L’intervista

Viktor Orbán e il sogno di una leadership forte

L’ex direttore dell’ANSA Giampiero Gramaglia spiega il significato delle mosse «autonome» e azzardate del leader ungherese
© EPA/JIM LO SCALZO
Matteo Galasso
11.07.2024 06:00

«Viktor Orbán ha voluto dimostrare che un dialogo con Vladimir Putin è possibile». Ma lo ha fatto, da presidente di turno del Consiglio dell’UE, senza il mandato dei Paesi membri. Anzi: contro il parere di tutti gli altri Stati europei. Secondo Giampiero Gramaglia, già direttore dell’ANSA e dell’Istituto Affari Internazionali (IAI), «Orbán ha voluto dimostrare capacità di iniziativa autonoma e non è il primo leader occidentale a comportarsi così. Nella NATO, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avuto comportamenti analoghi, avendo mediato con Putin e ottenuto, pochi mesi dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, la pace del grano tra Kiev e Mosca».

Il punto è che la retorica di Orbán appare in forte contrasto con i princìpi di solidarietà e integrazione dell’UE. E funzionale a una precisa strategia politica: porsi come leader della destra europea. Non a caso, sottolinea al CdT Gramaglia, Orbán «ha sottratto peso ai conservatori ed emarginato i neonazisti di Alternative für Deutschland (AfD) costruendo nel Parlamento europeo il gruppo dei “Patrioti”, nel quale sono confluite le forze che prima appartenevano a Identità e Democrazia, ma anche alcuni conservatori vicini a Giorgia Meloni, in particolare gli spagnoli di Vox. Quello di Orbán sarà il terzo gruppo per numero di seggi e il premier ungherese ne diventa il punto di riferimento politico, nonostante i deputati magiari non siano la forza maggiore».

Leader della destra antieuropea e, nello stesso tempo, per via del principio di rotazione, a capo del Consiglio dell’Unione della quale vorrebbe essere il rappresentante accreditato. Una posizione praticamente impossibile, così come testimoniano le proteste di singoli governi e della stessa presidente della Commissione Ursula von der Leyen. «Non è la prima volta che accade - fa però notare Gramaglia -, lo hanno fatto in passato altri capi di Stato e di Governo quando il loro Paese ha avuto la presidenza di turno. L’ultimo premier italiano il cui mandato ha coinciso con il semestre di presidenza dell’UE, Matteo Renzi, affermò molte volte di parlare da presidente dell’Unione europea anche senza averne esplicito mandato. Orbán è andato a trovare Vladimir Putin e Xi Jinping giocando sull’ambiguità del  ruolo e lasciando intendere di parlare a nome dell’Europa». Di fronte alle proteste degli alleati, tuttavia, nelle ultime ore il Governo ungherese ha ribadito come le missioni di Orbán fossero, in realtà, a titolo personale.

Resta poi il fatto che il primo ministro ungherese è stato l’unico a votare contro la rielezione di von der Leyen alla presidenza della Commissione, relegandosi all’opposizione del «sistema Europa».

«Un atteggiamento - dice Gramaglia - che rivela la sua volontà di creare un polo alternativo all’alleanza maggioritaria tra popolari, socialisti e liberali». La presidenza di turno dell’UE, nonostante gli avvertimenti e i moniti lanciati contro Budapest, potrebbe in ogni caso avere effetti concreti. «La responsabilità principale di un Paese che assume la presidenza semestrale del Consiglio dell’UE - spiega infatti l’ex presidente dell’IAI - è l’organizzazione dei lavori dei Consigli dei ministri, ad eccezione di quelli degli Affari esteri e dell’Economia, che hanno presidenti fissi (l’Alto Rappresentante per gli Affari esteri e il presidente dell'Eurogruppo, ndr). Questa posizione consente di influenzare l’agenda dell’UE, portando in primo piano dossier di interesse nazionale e relegando quelli meno prioritari. Ad esempio, l’Ungheria potrebbe non incentivare i negoziati per l’adesione dell’Ucraina, considerandoli non prioritari. La presidenza - aggiunge Gramaglia - permette poi di dare maggiore priorità ad alcuni dossier ignorati nel semestre precedente o potenzialmente malvisti da chi deve succedere nei successivi sei mesi. Va comunque sottolineato che dal 2009, con l’istituzione di un presidente del Consiglio europeo (il prossimo sarà il portoghese António Luís Santos da Costa, ndr), i Paesi che a turno si alternano alla guida dell’Unione non possono più modificare significativamente i ritmi delle decisioni, piuttosto ritardarle». Gramaglia non crede infine a una possibile «rimozione dell’Ungheria dalla presidenza UE». Una posizione che  Viktor Orbán, dice, «continuerà in ogni caso a sfruttare, soprattutto in politica estera, per aumentare la sua visibilità e quella del suo Paese».