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Così il ministro degli Esteri cinese si è espresso in merito alla proposta del presidente americano di prendere il controllo della Striscia – TUTTI GLI AGGIORNAMENTI
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23:19
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Gli ostaggi liberati a Netanyahu: «Il cessate il fuoco continui per liberare tutti gli altri»
Un gruppo di oltre 50 ex ostaggi di Hamas ha inviato una lettera al premier Benyamin Netanyahu chiedendo a Israele di continuare con l'accordo di cessate il fuoco in modo che i prigionieri rimasti a Gaza possano tornare a casa. Lo riferisce il Times of Israel.
«Noi, che siamo stati rapiti durante il massacro del 7 ottobre, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle l'inferno da cui i nostri cari devono ancora tornare. Abbiamo visto l'oscurità, sentito gli orrori, respirato la paura», scrivono gli ostaggi liberati. «Sappiamo e non stiamo [solo] descrivendo cosa stanno attraversando gli ostaggi rimasti. Torture brutali, fame umiliante, malattie senza cure, solitudine abissale: questa è la loro realtà in questi momenti. Ogni minuto che è l'inferno, ogni momento in più è una potenziale condanna a morte», scrivono. Gli ex prigionieri esortano il premier a dare priorità al ritorno degli ostaggi rispetto alla ripresa dei combattimenti, affermando che dall'accordo di tregua di una settimana del novembre 2023 «sono stati assassinati più ostaggi di quanti ne siano stati salvati nelle operazioni militari».
«Israele è stata fondata per difendere il popolo ebraico, ma il 7 ottobre ha fallito», continuano. «L'unico modo per iniziare a espiare questo clamoroso fallimento è riportare a casa tutti gli ostaggi, i vivi per la riabilitazione e i morti per una degna sepoltura nel suolo di Israele. Questa potrebbe essere l'ultima possibilità», concludono gli ostaggi rilasciati.
23:03
23:03
Il leader siriano Ahmad Sharaa agli alawiti: «Arrendetevi prima che sia troppo tardi»
Il leader siriano Ahmad Sharaa (Jolani) ha esortato questa sera gli insorti della minoranza alawita del deposto presidente Bashar al-Assad a deporre le armi «prima che sia troppo tardi» dopo che secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, almeno 162 civili del gruppo sciita sono stati uccisi dalle forze di sicurezza.
Sharaa ha anche promesso di «continuare a lavorare per il monopolio delle armi nelle mani dello Stato e non ci saranno più armi non regolamentate». «Avete attaccato tutti i siriani e commesso un errore imperdonabile. Deponete le armi e arrendetevi prima che sia troppo tardi», ha detto.
21:12
21:12
Siria nel caos: strage nella comunità alawita
Esecuzioni di massa, lanci di barili-bomba dagli elicotteri, rastrellamenti casa per casa, abitazioni date alle fiamme: sono almeno 150 le persone uccise, tra cui una ventina di civili inclusi donne, anziani e bambini, nei pogrom commessi da miliziani jihadisti filogovernativi, siriani ma anche stranieri, nella regione costiera siriana di Latakia e nell'entroterra centrale di Hama contro località abitate da alawiti, la comunità sciita da decenni identificata col deposto regime incarnato per più di mezzo secolo dalla famiglia Assad.
La triste conta dei morti ricorda i macabri bollettini di sangue che dal marzo di quattordici anni fa e per diversi anni hanno affollato le cronache dai teatri della repressione dell'allora regime di Assad contro la rivolta popolare scoppiata nel 2011. Persino i barili-bomba, a lungo usati dagli elicotteri militari di Assad contro i civili delle zone a maggioranza sunnita, sono stati lanciati da elicotteri guidati da jihadisti sunniti contro località alawite della costa.
Come una nemesi da più parti temuta, la violenza si è oggi scatenata in tutta la sua virulenza nelle campagne di Latakia, porto siriano sul Mediterraneo, nella cittadina costiera di Baniyas e nella valle dell'Oronte, a ovest di Hama. Da queste località sono giunti - e continuano a giungere - filmati scioccanti, la cui autenticità è stata verificata e in cui si vedono decine di corpi di uomini in abiti civili ammassati a terra e crivellati di colpi di arma da fuoco. Alcune donne, a terra, disperate, urlano sui cadaveri dei loro figli, mariti e fratelli.
I massacri più cruenti, di cui si hanno finora prove documentarie, si sono registrati a Mukhtariye (Latakia) e a Arze (Hama). Qui una folla inferocita ha accompagnato i jihadisti filogovernativi all'interno del villaggio lanciando slogan religiosi contro gli alawiti. Sullo sfondo, come hanno mostrato alcuni video, colonne di fumo nero si levavano dalle case del villaggio date alle fiamme.
Le violenze sono scoppiate ieri dopo un agguato teso da alcuni miliziani alawiti contro una pattuglia di armati governativi nella zona di Latakia. Da allora è cominciata una vera e propria caccia al «membro del regime», trasformatasi in poche ore in una campagna di uccisioni e violazioni incriminate.
Una pioggia di necrologi ha affollato i profili delle reti sociali di abitanti di Baniyas e di altre località della costa. Si annuncia il «martirio» di intere famiglie, composte da un uomo - accusato di esser stato membro del regime - e dai suoi familiari. In almeno quattro casi, il capo famiglia è stato ucciso assieme alla moglie e ai figli. In altri due casi, un giovane alawita è stato ucciso assieme ai genitori e alla sorella. Alcune vittime appartengono a famiglie alawite note per esser state a lungo oppositrici del regime di Assad. In certi casi, sono stati uccisi alawiti fratelli o padri di altri alawiti morti sotto tortura nelle famigerate carceri del potere, dissoltosi l'8 dicembre scorso dopo 54 anni di sistematiche violenze a sfondo confessionale.
Come un'altra inquietante analogia col passato, è rimasto finora in un assordante silenzio l'autoproclamato presidente siriano Ahmed al-Sharaa, conosciuto comunemente come Abu Mohammed al-Jolani, che aveva preso il potere proprio al termine di un'offensiva lampo, condotta con la sua coalizione jihadista sostenuta dalla Turchia. Gli autori delle violenze appartengono alle milizie legate ad al-Sharaa. E mentre SyriaTv, un'emittente nelle ultime settimane diventata il megafono del nuovo governo, ha riferito, citando la Rete siriana per i diritti umani, di «violazioni pericolose che hanno accompagnato le operazioni militari nella costa», il ministero della difesa di Damasco si è limitato a dire che gli obiettivi delle operazioni sono stati raggiunti, invitando i combattenti a non prendere di mira «i civili e le loro proprietà».
20:59
20:59
Trump all'Iran: «Accordo sul nucleare o vi colpiremo»
Il presidente statunitense Donald Trump apre ufficialmente anche il fronte iraniano e annuncia di aver mandato una lettera a Teheran per proporre negoziati volti a impedirgli di sviluppare armi nucleari, minacciando un intervento militare.
«Ho scritto loro una lettera dicendo che spero che negozino perché, se dovessimo attaccare militarmente, sarebbe una cosa terribile per loro», ha detto il presidente americano nel corso di un'intervista al canale televisivo Fox Business Network. «Non si può permettere loro di avere armi nucleari», ha aggiunto, specificando di aver scritto giovedì alla Guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei.
La missione iraniana presso l'Onu ha reso noto di non essere a conoscenza di alcuna lettera di Trump, ma questo non significa necessariamente che non sia stata scritta. Dal suo ritorno al potere a gennaio, l'inquilino della Casa Bianca si è dichiarato favorevole ai negoziati con l'Iran per regolamentare il suo programma nucleare. Ma ha anche inasprito le sanzioni contro Teheran, prendendo di mira specificamente le vendite di petrolio iraniano. Ha inoltre ripristinato la cosiddetta politica di massima pressione, già attuata durante il suo primo mandato, allo scopo di indebolire economicamente il paese e isolarlo sulla scena internazionale.
L'apertura di Trump potrebbe non essere accolta positivamente da Israele, che lo scorso anno ha condotto attacchi all'interno dell'Iran. Per portare a termine la sua scommessa, il magnate conta anche sulla sponda di Mosca, alleato di Teheran, sullo sfondo di una partita più ampia che coinvolge anche l'Ucraina.
In un'intervista all'agenzia di stampa France-Presse (Afp), condotta prima della mossa del comandante in capo, il ministro degli esteri iraniano Abbas Araghchi ha affermato che l'Iran non riprenderà i negoziati con Washington sul suo programma nucleare finché il presidente Trump manterrà la sua politica di massima pressione.
«Non avvieremo negoziati diretti con gli Stati Uniti finché continueranno con la loro politica di massima pressione e le loro minacce», ha avvisato Araghchi. Il capo della diplomazia iraniana ha inoltre assicurato che il programma nucleare del suo paese «non può essere distrutto» da un attacco militare e ha messo in guardia che un attacco israeliano all'Iran innescherebbe una «conflagrazione generale» in Medio Oriente.
Nell'intervista rilasciata a Fox Business Network, Trump assicura che ci sono due modi per porre fine allo sviluppo di armi nucleari da parte dell'Iran: «Militarmente o tramite un accordo». «Preferirei raggiungere un accordo perché non voglio danneggiare l'Iran», ha spiegato.
Il presidente americano ha anche dichiarato il 5 febbraio di essere a favore di un accordo di pace con l'Iran, nemico giurato degli Stati Uniti sin dalla Rivoluzione islamica del 1979. Ma l'Iran non può «avere armi nucleari», ha insistito. Elon Musk, consigliere del presidente, avrebbe incontrato l'ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite subito dopo l'elezione di Trump per fargli sapere che vuole calmare le acque. Ma Steve Witkoff, l'inviato degli USA per il Medio Oriente, ha detto di non essere a conoscenza di alcun contatto diretto con l'Iran.
Il braccio teso verso Teheran arriva in un momento in cui il paese appare molto indebolito, avendo subito diverse battute d'arresto nella regione dopo l'attacco del movimento islamista Hamas a Israele del 7 ottobre 2023. Israele ha devastato le difese aeree iraniane ed eliminato i leader di due dei suoi alleati, Hamas a Gaza e l'organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista Hezbollah in Libano. E il suo principale alleato regionale, Bashar al-Assad, è stato estromesso dal potere in Siria a dicembre dai combattenti islamisti sunniti.
17:28
17:28
«147 morti negli scontri nella regione costiera della Siria»
Sale a 147 uccisi in poco più di 24 ore il bilancio dei sanguinosi scontri in Siria tra forze governative e uomini armati della regione costiera, descritti come membri delle forze di sicurezza del deposto regime.
Lo riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui le forze governative sunnite hanno giustiziato sommariamente decine di miliziani alawiti - branca dello sciismo a cui appartengono i clan per decenni al potere in Siria - nelle località costiere siriane della regione di Latakia. Tra le file dei governativi si contano, secondo l'Osservatorio, 37 uccisi.
14:26
14:26
Una delegazione di Hamas al Cairo per avviare la seconda fase su Gaza
«Una delegazione di leader di Hamas arriva al Cairo per discutere le misure per attuare l'accordo di cessate il fuoco a Gaza e avviare la seconda fase dei negoziati»: lo scrive su X la tv pubblica egiziana al-Qaera citando l'Ufficio stampa del governo egiziano.
«L'Egitto conduce intesi contatti con tutte le parti per accelerare la seconda fase della tregua», scrive ancora la tv rivelando che le «intense riunioni egiziane con i leader di Hamas e (i) contatti con Stati Uniti e Qatar mirano a finalizzare l'accordo di cessate il fuoco e a entrare nella seconda fase». «Gli sforzi congiunti di Egitto e Qatar mirano a fornire le garanzie necessarie per passare alla seconda fase dell'accordo di cessate il fuoco a Gaza», precisa ancora al-Qaera.
13:47
13:47
Lascia il portavoce dell'IDF
Il portavoce capo delle Forze di difesa israeliane (IDF), il contrammiraglio Daniel Hagari diventato popolare per il suo rapporto con i media durante la guerra, terminerà il suo ruolo nelle prossime settimane e si ritirerà dall'esercito. Lo riferisce il «Times of Israel citando l'IDF che parla di una decisione »concordata« con il nuovo capo di Stato maggiore Eyal Zamir.
Viene tuttavia interpretato da più parti come un licenziamento di fatto, dato che Hagari non ha ricevuto una promozione per il suo lavoro come portavoce durante la guerra.
La maggior parte dei portavoce dell'IDF restano in carica per due anni. Hagari ha assunto il ruolo a marzo 2023 e si prevedeva che l'incarico sarebbe anche per lui durato per un periodo analogo.
Resta tuttavia il fatto che, nonostante fosse diventato un portavoce popolare tra il pubblico, è trapelato che Hagari avrebbe avuto scontri con i vertici politici, in particolare il ministro della difesa Israel Katz, Si pensa anche per questo - scrive il giornale israeliano - che Katz non abbia firmato la promozione di Hagari.
11:36
11:36
Hamas avverte: «Nuovi raid di Israele sono un rischio per gli ostaggi»
Hamas avverte che nuovi attacchi israeliani a Gaza metteranno in pericolo la vita degli ostaggi ancora nella Striscia. Lo riferisce al-Jazeera, ricordando che si ritiene siano 24 gli israeliani rapiti il 7 ottobre 2023 ancora in vita e 35 quelli deceduti.
L'avvertimento arriva mentre sono fermi i negoziati tra Hamas e Israele per passare alla fase due dell'accordo sul cessate il fuoco raggiunto a gennaio.
10:42
10:42
Siria: rinforzi militari e coprifuoco nelle regioni costiere
Dopo sanguinosi scontri, senza precedenti dal dicembre scorso, avvenuti nelle ultime ore tra miliziani alawiti e armati governativi nella zona costiera siriana di Latakia, le forze di Damasco si sono dispiegate in maniera massiccia nei distretti di Tartus, Jabla e Latakia per condurre operazioni contro quelli che vengono definiti «membri del passato regime».
A Tartus è stato prolungato il coprifuoco fino alle 12.00 locali, le 10.00 in Svizzera.
Anche l'autostrada Latakia-Aleppo è di fatto bloccata da una serie di posti di blocco dei governativi.
Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), negli scontri di ieri sono stati uccisi circa 70 persone tra miliziani alawiti della zona di Jabla e armati governativi sunniti.
07:00
07:00
Il punto alle 7.00
«Gaza è dei palestinesi: cambiare il suo status con la forza non porterà la pace ma solo nuovo caos». È quanto ha detto il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, in merito alla proposta del presidente americano Donald Trump di prendere il controllo della Striscia. «Bisogna lavorare alla soluzione dei due Stati», ha affermato Wang in una conferenza stampa a margine dei lavori del Congresso nazionale del popolo. «Senza pace in Medio Oriente non c'è stabilità nel mondo», ha aggiunto.
Intanto, violenti scontri nel nordovest della Siria tra membri delle forze di sicurezza e combattenti 'leali' al deposto presidente Bashar al-Assad hanno causato più di 70 morti, afferma l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr). «Più di 70 persone sono state uccise e decine ferite o catturate in sanguinosi scontri e imboscate sulla costa siriana tra membri dei ministeri della Difesa e dell'Interno e militanti dell'esercito del defunto regime», ha riferito su X l'organizzazione con sede nel Regno Unito e che dispone di una vasta rete di fonti in Siria. Secondo il Sohr, gli scontri nella città di Jableh e nei villaggi vicino alla costa del Mediterraneo sono «gli attacchi più violenti contro le nuove autorità dalla caduta di Assad» a dicembre.