Processo

«Voleva soddisfare le sue pulsioni, anche contro la volontà della vittima»

Alla sbarra un 23.enne del Bellinzonese che deve rispondere di violenza carnale e coazione e che si professa innocente — Per l'accusa sapeva esattamente cosa stava facendo — La difesa parlerà nel pomeriggio
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Irene Solari
11.02.2025 12:33

«Non ha fatto altro che soddisfare le proprie pulsioni sessuali mentre era perfettamente a conoscenza del mancato consenso della vittima, ribadito più volte. Le ha fatto subire un rapporto contro la sua volontà, ledendo profondamente la sua libertà». Così la procuratrice pubblica Anna Fumagalli nei confronti del 23.enne del Bellinzonese comparso questa mattina davanti alle Assise criminali per rispondere di violenza carnale e coazione nei confronti di una giovane donna, sua amica d'infanzia. La pp nella sua requisitoria ha chiesto per l'uomo una pena di 42 mesi di detenzione interamente da scontare (dedotto il periodo di carcerazione preventiva già sofferto), oltre a 8 mila franchi a titolo di risarcimento per torto morale.

La difesa, rappresentata dall'avocato Niccolò Giovanettina, parlerà nel pomeriggio.

I fatti

I fatti al centro del processo risalgono al febbraio 2023, dopo una nottata passata al carnevale e trascorsa separatamente con i rispettivi amici, dove i due si erano incontrati brevemente. Alle prime luci dell'alba l'imputato aveva poi contatto la donna e si era presentato sotto casa sua, «solo per parlare e fumare una sigaretta», ha ribadito l'uomo davanti alla Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. I due erano poi saliti sulla macchina di lui e a quel punto erano cominciati gli approcci. Prima un bacio, poi toccamenti, fino ad arrivare al vero e proprio rapporto intimo «contro la volontà della vittima», secondo quanto ricostruito dall'accusa. 

«Era consenziente»

Delle circostanze - quelle dell'approccio e del successivo rapporto sessuale in macchina - che in aula sono state ammesse dall'imputato, ma che secondo lui sarebbero «avvenute in modo consensuale». «Non c'è stata alcuna violenza», ha ribadito l'uomo, professandosi a più riprese innocente davanti al giudice, mentre rispondeva alle domande che gli venivano poste. Risposte che, tuttavia, non hanno convinto pienamente la Corte.

«Tante versioni diverse»

«Ogni volta, nelle sue dichiarazioni, cambia versione su quanto successo quella notte. E aggiunge dei dettagli in più che vanno a migliorare la sua posizione ogni qualvolta viene smentito», ha sottolineato Pagnamenta rivolgendosi all'imputato. «Ci sono sempre tanti 'non lo so' nei suoi racconti e nelle sue risposte, oltre a tante contraddizioni. Questo tipo di processi si giocano sulla credibilità e diciamo che la sua non brilla», ha aggiunto il giudice.

«Mente in continuazione»

Un concetto ribadito anche dalla pp Anna Fumagalli: «L'imputato mente. Mente in continuazione. Lo ha fatto durante tutta l'inchiesta, pensando solo al proprio interesse e a come poter migliorare la propria posizione con continui cambi di versione». A mente della pp i racconti dell'imputato, in sostanza, sono poco chiari e contraddittori e «risultano poco credibili». Al contrario quelli resi dalla vittima sono sempre stati chiari, lineari e coerenti. «Non ha mai cambiato versione e tutto trova corrispondenza anche in quanto confidato agli amici e alla madre poco dopo la violenza. Oltre agli esiti delle visite mediche effettuate subito dopo i fatti e che dimostrano come la vittima non fosse pronta e non volesse quel rapporto, tesi invece sostenuta dall'imputato». 

«Ha approfittato della sua fiducia»

«Nulla permetteva alla vittima di immaginare quanto sarebbe avvenuto quella notte», ha proseguito ancora la pp nella sua requisitoria. «Erano amici e avevano un buon rapporto fin dall'infanzia, lei si fidava di lui. Ed proprio di questa fiducia che l'imputato si è approfittato, con premeditazione, per violarla sia fisicamente che psicologicamente anche se lei, fin dal primo momento, si è opposta dicendo di non volere nessun tipo di approccio e allontanandolo con le mani. Ma lui è andato avanti». L'accusa ha anche sottolineato che, a seguito di questa violenza, la giovane ha riportato un disturbo da stress post traumatico, tipico di casi come una violenza sessuale, «per il quale si sono rese necessarie cure psicologiche e psichiatriche» e che le ha anche impedito di lavorare per un anno.

I messaggi di scuse 

Un altro elemento di peso, a mente della pp, sono i chiari messaggi di scuse che l'imputato ha inviato alla donna qualche ora dopo il loro incontro e che sono stati letti in aula. «Lui si scusa profondamente e a più riprese per quello che ha fatto. Ma se fosse stato un rapporto consenziente interrotto a un certo punto dalla donna in modo brusco, non sarebbe stata al massimo lei a doversi scusare? No, il fatto sia lui a scusarsi è un chiaro segno che sa che cosa le ha fatto subire. Quei messaggi non lasciano spazio ad altre interpretazioni».