«Venezia non è un museo o un parco divertimenti»: i cittadini si ribellano al ticket d'ingresso

Il prezzo per entrare a Venezia, lo abbiamo detto, è aumentato. Per visitare la Serenissima, ora, si devono sborsare 10 euro. Per chi prenota in anticipo – ossia almeno quattro giorni prima della visita – il costo del ticket d'ingresso, invece, è ancora di cinque euro. Ma ad alcuni cittadini – sebbene non siano loro a dover pagare – questi prezzi non vanno proprio giù. E insistono sul fatto che Venezia debba essere una «città aperta», a cui sia possibile accedere gratuitamente.
Basandosi su questo principio, un gruppo di veneziani sta supportando il sito nocda.com ("No al contributo di accesso") che, sfruttando una delle falle del regolamento relativo al biglietto per visitare la città, offre ai turisti dei ticket gratuiti per poter accedere alla città. Ma come? Semplice. Il boicottaggio sfrutta la possibilità concessa ai cittadini di invitare un numero «illimitato» di conoscenti. Una definizione su cui c'è poca chiarezza.
Riavvolgendo il nastro, tra le persone che non devono pagare il ticket d'ingresso, oltre ai «conoscenti» degli abitanti di Venezia, ci sono anche le persone che dormono in albergo o in un Airbnb – dal momento che pagano già una tassa di soggiorno –, chi lavora in città, le persone con disabilità o chi deve sottoporsi a esami o visite mediche. Ma non solo. Oltre agli stessi abitanti, non pagano il biglietto neppure i loro parenti – fino al terzo grado – e nemmeno le persone residenti, più in generale, nel resto del Veneto. Tutte queste persone, tranne gli abitanti di Venezia e del Veneto, che possono semplicemente mostrare la carta d'identità – devono registrarsi sulla piattaforma e richiedere un codice QR.
Ma per chi non rientra in alcuna di queste categorie, c'è – al momento – lo stratagemma ideato dai cittadini. Cittadini che, come si legge sul sito Nocda, vogliono che Venezia continui a essere una città aperta. «Venezia non è un museo. Non si deve pagare per entrare in una città. Diventa amico di un veneziano e visita la città senza pagare nessun biglietto!», scrivono sulla piattaforma. In sostanza, i cittadini caricano sul sito i propri «codici». Ognuno di questi può essere scaricato – per ottenere un codice QR valido – da massimo dieci persone. Nel pomeriggio di giovedì, per fare un esempio, erano disponibili 228 codici: ciò significa che 2278 persone avrebbero potuto accedere gratuitamente alla città, sfruttando questo ingegnoso trucchetto.
Sul sito, nello specifico, è possibile sia richiedere un codice, come turista o visitatore, che donarlo, in qualità di cittadino. Le donazioni, dopotutto, sono anonime – e per questo vengono apprezzate da molti veneziani – per rispetto della privacy. Di conseguenza, ai «conoscenti» che visitano la città gratuitamente non può venire chiesto il nome della persona che li ha «invitati» a Venezia.
Come si legge sul Post, il sistema di «boicottaggio» funziona grazie ai cittadini volenterosi di donare i loro codici. Ma dietro alla creazione del sito, c'è Alessandro Tonin. Un ricercatore che «trova folle trattare Venezia come un parco divertimenti o come un museo a cielo aperto, accessibile solo dietro il pagamento di un biglietto». Secondo il ricercatore, al contrario, è possibile che il contributo di accesso «peggiori solamente le cose», dal momento che sembra «un modo per dire al mondo intero che Venezia non è più una città, ma un posto per turisti».
«I parchi divertimenti e i musei sono a pagamento, non le città. Noi viviamo a Venezia e vogliamo vivere in una città. Nessuno deve giustificarsi per il fatto di voler o dover venire a Venezia. Né i nostri amici né nessun altro», si legge sempre sul sito. «Invitare più persone possibili è un modo per mostrare all'amministrazione comunale che vogliamo continuare a vivere in una città e che il problema del turismo non si può risolvere distruggendo l'essenza stessa del vivere liberi». Come si legge sempre sul Post, secondo Tonini il ticket d'ingresso introdotto da Venezia crea un «precedente pericoloso» per molte altre città italiane, che potrebbero, in futuro, decidere di fare la stessa cosa. «Speriamo che questo sito possa far capire che questa è una misura assurda e i cittadini non la vogliono».