Accendiamo l'albero
Tutti gli anni la stessa solfa. Domani nel tardo pomeriggio attraccheremo il battellino al molo di fronte a Palazzo Civico perché Asia vuole presenziare all’accensione dell’albero di Natale in piazza della Riforma con tanto di sindaco e vicesindaco di Lugano a fare il countdown verso il momento catartico delle palle illuminate. La mia amica microinfluencer del lago e content creator vuole dare il suo contributo alla riuscita dell’evento distribuendo nella piazza festante Barbera brûlé fatto col mulo. Lo vorrebbe servire soprattutto ai dipendenti comunali ai quali non sarà offerto l’aperitivo di Natale perché, in attesa che arrivino frotte di globalisti da Londra ammaliati dal capo delle finanze democentrista Marco Chiesa, non c’è più trippa per gatti nemmeno nella capitale economica del cantone, dove il gruppo liberale in Consiglio comunale, insieme ai Verdi Liberali, con un coup de théâtre che agita il pollaio politico luganese, ha rovesciato il tavolo dicendo che i conti cittadini presentati dall’Esecutivo per il prossimo anno fanno schifo e che ci vogliono fatti e non parole per smetterla di spendere e spandere.
Dovrebbero far arrivare dall’Argentina la motosega di Milei (se vogliono, possiamo metterli in contatto con l’amico Fabio Pontiggia che è a svernare a Buenos Aires). Preso atto che il gruppo PLR esiste ancora e che in Municipio, così per caso, ci sono anche due liberali e che nessuno dei due ha voluto il Dicastero delle finanze, bisogna essere giusti. Va riconosciuto che nelle misure di risparmio della Città c’è comunque la mitica simmetria dei sacrifici anche nella microchirurgia dei tagli perché non sono colpiti solo i dipendenti ma saltano pure regali, aperitivi e cene per gli onorevoli consiglieri comunali. Non si può far qualcosa per questi iellati rappresentanti del popolo?, s’è chiesta Asia. Una colletta? Ai suoi inizi, prima ancora che nascesse la Lega, il Mattino, facendo le prime sperimentazioni di slinguazzamento popolare, lanciò la campagna natalizia «Un panetun par i noss vecc», ovvero una raccolta di fondi, che ebbe successo, per acquistare panettoni da regalare agli ospiti della casa per anziani di Locarno messi a stecchetto dai risparmi del Comune. Più di trent’anni dopo, a Lugano si potrebbe replicare lanciando la colletta «Un panetun par i noss bambela», ovviamente nell’accezione più affettuosa, neh, ché non vogliamo essere trascinati in tribunale a fare disquisizioni giuridiche sull’evoluzione sociolinguistica ed essere costretti a chiamare in aiuto il Pronzini da Bellinzona.
La mia amica ha uno struggimento dell’Avvento anche per i molinari che, ormai attempati e scaricati quasi da tutti, stritolati dalla loro stessa paraculaggine ideologica di pretendere da uno Stato che però si vuole abbattere, passeranno un altro Natale senza un tetto, forse costretti ad okkupare per scaldarsi un po’, sorretti solo dal brodino solidale di qualche compagno nostalgico della rivoluzione che non fu. E se lanciassimo la campagna «Un panetun par i noss bruzzun»? Ça va sans dire, ha risposto Asia con entusiasmo, tanto per togliersi il pensiero, ma con la testa già alle palle che domani si illumineranno, ai liberali con in mano la motosega di Milei, a tutti i globalisti londinesi che in piazza canteranno gioiosamente «Jingle Bells», ai Bitcoin che scenderanno dalle stelle portando letizia in tutte le case di Lugano. E non dite che sarà un Natale del fallo (cit. Claudio Zali).