L'opinione

Citazionismo abusivo

È facile sprofondare distrattamente nel paludario di aforismi, attribuendo a Italo Calvino, senza verificare la fonte e la correttezza dell'esposto, la finezza letteraria di una delle sue «Lettere americane» sulla leggerezza – L'opinione di Nicoletta Barazzoni, giornalista
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Red. Online
13.12.2022 15:41

Come ci si può fidare di quel che leggiamo sui social, sui tweet di grandi case editrici, o sui siti deputati alla cultura, pensando a tutto il citazionismo che esplode in rete che, di profilo in profilo, si espande a dismisura, riprendendo frasi, il più delle volte accollate erroneamente a presunti autori, la cui paternità è riportata falsamente, al limite dell'appropriazione indebita da defraudamento d'autore. Interi enunciati vengono infatti messi in bocca a Platone, Socrate, Freud, Einstein, Doyle, Calvino, Borges, Leonardo, Petrarca e molti altri. Enunciati che diventano popolari, sollevando però l'indignazione dei conoscitori, che mal sopportano il qualunquismo e il pressapochismo letterario. Sono gli esperti che, per aver studiato i giganti della letteratura, conoscono nei più articolati dettagli, i lasciti di questi poderosi scrittori, e perciò trasaliscono di fronte al dilagare di una tale mancanza di conoscenze, perché ci si dovrebbe avvalere di quel minimo contenuto di verifiche e referenze bibliografiche. Non di certo come quelle imposte a un saggio, a una tesi di laurea o di dottorato, ma almeno facenti riferimento ai libri scritti e pubblicati dall'autore, chiamato in causa. A cadere in questo vortice ci sono persino i giornali; i siti dispensatori di cultura; (hanno sbattuto nell'ultimo banco dei somari la Ferrilli a Sanremo, che parafrasando Calvino, ha sfoderato la sua leggerezza); Fabio Volo che ha declamato una falsa poesia di Borges; il politico che al funerale di un personaggio pubblico ha riesumato una poesia firmata da un autore di grande spessore, che in vita sua non l'ha mai né pensata né scritta.

E in tutto questo groviglio di citazioni, è facile sprofondare distrattamente nel paludario di aforismi, attribuendo a Italo Calvino, senza verificare la fonte e la correttezza dell'esposto, la finezza letteraria di una delle sue «Lettere americane» sulla leggerezza. Ognuno possiede il suo bagaglio di conoscenze e la velocità con cui si accede ai social non favorisce di certo la ricerca della veridicità di quel che si legge e viene riportato, sdoganandolo per vero.

In internet e sui social, circola, ormai da anni, un passaggio attribuito frequentemente a Italo Calvino che recita così: «Prendete la vita con leggerezza, perché leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore».  Ovviamente il concetto di Calvino sulla leggerezza non dovrebbe essere decontestualizzato, ridotto a un frammento, senza considerare l'analisi approfondita dello scrittore, il cui ragionamento sulla leggerezza e sulla letteratura non possono essere ricondotti approssimativamente a un elemento testuale preso a sproposito. Ma dovrebbe essere attentamente valutato, per la portata letteraria con cui Calvino affronta il tema della leggerezza, con il suo approccio, in particolare quando approfondisce i punti cardine delle nuove trasformazioni, delle nuove tecnologie, delle lingue moderne e delle letterature.

Anche lo scritto, riportato da un'imponente testata giornalistica, «Contano i legami» è falsamente attribuito allo scrittore argentino Jorge Luis Borges. La stessa sorte è toccata alla citazione:«E coloro che sono stati visti danzare erano ritenuti pazzi da coloro che non potevano ascoltare la musica» che è una frase attribuita a Friedrich Nietzsche, che non ha scritto perché, nelle sue opere, non ne è stata trovata traccia. Lo stesso criterio di erroneità è contenuto nel verso: «Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine», che non è opera firmata da Pablo Neruda. È facile cascare in questo procedere di imprecisioni, senza per questo aver commesso un reato o nel peggiore dei casi, sentirsi ignoranti (colui che ignora) senza contemplare la possibilità di rimediare perché la cultura non dovrebbe essere un dominio riservato ad uso esclusivo di pochi eletti.

di Nicoletta Barazzoni, giornalista