A Berna la lingua italiana è irrilevante

IL COMMENTO DI MORENO BERNASCONI
Moreno Bernasconi
17.03.2018 06:00

di MORENO BERNASCONI - Un recente incontro promosso dalla delegata al plurilinguismo Nicoletta Mariolini, al quale hanno partecipato a Berna i quadri dirigenti e superiori della Confederazione, ha permesso di rilevare passi avanti significativi nella pratica del plurilinguismo in seno all'Amministrazione federale. Le testimonianze dirette di quattro capi di uffici federali – corredate di casi concreti di buone pratiche e di strategie coordinate - hanno mostrato in modo convincente (e sorprendente) che il plurilinguismo a Berna non sembra più né un'operazione alibi e neppure un obbligo realizzato obtorto collo. Malgrado gli ostacoli reali posti dai costi aggiuntivi (finanziari e di tempo) che il plurilinguismo comporta per la macchina burocratica, i quadri dirigenti sembrano credere davvero che l'uso di più lingue nell'amministrazione non sia una palla al piede bensì un valore aggiunto da sfruttare. Si dimentica spesso - è stato rilevato ad esempio – che il plurilinguismo rappresenta un vantaggio in un Paese federalista, in cui l'amministrazione statale non solo è dislocata nelle diverse regioni del Paese ma è chiamata ad interagire continuamente con le amministrazioni cantonali. A conferma delle testimonianze dei quattro alti funzionari, una ricerca del Centro per la democrazia di Aarau, presentata in anteprima dal professor Daniel Kübler, ha confermato (sulla base di una vasta inchiesta che ha coinvolto, anche con interviste personali, ben 170 quadri dirigenti) quanto segue:

1) «Le misure volte ad incentivare il plurilinguismo riscuotono ampio consenso tra i quadri dirigenti e sono considerate utili»; 2) «Gli alti dirigenti interpellati ritengono di poter influire in misura piuttosto rilevante sulla promozione del plurilinguismo»; «L'impegno e l'esempio dei dirigenti stessi e dei capi di Dipartimento gioca un ruolo determinante»; 3) «Il reclutamento del personale è l'aspetto su cui si può incidere di più». Alcune cifre dimostrano la presenza di un trend positivo. Per valutare oggettivamente – al di là delle interviste ai quadri superiori - l'uso delle lingue ufficiali nelle diverse unità amministrative lo studio ha esaminato la lingua originale degli atti legislativi della Confederazione, rilevando ad esempio che negli ultimi anni la presenza della lingua francese «è cresciuta in modo chiaro». Se la lingua originale degli atti legislativi prima dell'adozione della Legge sulle lingue e delle relative ordinanze era del 5%, nel 2015 è salita al 18%. Fin qui le buone notizie. La brutta notizia purtroppo ci riguarda. Il numero di atti legislativi redatti in italiano come lingua originale «è praticamente irrilevante». Lo studio annota inoltre che «i dirigenti italofoni sembrano essersi rassegnati alla disparità di trattamento subita dall'italiano». La presenza di italofoni a Berna marcia sul posto: 7,1% a fine 2017, insufficiente rispetto all'obiettivo pieno fissato dal Consiglio federale (8,5%). Non per niente Kübler annota nelle sue raccomandazioni che «l'uso della lingua italiana nella comunicazione interna deve essere rafforzato».

Lasciando tuttavia intendere che la crescente pressione dell'inglese anche nell'Amministrazione federale (segnatamente nei documenti a forte connotazione tecnica) è una sfida per l'incremento dell'italiano. A fronte della pressione invasiva dell'inglese, la massa critica molto ridotta della lingua italiana in Svizzera (molto più ridotta del francese) è un grosso handicap. E paradossalmente lo è anche il fatto che parecchi svizzero-italiani parlano francese e tedesco. Ciò detto, lo studio del Centro per la democrazia di Aarau mette il dito in un'altra piaga che ci tocca da vicino: quella degli appalti pubblici. L'equità di trattamento fra le lingue nella pubblicazione degli appalti e in tutte le fasi della loro gestione è di grande rilevanza per tutte le regioni del Paese e per la coesione federale, ma lo è soprattutto per entità territoriali e regionali di ridotte dimensioni come la Svizzera italiana. Grandi appalti possono incidere addirittura sul tasso di impiego di una piccola regione e sono quindi economicamente e politicamente sensibili. Lo sanno i ricercatori che nelle raccomandazioni del loro rapporto (verrà reso pubblico in giugno) affermano che nei vari settori dell'Amministrazione «occorre continuare la politica di sensibilizzazione sul plurilinguismo negli acquisti pubblici. Questo settore è percepito come una sfida importante dai dirigenti dell'amministrazione». Lo sa bene anche il Consiglio federale che nel suo messaggio sulla revisione totale della Legge federale sugli acquisti pubblici (LAPub) - ora sui banchi del Parlamento - dedica un paragrafo alle «Esigenze linguistiche».

Facendo riferimento a diversi atti parlamentari fra cui quello dell'allora consigliere nazionale Ignazio Cassis «Appalti pubblici. Tutta la procedura di aggiudicazione nella lingua del luogo di costruzione», il Governo ritiene che per motivi finanziari «è opportuno rinunciare a traduzioni supplementari nel quadro della procedura di appalto». Ciononostante, «è possibile considerare maggiormente le diverse situazioni linguistiche svizzere». Come? Vale la pena citare il messaggio: «Per le prestazioni edili, il bando andrà pubblicato almeno nella lingua ufficiale del luogo della costruzione; per le forniture e le prestazioni di servizio almeno in due lingue ufficiali. Per prestazioni all'estero o altamente specialistiche, potrà essere pubblicato eccezionalmente solo in una lingua ufficiale della Confederazione e in un'altra lingua. Nella procedura su invito il committente dovrà procurarsi, per quanto possibile, almeno un'offerta proveniente da un'altra regione linguistica. Per contrastare gli importanti costi supplementari, il nostro Consiglio si riserva la possibilità di prescrivere una determinata lingua ufficiale per documenti e richieste degli offerenti». Prepariamoci ad un vivace dibattito in sede parlamentare. Al di là delle quote di italofoni nell'Amministrazione federale, la questione degli appalti pubblici tocca molto concretamente la Svizzera italiana e i suoi interessi.