Banane al muro e altre pazzie

Il più delle volte chiamiamo follia quello che non capiamo. Prendete la celebre banana attaccata a un muro con nastro adesivo che Maurizio Cattelan ha presentato ad Art Basel Miami Beach, l’opera d’arte, se così si può dire, più chiacchierata del momento. Per i pochi che non lo sapessero, consiste in una banana acquistata dall’autore in un mercato locale di Miami per 30 centesimi di dollaro appicciata al muro con dello scotch grigio, venduta per 120 mila dollari e infine (giustamente) divorata da un altro sedicente artista, David Datuna che ha poi descritto lo spuntino come un’esibizione artistica dal titolo Hungry artist, cioè Artista affamato. Molti di noi hanno pensato che di capolavori del genere ne facciamo tutti i giorni a merenda, senza tante storie.
Follia? Certo. Lo spiega il critico d’arte del New York Times Jason Farago: “La follia e la sensazione avvilente che una cultura che un tempo incoraggiava la bellezza sublime e che oggi permette solo giochetti ebeti sono gli strumenti da lavoro di Cattelan”. Si può e si deve discutere sul fatto se si tratti di vera arte. Ma Cattelan è tutt’altro che pazzo, la sua è un’operazione che non ha nulla di irrazionale perché risponde in tutto e per tutto alla logica del mercato dell’arte, coi finti scandali e le provocazioni “pop” delle sue star mediatiche che diventano virali in un nanosecondo. In altre parole, ha creato una bolla di sapone capace di volare fuori dai salotti buoni dei suoi clienti e di entrare per via direttissima nei circuiti “popolari” dei social. E si è messo in tasca il premio in denaro che il sistema riconosce ai suoi servi più scaltri.
Esistono molte altre pazzie, più sottili e pervasive, che assomigliano alla banana di Cattelan ma che non ci scandalizzano più: scarpe, vestiti e accessori che costano dieci, venti o cento volte tanto il prezzo dei materiali con cui sono fatti sommato a quello delle ore utilizzate per realizzarli. Ma tu lo sai che se prendi una borsetta di quella marca acquisti non solo un contenitore in pelle più o meno capiente, ma uno status symbol, come girare in Ferrari o far le ferie sul catamarano. L’immagine. È quella che paghiamo, non l’oggetto che la veicola.


Ci aveva visto giusto Erich Scheurmann, geniale autore nel 1920 del pamphlet Papalagi, un magnifico falso storico nel quale l’autore esprime il pensiero di un immaginario capo samoano di nome Tuiavii che irride le “pazzie” della civiltà dell’uomo bianco (il Papalagi). Offrendo perle come questa: “Il Papalagi è povero perché desidera tanto ardentemente le cose. [...] Quanto più un uomo è un vero europeo, tanto maggiore è il numero delle cose di cui ha bisogno [...] Se il Papalagi pensasse in modo giusto, dovrebbe anche sapere che nulla ci appartiene di ciò che non possiamo tenere stretto. E che in effetti noi non possiamo tenere stretto nulla”. O questa: “Ogni Papalagi ha un mestiere. È molto difficile spiegare che cosa sia un mestiere. È qualcosa che si dovrebbe aver voglia di fare, ma il più delle volte non se ne ha”. Come dire che la maggior parte di noi vive in un costante flusso di irrazionalità, ben più grave delle stravaganze nei vernissage d’alto bordo.
Poi c’è la follia vera, la perdita della ragione, l’incapacità di rapportarsi al mondo oggettivo, il disagio psichico reale (ne parliamo nel CorrierePiù di oggi). Tutti amano i pazzi nella loro accezione pittoresca di persone diverse, strane, originali e in qualche caso più felici di noi. Ma di solito la pazzia in senso clinico non ha nulla di romantico. È un’esperienza di paralisi interiore, di sonno, di mancanza di stimoli o viceversa di ipersensibilità, di mancanza di difese rispetto alla minima contrarietà. Si soffre. Oppure non si sente nulla, ed è persino peggio. Viviamo tutti momenti di dolore, di malessere, di perdita di slancio. La buona notizia è che a un certo punto se ne esce. A insegnarcelo è la Bella addormentata. Se non ci credete leggete su CorrierePiù in che modo una fiaba può farci capire i misteri del disagio fisico e psichico. Ma non ditelo a quel Papalagi di Cattelan, troverebbe il modo di appendere al muro anche le fate e le principesse dei fratelli Grimm.