Il commento

Vita nei boschi, ascesi con tutti i confort?

Cosa intendete per buen retiro nella natura? Una vita più semplice e modesta o la fuga in chalet con termopompa e Netflix?
Il contatto con la natura dà energia e gioia, ma siam tutti bravi a fare Heidi e Peter o il buon selvaggio nello chalet con la termopompa, la tv satellitare e vista imprendibile sulle Alpi. © Cdt
Carlo Silini
17.10.2020 06:00

Guardi film (in alternativa leggi libri) che narrano di uomini o donne che si infrattano in un bosco per voltar pagina e carezzi l’idea che forse dovresti farlo anche tu, una buona volta.

“Ad un certo punto”, spiega Tiziano Fratus, uno che si è rigenerato tra le sequoie in California e oggi pratica la meditazione nei boschi (vedi il CorrierePiù), “ho capito che preferivo dedicarmi a qualcosa di meglio che la competizione e adattarmi ai comportamenti generali, e così mi sono “inforestato”, come dico, anche ironicamente”. Lì, lo scrittore ha scoperto una terra dello spirito e si è messo a indagare sulle imprese dei primi avventurieri, i taglialegna, i cacciatori di grizzly, i guardiaparco, e in generale di tutti gli amanti della natura che si sono battuti per tutelare quell’ambiente solenne e incontaminato inventando l’istituzione della riserva naturale così come la conosciamo oggi.

«Andai nei boschi - scriveva un secolo e mezzo prima Henry David Thoreau, nel suo celebre Walden ovvero Vita nei boschi - perché desideravo vivere con saggezza, affrontando solo i fatti essenziali della vita, per vedere se non fossi riuscito a imparare quanto essa aveva da insegnarmi e per non dover scoprire in punto di morte di non aver vissuto”.

Volevo vivere profondamente, succhiare tutto il midollo di essa, volevo vivere da gagliardo spartano, per sbaragliare ciò che vita non era

Le sue motivazioni erano filosoficamente cogenti: “Non volevo vivere quella che non era una vita a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, succhiare tutto il midollo di essa, volevo vivere da gagliardo spartano, per sbaragliare ciò che vita non era, falciare ampio e raso terra e riporre la vita lì, in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici.»

Fantastico. Chiudi gli occhi, respiri profondamente, e quasi quasi ti senti lì con loro, tra le fronde, già rinvigorito dall’aria balsamica di un paradiso autentico, puro e duro: un mondo migliore.

Poi finisce il film, chiudi il libro, e ti chiedi se la fascinazione quasi irresistibile per la vita silvestre non sia un desiderio ipocrita. Ti domandi se, in realtà, quello dell’isolamento nella natura non sia un mito buono per gli orsi, veri e metaforici, gli eremiti e gli asociali. Perché, tempo qualche giorno, e quella vita senza il bip delle notifiche, l’accesso wifi e la serie di Netflix, rischia di apparirti un incubo. Questo, senza neppure tirare in ballo le formiche rosse, i ragni, la pioggia che filtra nella capanna di acero e i vestiti di fustagno che puzzano di fumo e altri effetti collaterali dell’inforestamento.

Perché siam tutti bravi a fare Heidi e Peter o il buon selvaggio nello chalet con la termopompa, la tv satellitare e vista imprendibile sulle Alpi. Chiedetelo alle generazioni di vallerani che nei decenni scorsi, appena hanno potuto, sono scappati verso il piano nel frastuono dei treni e delle autostrade e nello smog dei TIR, quanto era zen la vita in valle. Evitiamoci pietose bugie. È piuttosto agevole trovare la pace delle foreste nei resort a quattro stelle, molto più arduo farlo dentro un’autentica economia rurale, nella quale il lavoro delle tue mani serve giusto per vivere e a volte appena per sopravvivere.

Chiedetelo alle generazioni di vallerani che nei decenni scorsi, appena hanno potuto, sono scappati verso il piano, abbracciando il frastuono dei treni e delle autostrade e lo smog dei TIR, quanto era zen la vita in valle

Se davvero vogliamo portar rispetto alla cultura della montagna (o delle foreste primordiali) e alle fatiche dei loro abitanti “normali” non dimentichiamolo mai. Adoriamo le passeggiate con lo zainetto in spalla lungo i sentieri della strada alta, la vacanza nel rustico, la polenta concia e le corse in pineta. Sono pause salutari che certamente ci aiutano anche ad armonizzarci col pino mugo, il capriolo e il cristallo di quarzo.

Ma se decidiamo di “inforestarci” sul serio, procediamo con la radicalità e la coerenza di Tiziano Fratus e di Henry David Thoreau, che davvero per farsi uno con la natura hanno saputo rinunciare allo scintillio e alle comodità della società in cui vivevano. Spogliarsi di se stessi e delle proprie sicurezze per entrare nel flusso e nella logica senza sconti della natura è un cammino di ascesi; comporta determinazione, amore del silenzio, indipendenza dagli agi, un certo grado di selvaticità, capacità di sacrificio.

Se è un mordi e fuggi di completo benessere è solo un lusso in più, come un weekend a Parigi, la SPA e l’ultimo modello di scarpe da trekking comprato in boutique.