Tra il dire e il fare

Aux armes, citoyens!

Molti, soprattutto fra i francesi, non saranno d’accordo sulle qualità politiche di Macron, ma è difficile negare che in questo momento sia l’unico europeo in grado di parlare da pari a pari con i grandi della terra
Alessio Petralli
Alessio Petralli
10.03.2025 06:00

Lo confessiamo, siamo di parte, e saremo dispiaciuti quando nel maggio del 2027 il presidente Emmanuel Macron, alla fine del suo secondo mandato, dovrà trovarsi un’altra occupazione. A quel momento Macron avrà 49 anni, mentre Trump ne avrà 81 e Putin 75.

Molti, soprattutto fra i francesi, non saranno d’accordo sulle qualità politiche di Macron, ma è difficile negare che in questo momento sia l’unico europeo in grado di parlare da pari a pari con i grandi della terra. Pensiamo a un «pari a pari» di volontà e di energia al servizio di un’intelligenza politica che può non piacere, ma che in questo momento è un atout per l’Europa, Svizzera compresa. Tanto più che la primavera del 2027 è lontana, visto che due anni in questi tempi velocissimi possono paradossalmente essere un eternità.

Tre anni fa, quattro giorni prima che scoppiasse la guerra, Macron aveva parlato al telefono con Putin nella speranza di portarlo a Ginevra assieme a Biden, che si era dichiarato disponibile. Ma poi non se n’era fatto nulla e nonostante ciò, quattro mesi dopo in maniche di camicia sul treno di ritorno da Kiev con Draghi e Scholz, Macron ammoniva che non bisognava umiliare la Russia (contrariamente agli intendimenti di Biden e del fortunatamente dimenticato Johnson).

Nel frattempo è passata un’eternità e Macron con le sue ultime dichiarazioni è riuscito a fare arrabbiare i russi in tempo reale. La minaccia russa, soprattutto nei confronti dell’Europa, è sotto gli occhi di tutti e il linguaggio della forza è forse l’unico codice che in Russia viene colto al volo. Per questa ragione Macron ha ricordato che la Francia dispone dell’arma di dissuasione nucleare, che può essere posta al servizio dell’Europa. Un ombrello atomico fatto in casa, dopo quello americano che ci ha riparato gratis per 80 anni e che adesso si vorrebbe cominciare a farci pagare a carissimo prezzo.

E così in men che non si dica la Francia si è trasformata nel primo nemico della Russia, dopo che con la nuova amministrazione americana su questo terreno si sono sparigliate le carte.

Addirittura Macron è stato rapportato a Napoleone e Putin ha subito voluto ricordare al presidente francese che non è certo grande come il grande condottiero che in Russia aveva comunque fatto una brutta fine. Sottintendendo che «Micron», così come l’ha beffardamente chiamato l’abituale denigratore dell’Occidente Dmitri Medvedev in un post in inglese su X, sia una sorta di «nanopresidente». Non solo per il suo interesse per le nanotecnologie, ma riferendosi ironicamente alla sua non gigantesca statura. Ma neanche Putin è un gigante, eppure in Russia giganteggia da una vita senza avere il problema dei mandati che scadono.

Insomma, visto che la Francia al centro della scena invita a scommettere sugli sviluppi futuri della politica mondiale, proviamoci, limitandoci all’ultimo biennio dell’«impero macroniano».

Confidando nella rapida conclusione del maggior numero di guerre in corso, dichiarate e non dichiarate, nel novembre del 2027 gli americani tireranno le prime vere somme con le elezioni di Midterm (metà mandato), mentre russi e ucraini avranno da un pezzo tirato le tristi somme di una guerra fratricida. L’Unione europea si sarà rafforzata abbandonando perlomeno in politica estera il vincolo dell’unanimità. E più in generale in Europa le destre non se la passeranno meglio di quel tanto, a meno che Marine Le Pen non riesca nel suo intento.

E qui ritorna in campo la centralità della Francia e l’intelligenza politica di Macron, che vogliamo sperare stia già lavorando per un suo successore. A questo proposito ci sia concesso un auspicio: che in cuor suo il «socialista» con le virgolette Macron punti su un socialista senza virgolette come il 45.enne Raphaël Glucksmann. Un vero socialdemocratico che, analogamente alla «soft left» di Keir Starmer in Inghilterra o a Pedro Sanchez in Spagna, potrebbe far bene alla sua nazione e all’Europa. Ma intanto anche in Svizzera dobbiamo preoccuparci per la nostra Europa di cui siamo nel cuore (è davvero fantapolitica una bella iniziativa per rinunciare all’F-35 americano in favore di un aereo europeo, magari il Rafale francese?), auspicando che Macron possa far rifiorire l’asse franco-tedesco tornando a tenersi per mano con la Germania. Come avevano fatto a Verdun 40 anni fa Mitterand e Kohl, così iconici nella forza politica della loro fisica asimmetria. Con Friedrich Merz, alto quasi due metri, andiamo bene, anche se alla bisogna può essere sostituito da Ursula von der Leyen.

Brigitte permettendo, visto che Emmanuel è destinato a essere presto un «uomo libero».