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Anniversari per Montale

L’argomento di oggi rispecchia il titolo della rubrica, con la figura di Eugenio Montale, uno dei maggiori poeti moderni, e per due momenti di rilievo nella sua nella esistenza
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Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
15.02.2025 06:00

L’argomento di oggi rispecchia il titolo della rubrica, con la figura di Eugenio Montale, uno dei maggiori poeti moderni, e per due momenti di rilievo nella sua nella esistenza. Cento anni fa usciva la sua prima raccolta «Ossi di seppia» e cinquanta anni fa gli fu assegnato il Premio Nobel. Ebbe un importante rapporto con Lugano, dove nel 1943 l’avvocato Pino Bernasconi, che aiutò anche molti profughi, coraggiosamente gli pubblicò nella Collana di Lugano una raccolta in tiratura limitata, «Finisterre», che tuttavia non riuscì a varcare il confine. Lo varcò però la RSI quando vinse il Nobel per andare a intervistarlo, in esclusiva poiché disse che era un segno di gratitudine dovuto al Paese che gli aveva dato voce quando in patria non poteva parlare. La governante ci disse di non stancarlo, poiché erano giorni pesanti e infatti fu soprattutto lui a dominare la conversazione. Accese uno dei sigari di Brissago che gli avevamo portato, sapendo che erano una sua passione e che aveva citato in una poesia. Il collega con me, futuro direttore, si accese una sigaretta e Montale gli disse di fare attenzione di non far cadere la cenere sulla moquette «perché l’abbiamo appena cambiata e la pagherò con i soldi che mi daranno a Stoccolma». E ricordò di avere scritto un articolo per il nostro Corriere del Ticino in cui aveva affermato, da studioso di Haydn, che almeno 1.500 delle sue composizioni non sono sue. Ebbe grande stima e affetto per la Svizzera, che all’Università di Basilea in quell’anno gli aveva dato una Laurea honoris causa per meriti umanistici. Da «fiorentino adottivo» ricordò quanto la Confederazione fosse stata ammirata anche da Machiavelli, che aveva definito gli svizzeri «armatissimi e liberissimi» e ricordò quanto avessero contribuito alla salvaguardia degli esuli e della letteratura nei tempi bui come nel Risorgimento. «C’è una tradizione di grandi scrittori più o meno esuli che andavano e vanno a vivere in Svizzera… una pépinière di tutto, in piccolo è una pépinière europea non c’è nessun dubbio». Fu profeta affermando che la poesia, che sembrava affievolirsi, a poco a poco si sarebbe però rinnovata continuando la strada. Certo fu lucido e severo indicando come per molti scrivere poesia significhi andare a capo ad ogni frase. La sua architettura poetica è fatta anche di brevi facciate, sebbene la sintesi poetica del Novecento italiano fu Ungaretti che con un mattino illumina d’immenso le esistenze. Fu critico verso i nuovi comportamenti giovanili, mentre dominavano da un decennio gruppi musicali trascinatori che avevano trasformato incontri e ritrovi. I gruppi dei giovani scalmanati sfuggivano alla sua comprensione poiché ben distanti dagli anni in cui frequentava i caffè fiorentini all’aperto. Ma era severo verso l’arte che aveva attraversato con diversi amici, come Morandi, che - disse - «dipingeva delle bottiglie e oggi espongono addirittura le bottiglie». Resistono la sua poesia essenziale e la sua prosa che è spesso raffinata, come «Farfalla di Dinard», racconti brevi da scoprire o riscoprire, nella maggior parte scritti sulla terza pagina del Corriere della sera. La sua poesia ha un’eco leopardiana dell’infinito e racchiude una speranza nella volontà dell’uomo di salvarsi dai naufragi, sociali e esistenziali. Per Leopardi l’infinito segna la natura come arbitro di tutte le sorti mentre per Montale è un fosso o un greto o un avello in cui si collocano le condizioni a cui l’uomo può partecipare senza subirle. Nella sua poesia il raggio di sole spesso indica il suggerimento verso il domani non fatto di «tristezza e noia» come per Leopardi, ormai chiaramente al suo opposto. Il ragazzo che in una sua poesia «agguanta qualche sparuta anguilla» è nella segnaletica delle sorti ma alle quali Montale pensa che ognuno possa opporsi. C’è nella sua poesia la consolazione, che è anche una minima giustizia, una parte di solarità che è il giallo dei limoni. Oltre alle interpretazioni e alle considerazioni sull’insieme della sua poesia possiamo godere della fluidità dei suoi versi pagina per pagina considerando ognuna come corpo di una segnaletica che, colta nel suo senso anche ammonitore, può suggerire le nostre varianti personali sul percorso della difficile felicità. Si legga semmai Montale come suggeritore per capovolgere le sorti. Certamente la sua poesia suggerisce di non vivere forzatamente nel «male oscuro». Vinse il Nobel perché fu apprezzato in diverse lingue, Jean-Paul Sartre, esistenzialista più crudo, invece lo rifiutò.