro questo progetto con tutti mezzi a sua disposizione».
Chiara Landi, sindacalista responsabile della vendita: «Dal nostro punto di vista, questa proposta rappresenta un’aberrazione, un ulteriore capitolo in una lunga storia di pressioni per deregolamentare le aperture domenicali. Si va avanti in questo modo da anni. Ogni misura viene presentata come definitiva, salvo poi essere seguita da altre richieste simili. Questo approccio, però, ha un unico grande perdente: il personale impiegato». Secondo Landi la proposta si inserisce in un quadro nazionale in cui iniziative analoghe si moltiplicano. Tra queste, la sindacalista di UNIA ricorda il progetto del consigliere federale Guy Parmelin volto a garantire le aperture domenicali ai negozi di articoli di lusso nelle città turistiche con oltre 60.000 abitanti. Landi, infine, si mostra critica anche sulle motivazioni addotte a sostegno della misura. «Non credo che la proposta sia un volano per il commercio in difficoltà. Esperienze concrete, come quella avviata in Ticino (dove è già consentito ai negozi sotto i 400 mq di restare aperti tutte le domeniche, ndr) mostrano che i veri beneficiari sono esclusivamente i supermercati e le grandi catene di distribuzione».
Secondo Landi, dietro queste politiche si nasconde la mano della grande distribuzione che spinge verso una deregolamentazione del lavoro domenicale. Ma, fatto ancora più grave, «la liberalizzazione non si limita al commercio al dettaglio, ma coinvolge anche altri settori, come la logistica e l’approvvigionamento, ampliando ulteriormente il ricorso al lavoro domenicale». Di qui, la conclusione: «Siamo convinti che queste proposte non siano altro che un ponte verso la completa deregolamentazione del lavoro domenicale, con conseguenze gravi per la qualità di vita dei dipendenti». Il sindacato UNIA, pertanto, si oppone fermamente «a questa deriva e continuerà a battersi per la tutela dei diritti dei lavoratori».
«Proposta interessante»
«Siamo sicuramente molto interessati alla proposta, che andrebbe a favorire soprattutto i negozi più grandi», commenta dal canto suo Enzo Lucibello, presidente della grande distribuzione (DISTI). Con la modifica della Legge cantonale sugli orari di apertura dei negozi approvata in votazione popolare nel giugno del 2023, i commerci più piccoli hanno infatti già la possibilità di tenere aperto la domenica. «Perché si possa raggiungere l’obiettivo delle 12 aperture domenicali - prosegue - occorrerà comunque prima passare dal voto delle Camere federali e poi da un adeguamento della legge cantonale». Di strada, insomma, ce n’è ancora parecchia da fare. Detto ciò, secondo il presidente della DISTI si tratta di «una possibilità in più» per poter contrastare i due grandi nemici del settore della vendita: la concorrenza con il commercio online e il turismo della spesa: «Poter tenere aperto una volta al mese, magari in concomitanza con l’arrivo degli stipendi, potrebbe spingere i consumatori a spendere in loco e non andare in Italia. Inoltre, ci permetterebbe forse di arginare lo strapotere dell’online, che a differenza dei nostri negozi, non conosce orari». Perché funzioni davvero, però, secondo Lucibello occorre lavorare sulla sensibilizzazione. «Da un lato, è importante che i commercianti, grandi e piccoli che siano, si parlino e facciano rete. Che si riesca a garantire un numero minimo di negozi aperti per destare l’interesse dei consumatori. Allo stesso modo, dobbiamo lavorare affinché la popolazione ci sostenga e capisca l’importanza di acquistare qui».
In effetti, per il commercio ticinese l’ultimo anno è stato complicato. «La forza del franco ci ha molto penalizzato. Ci troviamo a vivere una forte pressione e, nonostante i commercianti tentino un continuo ribasso dei prezzi, le vendite non decollano. Cerchiamo di tenere le posizioni e di guardare avanti, migliorandoci sempre, ma certamente il quadro è complicato». Di riflesso, c’è il rischio che saltino anche dei posti di lavoro. «Se la situazione dovesse peggiorare, bisognerà fare i conti con una riduzione dei costi. E alcuni provvedimenti potranno inevitabilmente toccare anche il personale». Per questa ragione, evidenzia il presidente della DISTI, «è importante poter avere un quadro normativo che ci garantisca di aprire, e quindi di poter lavorare con maggiore flessibilità. Poi spetterà a ciascun commerciante decidere, in base alle esigenze della propria clientela e in funzione dei costi, se approfittare o meno di questa possibilità». In questo senso, è utile osservare l’esperienza dei piccoli negozi di alimentari che già oggi possono aprire la domenica: «Stanno riscuotendo un certo successo, e offrono un servizio a chi necessita di fare la spesa la domenica».
E a chi parla di «corsa sfrenata verso la liberalizzazione», Lucibello risponde: «Se vengono garantiti ai lavoratori i giorni di riposo compensativi e i salari adeguati, non vedo quale sia il problema. Oggi ci sono tanti settori che lavorano 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Settori che offrono un servizio utile alla popolazione. L’importante, lo ribadisco, è che nessun dipendente sia sfruttato».