A proposito di IA e di cervello umano
Lo scorso anno da queste colonne ho pubblicamente confessato la mia ignoranza bovina nei riguardi dell’IA (Intelligenza Artificiale). Ho cercato di parzialmente rimediarvi leggendo qualche libro e seguendo nel limite del possibile i numerosissimi commenti ospitati dai media. Non è che abbia capito molto, la materia è ostica per chi come me, essendo rimasto all’aritmetica, è digiuno di matematica, ma comunque ho cercato di farmi un’idea per poter porre qualche interrogativo a chi ne sa di più. Mi è stato detto che importante è l’essere riusciti a ridurre a dimensioni infinitesimali (nanotecnologia) i transistor, ciò che ha fatto sì che oggi i micro processori ne possono contenere miliardi e ciò ha permesso di costruire computer (macchine) potentissimi e di sbalorditiva velocità con istantanea produzione e una memoria immensa.
Ho letto pure che «l’intelligenza artificiale è un sistema di accumulo di dati prelevati dall’ambiente attraverso i sensori», dati che ci assistono nel prendere decisioni offrendoci gli scenari e la loro evoluzione. Per avere un’idea della potenza parliamo di decine di milioni di miliardi di operazioni al secondo. Mi pare di aver intuito che è l’intelligenza dell’uomo che ha creato e sta sviluppando l’intelligenza artificiale e, forse troppo ingenuamente, non vedo perché in tal caso ci si debba dare già oggi per sconfitti e dominati in futuro dalle macchine da noi create. Mi assiste un filosofo dell’Università di Mainz, Thomas Metzinger, esperto della neuroscienza, che esclude che si possa colloquiare con una macchina. Le risposte che riceviamo le abbiamo anticipate noi, il suo sapere non è che la somma, anche se enorme, di informazioni che l’umanità ha accumulato nei diversi campi nel corso dei tempi. Il filosofo ci rende attenti che rischiamo di essere preda di una allucinazione sociale. Il Chat-robot ci fornisce risposte che non capisce, ma che ha, grazie alla sconfinata memoria, immagazzinato.
Aggiungo di mio, che se è l’uomo che ha creato la macchina dell’IA – e concesso che la stessa possa diventare pericolosa – perché non la si può limitare evitando che possa minacciare l’umanità. Ci vogliamo bruciare le ali come Icaro? Ovviamente anche nei limiti della non pericolosità per il nostro futuro, ed escludendo un mondo dove l’IA sostituisca il cervello dell’homo sapiens, sviluppatosi in modo stupefacente nel corso delle decine di migliaia di anni, l’IA presenta situazioni nuove di non facile gestione e dalle possibili conseguenze sociali molto problematiche. I gestori dell’IA, gli specialisti, saranno detentori di una competenza e di conseguenza di un potere che li potrebbe rendere arbitri dei destini e dello sviluppo della società.
Le mie convinzioni della nostra superiorità nei confronti della Macchina hanno però vacillato quando ho letto che essa non produce solo testi, anche importanti e complessi in tutte le lingue, ma che ha imparato pure la lingua della biologia, più precisamente quella delle proteine, ognuna delle quali ha una sua funzione per il nostro corpo. Mi addentro anche qui in per me terra incognita ma mi pare di intuire che la creazione di nuove proteine è qualcosa dove la macchina ci supera. Un ulteriore scossone alla mia fiducia nella capacità del nostro cervello me l’ha dato la lettura del libro «Superintelligenz» (Nick Bostrom) nel quale si afferma che la macchina ha il potenziale per diventare molto più intelligente di noi, sia per la velocità, sia per gli sviluppi collettivi, ed infine addirittura qualitativamente. Non sappiamo se questo superamento porti ad una catastrofe, praticamente ci annulli, o se la «superintelligenza» arrivi a condividere i nostri valori. Infine non possiamo scartare l’ipotesi che l’avvento (non è per domani) dell’IA costituisca per l’umanità la terza grande rivoluzione, dopo quella agricola (10.000 a.C.) e quella industriale (metà del ’700).
Se Cartesio, che ha liberato la scienza da condizionamenti fideistici, dovesse tornare oggi avrebbe difficoltà a raccapezzarsi dinanzi agli sbalorditivi progressi tecnologici ottenuti. In tal caso possiamo ipotizzare che la terza rivoluzione farà fare un salto di qualità all’umanità, anche se inizialmente vi saranno vincenti e perdenti. Sia pure disorientati e confusi, qualche domanda ce la dobbiamo porre. Con l’IA chi reggerà (domani) il mondo? I sacerdoti delle passate civiltà – paragonabili ai sacerdoti dell’IA – grazie al monopolio della cultura hanno sempre detenuto il potere, ovviamente in modo autocratico e non democratico. Drastica sarà la differenza di conoscenza nell’ambito della popolazione e i non iniziati che spazio e che ruolo avranno? Quello degli animali domestici ai quali siamo affezionati, che nutriamo e curiamo ma ai quali non chiediamo di decidere con noi? Il nozionismo facilitato dalle macchine ci indurrà in una sempre più pericolosa pigrizia culturale? Come organizzare l’istruzione in un simile quadro? Numerosissimi gli interrogativi, originati anche dall’ignoranza, e non è certo che possiamo avere sempre risposte. In questa epocale sfida tra il cervello degli umani, affascinante centro di potere, e la supermacchina io sto con gli umani (se possibile assistiti dalla macchina).