«Valori di base e azioni quotidiane per sostenere il nostro personale»

Sollecitato dalla lettera di un nostro lettore, Lorenzo Fauth, capo delle risorse umane dell’ORL, risponde alle domande riguardanti in particolare il clima di lavoro presso l’Ente ospedaliero cantonale. Un’opportunità, in fondo, per divulgare quanto fatto per il personale curante. Le professioni sanitarie sono considerate logoranti e per questo oggetto di continue attenzioni.
Come
giudica il clima di lavoro all’EOC e nei suoi ospedali?
«È
difficile tracciare un bilancio generico e trasversale, anche se vivendo gli
ospedali e i vari colleghi mi sento di giudicare il clima come globalmente
buono. Certamente vi possono essere situazioni e momenti particolari, che
possono a volte intaccare la serenità del singolo o di alcuni team, ma reputo
rimangano casi più isolati e temporanei. Proprio su questo fronte, vale la pena
menzionare il recente sondaggio di soddisfazione che ha lanciato EOC per tutto
il personale. Un importante segnale d’attenzione alle persone e di coraggio e
determinazione nel voler affrontare temi che possono essere complessi. Oggi è
ancora presto per anticipare i risultati poiché sono appena stati raccolti, ma
vi è una forte volontà di analizzare nel dettaglio i vari riscontri e definire
le migliori azioni possibili».
Le
professioni legate alla sanità sono logoranti per definizione. Quale filosofia
può garantire l’EOC a protezione della salute del proprio personale?
«Sicuramente
le professioni nell’ambito sanitario possono essere logoranti, sul piano fisico
come su quello più emotivo. Ma credo anche che allo stesso modo ricambino con
soddisfazioni e valori umani incomparabili. Ciò detto, l’impegno di EOC sul
fronte della protezione della salute dei collaboratori è ampio e articolato.
Per volontà e necessità. Le risposte a questi temi toccano quindi diverse leve.
Basterebbe, in fondo, richiamare i Valori EOC e la loro più articolata
declinazione nel Codice di comportamento e deontologico. Dal 2022 EOC ha deciso
di fissare i propri riferimenti sui principi etici e i propri valori in questa
sorta di “carta costituzionale”. Tra questi si fa esplicito riferimento alla
centralità e al rispetto della dignità della persona, come pure della tutela
della sicurezza di pazienti e collaboratori. Il tema della protezione della
salute è quindi ripreso esplicitamente nei valori su cui indirizzare la nostra
attività. Vi sono poi tutta una serie di altre azioni concrete quali i continui
miglioramenti adottati nei vari rinnovi dei contratti collettivi, il
coinvolgimento della medicina del personale ad ogni assunzione e in casi di
necessità, le consultazioni specialistiche per i collaboratori che svolgono
turni gravosi, la costituzione di un nuovo servizio interno di medicina del
lavoro. Anche l’offerta formativa interna propone corsi e strumenti per meglio
preparare il personale ai temi legati al benessere e alla gestione delle
complessità che si possono incontrare nelle nostre professioni».
Recentemente
è entrato in vigore all’EOC il nuovo contratto collettivo di lavoro con
l’ASMACT. Può essere questa la strada per tutte le professioni all’interno
dell’EOC, settimane più corte e sostegno alla maternità (tra le altre misure),
per rafforzare l’attrattività dell’EOC come datore di lavoro? L’ASMACT copre
solo medici assistenti e capiclinica. Con le altre categorie?
«L’ultimo
rinnovo del contratto collettivo dei medici assistenti e capiclinica ha messo
l’attenzione su una situazione legata a questo particolare tipo di
professionisti. Il contesto di partenza era ben diverso da quello di altre
famiglie professionali all’interno dell’EOC. I medici di cui parliamo
lavoravano con un regime di 50 ore settimanali e per loro natura, in ragione
del percorso formativo o di specializzazione in cui si collocano, sono
contratti a tempo determinato. Per le altre professioni la situazione è
diversa, avendo già settimane più corte. L’ultimo rinnovo del ROC - il CCL per
le altre professioni in EOC - ha voluto pertanto porre particolare attenzione a
soluzioni che favoriscano la conciliabilità tra il lavoro e la vita privata o
il sostegno ai congedi parentali. Certamente anche la questione retributiva è
stata affrontata e ulteriormente migliorata».
In
una lettera di un lettore pubblicata la scorsa settimana, è emerso quello che
appare come un disagio, da parte del personale, di fronte alla recente indagine
interna sul grado di soddisfazione, di cui parlava lei stesso. È stata
realizzata tenendo conto della sensibilità e dell’anonimato dei singoli?
«La
lettera che cita, nella quale si faceva anche riferimento al sondaggio e al
presunto anonimato non garantito e a ipotetiche ritorsioni sui collaboratori è
priva di un reale approfondimento e di verità. Per lo svolgimento del sondaggio
ci siamo appoggiati su una società svizzera esperta nel ramo - sondaggi svolti
in ambito di strutture sanitarie -, con una metodologia rigorosa a garanzia di
tutti i vincoli necessari al buon esito di queste inchieste. Il sondaggio
garantisce pertanto l’assoluto anonimato dei partecipanti. L’alto tasso di risposta del personale credo dimostri più di
ogni altro commento la fiducia nel processo. L’interesse di EOC è quello di
capire le tendenze più generali e gli ambiti che meritano più attenzioni ad un
livello ampio».
In
generale si parla spesso di fuga del personale dalle professioni sanitarie.
Quanto turnover avete?
«Il
tasso di turnover negli ultimi cinque anni si aggira tra il 3,6% e il 5%,
compresi i medici in formazione e senza eccezioni nella rete EOC. Siamo sempre
attenti all’evoluzione del personale, quindi anche al tema delle partenze. Le
partenze seguono un ritmo che giudico fisiologico e normale. Le motivazioni che
spingono le persone a cambiare sono diverse fra loro. Se guardiamo all’ambito
infermieristico, l’attenzione può essere posta sui casi di professionisti che
vogliono intraprendere un’attività di cura in proprio e indipendente. Vi è
anche chi per ragioni personali legate in particolare ad esigenze famigliari,
fa fatica a conciliare i turni di lavoro con quelli della vita privata. In
questi casi la riduzione del grado occupazionale, la facilità a congedi di
lunga durata o eventuali soluzioni di trasferimenti interni sono valutate. Ma
non sempre si riesce a soddisfare tutti. Per quanto concerne l’Ospedale di
Lugano, dobbiamo anche considerare il fatto che è l’ospedale con la casistica
maggiormente acuta a livello cantonale. I pazienti sono complessi nella loro
presa a carico e questo sicuramente si ripercuote sul personale che viene
maggiormente sollecitato. Può capitare che un infermiere o un assistente di
cura ad un certo punto preferisca indirizzarsi verso strutture meno complesse.
Anche qui bisogna monitorare ogni caso ma ad oggi non evidenziamo un problema
sostanziale».
Oggi sul
totale dei medici e degli infermieri dell’EOC quanti sono stranieri? Come
attrarre maggiormente i giovani svizzeri?
«Le
famiglie professionali sono così ripartite: medici 18%, personale curante e
medico-tecnico 52%, personale amministrativo 17%, servizi domestici 11%,
artigiani e tecnici 2%. La percentuale dei residenti all’estero, al momento, è
del 14,7% sull’intera forza lavoro dell’EOC: medici 2,3%, personale curante e
medico-tecnico 11,5%, personale amministrativo 0,5%, personale servizi
domestici 0,4%, artigiani e tecnici 0,03%. Più in generale, ricordo che
l’attività dell’EOC è regolata da una legge apposita che pone l’obbligo, fra
altri, a dare precedenza a personale residente. Nello svolgimento della nostra
attività di reclutamento ci dobbiamo sempre attenere a questo principio. È innegabile che la risorsa di personale locale non sia sempre
sufficiente per i bisogni ai quali dobbiamo rispondere. Questo a volte è frutto
di necessità legate a competenze specialistiche difficili da reperire sul
mercato del lavoro locale, a volte semplicemente perché non ci sono abbastanza
candidati interessati alle posizioni offerte. Da parte di EOC, oltre a creare
le migliori condizioni lavorative possibili, ci impegniamo anche nelle scuole o
in altri contesti in iniziative di divulgazione delle professioni nell’ambito
sanitario».
Resta la questione dell’attrattività
delle professioni.
«Va comunque valutata secondo l’ambito che si vuole affrontare. Le
sfide delle carriere mediche sono diverse da quelle infermieristiche. Nel primo
caso i temi ricorrenti partono già dagli studi universitari che sono
sicuramente sfidanti e impegnativi. Piuttosto, a livello di ospedale rileviamo
l’importanza degli aspetti legati alla gestione del tempo, alle opportunità di
crescita anche per chi lavora a tempo parziale, allo sviluppo di percorsi
accademici e di ricerca, non solo clinici o dell’attrattività di una funzione
ospedaliera rispetto a quella in ambito privato. Per quanto concerne gli
infermieri vi sono temi specifici, seppur simili per certi versi. Un neo
infermiere di oggi ha spesso necessità legate alla conciliabilità della vita privata
con quella professionale. Spesso chiede di poter lavorare a tempo parziale.
Inoltre, molti nuovi infermieri sono interessati a potersi sviluppare in
diversi ambiti infermieristici specialistici. Vi è poi la questione legata
all’evoluzione di carriera infermieristica. Anche nell’ambito infermieristico
emerge la volontà di poter proporre percorsi di carriera. Un infermiere in cure
generali può così immaginarsi di sviluppare la sua carriera verso profili più
gestionali, clinici, di ricerca o in ruoli formativi all’interno della sua
professione. In ogni caso il coinvolgimento precoce della persona è
indispensabile per definire delle prospettive e attrarre o ritenere i
professionisti. Il tema della conciliabilità è quindi ricorrente, ma non sempre
facile da attuare. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra i bisogni del singolo
e quelli dell’ospedale. Stiamo lavorando per sviluppare sempre meglio i
processi e le competenze per anticipare i carichi di lavoro affinché la
gestione dell’attività e delle risorse umane sia allineata ed efficiente».