Lugano

Zone 30: o la va o la spacca

Valenzano Rossi senza mezzi termini: «Non ritireremo il messaggio, il Consiglio comunale prenda una decisione politica»
© CdT/Gabriele Putzu

Passino le modifiche, passi la riduzione del credito, ma un rifiuto senza spiegarne il vero motivo no, per Karin Valenzano Rossi non può passare. La capodicastero prende posizione sul progetto di ampliare la rete delle zone 30 e 20 a Luganouscito malconcio dall’esame di due commissioni. L’Edilizia chiede al Municipio di ritirarlo e analizzare la situazione di ogni singolo quartiere, la maggioranza della Gestione lo boccia e la minoranza lo sostiene diminuendo il budget da 2,7 a 2,1 milioni. Fa discutere, tra le altre cose, il costo dei totem che indicano l’entrata delle Zone 30. «Al Municipio – dice Valenzano Rossi – va bene sostituire solo quelli che pongono problemi di sicurezza: avremo ‘una scarpa e una ciabatta’ – cioè un misto di totem vecchi e nuovi, ndr – ma fa niente. Siamo d’accordo anche a non stanziare i 410 mila franchi pensati per far fronte a situazioni e richieste imprevedibili: se ci sarà un superamento della spesa, torneremo in Consiglio comunale». L’Esecutivo dovrebbe quindi allinearsi alla minoranza della Gestione, ma basterà per avere i numeri? Probabilmente no.

«Non promuoviamo il progetto perché abbiamo un’ideologia trenta generalizzata» sottolinea la capodicastero. «Lo facciamo in modo pragmatico e moderato per la sicurezza: un’esigenza che viene sollevata tutte le volte che incontro le Commissioni di quartiere. Succede, per fare qualche esempio, a Villa Luganese, Cadro, Viganello, Barbengo, in Val Colla, a Breganzona, in Centro, a Carabbia, Gandria... È un tema che torna sempre». A proposito di quartieri, Valenzano Rossi fa notare come l’analisi chiesta dall’Edilizia, la Città l’abbia già fatta. «Se ne sono occupate in modo accurato la Divisione pianificazione, ambiente e mobilità, la Divisione servizi urbani e la Polizia con una pianificazione accurata sul territorio: negarlo significa non dare fiducia ai servizi comunali». Il punto però, per la municipale, è un altro. E tocca il più ampio dibattito fra chi promuove la mobilità sostenibile (anche a favore dei pedoni, come in questo caso) e chi ritiene alcune scelte troppo estreme e punitive nei confronti degli automobilisti. «Che il principio delle Zone 30 possa non piacere, lo capisco, ma dal Consiglio comunale abbiamo bisogno di un indirizzo politico: se la maggioranza non vuole creare queste aree deve dirlo, senza la scusa dei totem. Serve chiarezza, senza nascondersi». O astenersi, come sta pensando di fare il PLR. «Mi spiace molto per questa posizione» osserva la sua municipale. «La scorsa legislatura il gruppo si stava muovendo in modo diverso, proponendo la riduzione dei costi dei totem».

Domanda a bruciapelo: sapete qual è stata la prima Zona 30 di Lugano e in che anno è stata introdotta? Siamo nel quartiere di Montarina, nel 1997. L’idea è nata da un gruppo di mamme, che accompagnava a piedi i figli all’asilo Stabile. Il discorso sulla sicurezza del tragitto casa-scuola era diventato all’ordine del giorno: sebbene la zona di Montarina fosse tranquilla e non tra le più trafficate, le auto potevano sbucare all’improvviso e l’assenza di strisce pedonali in quell’area destava qualche preoccupazione in più ai genitori. Senza parlare di chi, arrivando da via Besso, doveva attraversare via Sorengo e altri punti decisamente più trafficati. «In quegli anni l’Associazione traffico e ambiente (ATA) stava promuovendo proprio la sicurezza stradale sul percorso casa-scuola. Abbiamo deciso di affiancare l’ATA e ci è stato consigliato di allestire un sondaggio tra i genitori del quartiere allo scopo di identificare quali fossero i punti critici durante l’accompagnamento a scuola», ci racconta Laura Bottani-Villa, una delle promotrici dell’iniziativa e in quegli anni presidente del Gruppo Genitori di Besso. Dal sondaggio è emerso che non essendoci indicazioni sul limite di velocità, in quella zona le auto sfrecciavano ben sopra il 30 all’ora. «Abbiamo raccolto la documentazione, evidenziato le zone critiche con dei pallini cercando di essere il più precisi possibili, e illustrato l’incarto al Municipio durante un incontro. Abbiamo spiegato che quell’area, molto limitata, residenziale e tutto sommato tranquilla pur essendo vicina alla via Besso, poteva prestarsi per un progetto pilota». L’iniziativa andò in porto – nonostante un accenno di resistenza da parte della autorità –, così come l’introduzione della prima Zona 30 che parte da via Sorengo, sale in via Borromini e incrocia via Rodari.