Società

Viaggio tra principesse tristi e regine ripudiate

L’autrice di «Amori reali» parla del fascino delle unioni fra teste coronate: «Miti infantili che si rinnovano» - Cinzia Giorgio: «Ma spesso nascondono un lato oscuro»
Diana mentre danza con John Travolta durante una cena alla Casa Bianca nel 1985.
Romina Borla
06.01.2019 15:01

Dalla passione di Cleopatra per Cesare all’affollato matrimonio di Caterina de’ Medici ed Enrico II. Dalla favola di Grace Kelly e Ranieri di Monaco (interrotta da un ictus) allo sfarzoso «royal wedding» di Harry e Meghan Markle, passando per la triste storia di Carlo e Diana. Senza dimenticare la liason tra Haakon di Norvegia e la «scandalosa» Mette-Marit o quella tra Vittoria di Svezia e il suo personal trainer, l’attuale marito. Le vicende amorose delle teste coronate ci piacciono da morire, da sempre. Come mai?

«È il sogno che si rinnova», osserva Cinzia Giorgio, autrice di un libro di recente pubblicazione intitolato «Amori reali» (Newton Compton editori). «Vi ricordate Cenerentola, Biancaneve e la Bella addormentata nel bosco? Il principe le salva, le sposa, poi “vissero felici e contenti”. Queste favole ci hanno accompagnato durante tutta l’infanzia. Ci si poteva identificare nella principessa, nel principe, addirittura nella matrigna invidiosa. Ecco, i matrimoni reali permettono di rivivere quei miti infantili-adolescenziali, trasportarli in un qualche modo nella realtà che si ammanta di poesia». Attenzione, però, a non cadere vittima della sindrome di Cenerentola. Spiega la nostra interlocutrice: «Studiata per la prima volta dalla psicoterapeuta americana Colette Dowling, si fonderebbe sulla segreta paura delle donne di essere indipendenti. Il complesso – infatti – prende il nome dal noto personaggio della fiaba e si basa sull’idea di femminilità lì tratteggiata in cui una ragazza aggraziata, educata e infaticabile è calunniata dalle altre e non è capace di cambiare la situazione da sola, con le risorse a sua disposizione. Così aspetta l’intervento di una forza esterna, di solito un maschio: il principe azzurro». L’immagine di femminilità veicolata dalle fiabe del passato – perché nel presente qualcosa sta cambiando, pensiamo a «Ribelle» o «Shrek» – è proprio quella di una donna in pericolo salvata dall’amore vero. «Così molte, anche da adulte, si fanno condizionare e si siedono ad aspettare l’uomo ideale che risolve loro la vita. Salvo poi rendersi conto, magari bruscamente, che devono farcela da sole». In ogni caso – sottolinea la scrittrice – tutti sono affascinati dal sogno d’amore, mica solo le donne. «Anche gli uomini immaginano una compagna ideale e una relazione idilliaca. Sognare è legittimo e la frustrazione non c’entra nulla».

Da sinistra: la principessa del Giappone Masako, il principe Naruhito, l’imperatore Akihito e l’imperatrice Michiko.
Da sinistra: la principessa del Giappone Masako, il principe Naruhito, l’imperatore Akihito e l’imperatrice Michiko.

L’importante – evidenzia Giorgio – è essere consapevoli che non è tutto oro quello che luccica. E anche storie apparentemente perfette nascondono spesso un lato oscuro, talvolta insopportabile. «Amori reali» racconta infatti la vita di numerose «principesse tristi» ovvero – spiega l’intervistata – donne che spesso si devono adeguare a protocolli considerati rigidi e soffocanti, a sistemi che non le accettano e magari le ripudiano, come è successo a Soraya. «Quando il “Corriere della sera” del 14 marzo 1958 annunciò la separazione di Soraya dallo Scià di Persia, Reza Pahlavi, i due erano innamoratissimi. Ma lei non riusciva a dargli figli. Per quanto lo Scià avesse tentato di cercare una soluzione di compromesso, non vi fu modo di evitare il ripudio. L’uomo scrisse di aver divorziato dalla donna che amava “con profondo turbamento”, indicando come unica ragione della separazione la mancanza di un erede al trono che Soraya non avrebbe mai potuto dargli. Il re non aveva avuto scelta».

È stata definita «principessa triste» pure Masako, destinata a diventare imperatrice del Giappone non appena l’abdicazione del suocero, l’attuale sovrano Akihito, diverrà ufficiale nel corso del 2019. Infelice – dice l’esperta – «perché imprigionata in un protocollo inflessibile che le ha tarpato le ali, negandole la libertà e le prospettive di una brillante carriera diplomatica. Dopo il parto, nel 2001, è rimasta lontana dai riflettori per tanto tempo. Nel 2004 il principe Naruhito dichiarò che la consorte soffriva di depressione, causata dalla difficoltà di adattarsi alla vita di Corte».

Mentre Vittoria di Svezia, da ragazza, è precipitata nella spirale dell’ansia e dei disordini alimentari. «Il motivo non è difficile da immaginare», commenta Giorgio. «Le pressioni del suo ruolo che incombevano, i paparazzi che la seguivano, la consapevolezza di non avere la libertà di gettare all’aria un destino già scritto». Poi è la volta di Diana, altra principessa triste e amatissima, il suo sventurato matrimonio con Carlo e il rapporto tormentato con i giornalisti fino alla morte, nell’agosto del 1997, a 36 anni, a causa di un incidente automobilistico a Parigi (sulla vettura c’era anche il compagno Dodi Al-Fayed). Comunque – sottolinea l’intervistata – è proprio l’emergere del lato umano che permette alla gente di identificarsi in queste principesse che sono prima di tutto donne.

Le unioni nate in seno alle Corti di un tempo nascevano da interessi politici, evidenzia Giorgio. Le donne erano pedine in balia delle rispettive famiglie e spesso facevano una brutta fine.

La nostra interlocutrice cita altre celebri coppie infelici del passato. Come quella che vede protagonista Caterina de’ Medici. «Moglie del re di Francia Enrico II, regnò per 30 anni al posto dei suoi figli maschi. Agli occhi dei francesi Caterina appariva come una straniera che per di più apparteneva a una famiglia italiana non del tutto nobile. Dal canto suo, Enrico II era legato a Diana di Poitier e Caterina fu costretta ad anni di umiliazioni, tra le quali anche assistere agli amplessi del marito con l’amante, perché non riusciva a dargli un erede».

Le unioni nate in seno alle Corti di un tempo nascevano da interessi politici, evidenzia Giorgio. Le donne erano pedine in balia delle rispettive famiglie e spesso facevano una brutta fine. «Pensiamo alle mogli di Enrico VIII, a partire da Caterina di Aragona. Quando nel 1525 il sovrano s’innamorò della cortigiana e dama di compagnia della consorte, Anna Bolena, riscrisse la storia. Anna era più giovane di lui, era bella e anche sfrontata. Enrico per lei, e per ragioni tutt’altro che romantiche, si staccò definitivamente alla Chiesa di Roma, che non gli aveva concesso il divorzio da Caterina di Aragona. Il re d’Inghilterra di mogli ne avrà in totale 6: ci aveva preso gusto a divorziare o a far giustiziare le malcapitate».

La sua prima proposta di matrimonio, invece, la «sfortunata» regina francese Maria Antonietta la ricevette nel 1762, a 7 anni. Lo spasimante – indica l’esperta – era Wolfgang Amadeus Mozart, che di anni ne aveva 6. «L’enfant prodige della musica, dopo essersi esibito dinnanzi all’imperatrice d’Austria Maria Teresa, era caduto dallo sgabello della spinetta e la giovane figlia della sovrana si era precipitata a dargli una mano. “Vero che sarò tuo marito?”, le avrebbe chiesto Mozart. La ragazzina avrebbe risposto: “Certo, tu e nessun altro!”. In realtà il 16 maggio 1770 la quattordicenne Maria Antonietta avrebbe sposato il futuro Luigi XVI e. insieme a lui. sarebbe finita ghigliottinata per decisione del Tribunale rivoluzionario nel 1793».

Rania e re Abdullah II di Giordania.
Rania e re Abdullah II di Giordania.

LE PREFERITE: «ADORO RANIA E CLEOPATRA»

Ora passiamo alle coppie più «belle» del saggio. Cinzia Giorgio non ha dubbi: quella composta da Rania e re Abdullah II di Giordania. «Perché si amano, lei è una tosta, i quattro figli sono sempre aggiornati, al loro posto, determinati. Rania ha un passato da manager (si è laureata in Gestione d’impresa all’Università americana al Cairo) e poteva essere fagocitata dal sistema reale, invece è diventata la manager del suo Paese. È considerata una delle donne più belle e carismatiche del mondo. È sempre al centro dell’attenzione per la sua classe innata. La sua discrezione è proverbiale. Abdullah l’aveva vista per la prima volta nel 1992 ad Amman, a casa della sorella Aisha, e ne era rimasto subito affascinato, tanto che aveva fatto il diavolo a quattro per riuscire a recuperare il suo numero di telefono. Quando la chiamò dovette rassicurarla sulle sue intenzioni».

Anche Giulio Cesare e Cleopatra sono piaciuti alla scrittrice: «La regina d’Egitto si presentò a lui in una maniera stravagante. Si dice che il servo di lei, Apollodoro, fosse entrato nel palazzo del faraone con alcuni tappeti come dono per il dittatore romano. Una volta giunto nell’appartamento di Cesare, srotolò il tappeto più grande da cui fuoriuscì Cleopatra, che s’infilò direttamente nel letto del generale romano. A quanto si diceva, la regina d’Egitto non era particolarmente bella, ma gli uomini pare che non se ne accorgessero poiché era molto sensuale e intelligente».

Vittoria di Svezia col suo sposo.
Vittoria di Svezia col suo sposo.

Romantica, poi, la storia d’amore della citata Vittoria, principessa ereditaria di Svezia, con il suo personal trainer, Daniel Westling. «Del giorno del loro matrimonio i sudditi svedesi hanno dichiarato di ricordare soprattutto il suo sorriso raggiante all’ingresso nella cattedrale di Stoccolma al braccio del padre, re Gustavo. “Grazie, popolo di Svezia, per avermi regalato il mio principe”, avrebbe dichiarato, commossa, alla fine della cerimonia».

Infine Giorgio ricorda la favola di Grace e Ranieri: «Nel 1956, dopo un corteggiamento durato un anno, il principe di un piccolo ma ricchissimo Stato europeo sposò l’attrice americana. Si stima che il matrimonio sia stato visto da oltre 30 milioni di telespettatori in diretta televisiva ed è stato descritto dal biografo Robert Lacey come “il primo evento moderno a generare un eccessivo uso dei media”. Grace ha dovuto interrompere la sua carriera nel cinema, ma svolse con zelo i suoi doveri di principessa e si occupò di filantropia finché la colse un ictus nel 1982».

PER UN MUCCHIO DI DOLLARI

Non solo gli amori dei regnanti tengono incollati agli schermi di Tv e smartphone milioni di persone. Pensiamo alla relazione tra il rapper Fedez e Chiara Ferragni, l’influencer più in vista della moda (secondo «Forbes»), postata in tempo reale sui social, matrimonio compreso. Celebrato il 1. settembre a Noto, in Sicilia, ha avuto un «valore mediatico» almeno doppio rispetto al «royal wedding» del principe Harry e Meghan. I conti li ha fatti Launchmetrics e sono stati riportati da vari media italiani. La società di marketing e analisi dati ha ideato un algoritmo, il Media impact value (MIV), che si propone di trasformare la diffusione di contenuti in Rete e le interazioni tra gli utenti in un valore economico. Il matrimonio dei «Ferragnez», grazie ai 67 milioni di interazioni dei post, avrebbe così generato un MIV di 36 milioni di dollari, circa il doppio rispetto a quello della duchessa del Sussex. «Ferragni e Fedez sono diventati dei modelli», commenta Cinzia Giorgio. «Grazie al Web sono riusciti ad imporre il loro stile e la loro personalità senza un titolo nobiliare. Passano la vita ad inseguire i giornalisti, non a fuggirli come faceva Lady D. Al di là dei dubbi e delle critiche, si tratta di un fenomeno interessante da studiare».