Il commento

Anziani e cure: una visione chiara

Il commento di John Baldi, presidente dell'Associazione dei Direttori delle Case per anziani della Svizzera Italiana (ADiCASI)
John Baldi
13.08.2024 06:00

Negli scorsi giorni sono apparsi sui media alcuni interessanti contributi che hanno toccato da diverse angolature il tema della programmazione e della sostenibilità del sistema di assistenza agli anziani alle nostre latituduni.

In un editoriale su queste pagine si evidenziava la differenza tra il nostro cantone dove, tra divergenze di visione e bocciature alle urne, si fatica a creare quei 1.180 posti letto aggiuntivi in case per anziani necessari da qui al 2030 secondo la pianificazione cantonale e Zurigo, dove il 91% della popolazione si è espressa favorevolmente alla costruzione, entro il 2035,  di 2.000 appartamenti per anziani. Dove sta il problema? Non nel nostro sistema politico/amministrativo che, secondo alcuni, darebbe troppa voce in capitolo a molti portatori di interesse, rendendo complicatissimo portare avanti progetti di lungo respiro. Dopotutto, il sistema politico di Zurigo è analogo al nostro e lì i progetti avanzano. Quello che probabilmente manca è la volontà o la forza politica di mettere la realizzazione di nuove strutture al centro del dibattito pubblico, di creare cioè quel clima di consenso diffuso che permetta ai progetti di concretizzarsi.

Sintomatico della scarsa consapevolezza del ruolo delle strutture per anziani nella nostra società sono i timori sollevati recentemente, per cui una nuova casa anziani deturperebbe il centro del paese, generando traffico e togliendo spazio ai cittadini. Una visione di casa per anziani come struttura avulsa dal contesto, quasi un male necessario, mentre da anni la visione che si porta avanti a livello svizzero è quella delle case anziani come luoghi di vita, spazi di incontro tra generazioni aperte a tutti. Gli esempi virtuosi in tal senso in Ticino non mancano certo: abbiamo case che integrano bar e ristoranti aperti a tutti, asili nido, parrucchieri, fisioterapisti, dove si organizzano eventi e intrattenimenti per tutta la popolazione. Le case assumono spesso il ruolo di motore della comunità, quasi a complemento o sostituzione delle piazze e dei commerci di paese che faticano a sopravvivere in un’epoca di centri commerciali e acquisti online.

In una recente intervista, il direttore della Clinica Luganese Moncucco, ha esortato la politica ad avere il coraggio di dire apertamente che se, da un lato, si vuole giustamente mettere un freno all’aumento dei premi di assicurazione malattia e, dall’altro, si tagliano le risorse, allora si avrà inevitabilmente un calo delle prestazioni. Pur interessando tutto il sistema sanitario, il tema è particolarmente rilevante per le case anziani. In molte strutture infatti, il costo del personale costituisce quasi l’80% dei costi totali, salari che, peraltro, aspettano da molti anni adeguamenti già riconosciuti a molte categorie analoghe. Il margine di manovra è dunque molto ridotto e, nonostante gli enormi sforzi di efficientamento e la ricerca di sinergie e collaborazioni tra strutture, inevitabilmente si arriverà a un taglio delle prestazioni o della qualità.

Certo non tutti i segnali sono negativi. La decisione dei Comuni di rinunciare alla quota parte di prelievo delle riserve, inclusa nel pacchetto di risparmio cantonale (parliamo dell’80%), è un segnale forte di aver compreso l’importanza di lasciare alle strutture spazio per investire e svilupparsi.

In sintesi, due anni di sacrifici per contenere i costi si possono fare e le case per anziani del canton Ticino li stanno facendo. Tuttavia, urge una visione politica chiara e un lavoro congiunto per rendere consapevole l’opinione pubblica dell’importanza del suo perseguimento. Dopotutto, non si tratta di difendere il futuro di una categoria, ma di garantire la cura degli anziani di domani, ovvero di noi stessi.