Bitcoin e dintorni, la corsa «folle»
L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha messo le ali al Bitcoin, permettendo a molti di nutrire la speranza di non doversi più preoccupare delle difficoltà quotidiane grazie ai grandi guadagni possibili acquistando la prima e più nota moneta digitale. Infatti il valore del Bitcoin la settimana scorsa ha sfiorato i 100.000 dollari con un rialzo del 39% rispetto al giorno della vittoria di Trump. Rialzi addirittura superiori sono stati ottenuti anche da altre criptovalute, come il Dogecoin sostenuto da Elon Musk, che dal 6 novembre ha guadagnato il 145%.
Le ragioni di questo balzo sono essenzialmente tre. In primo luogo, la speranza di vincere simile a quella che spinge molti a giocare al lotto. In secondo luogo, l’arrivo della nuova amministrazione americana che vede di buon occhio le criptovalute e che quindi spingerà ad una loro regolamentazione. Inoltre eviterà che le criptovalute vengano considerate e quindi di finire sotto le sgrinfie del loro «mortale nemico», ossia della SEC. Donald Trump dovrebbe favorire invece la loro classificazione come materie prime e quindi la loro sottomissione alla borsa di Chicago e alla CFTC, molto meno severa della SEC. In terzo luogo, il riemergere di visioni (forse meglio dire illusioni) che il Bitcoin sarà la moneta del futuro che potrà sostituire un dollaro in difficoltà. I sostenitori di questa ipotesi sono molti e tra questi spiccano anche personalità politiche di primo piano. Robert F. Kennedy Jr., che sarà il ministro della sanità e dell’alimentazione della prossima amministrazione, ha sottolineato con forza la necessità di costruire una riserva nazionale in Bitcoin di una dimensione pari alle riserve auree della banca centrale. La senatrice Cinthia Lummis del Wyoming ha presentato un atto parlamentare che chiede al Dipartimento del Tesoro e alla Federal Reserve di acquistare milioni di Bitcoin nei prossimi cinque anni e di conservarli per almeno 20 anni. Si tratta di sogni, poiché - come è stato sottolineato - una moneta che non può essere venduta non può essere usata per sostenere il dollaro, ma può essere al massimo un fondo sovrano (come quelli delle petromonarchie del Golfo e di altri Paesi) che potrebbe essere usato dagli Stati Uniti per rimborsare il loro debito estero. Non vi è comunque dubbio che queste ipotesi hanno rafforzato la credibilità delle criptovalute facendo dimenticare che esse sono usate prevalente dalla criminalità internazionale e per attuare grandi truffe fiscali. Inoltre la forte crescita del loro valore ha ingolosito molti alla ricerca di una facile ricchezza.
E infatti in questa gara volta a sostenere le criptovalute si è buttata anche la finanza internazionale con un grande voltafaccia. Infatti fino a poco tempo le grandi banche e anche le borse avevano tenuto a distanza Bitcoin e simili. Ma l’odore di denaro «facile» è diventato tale da spingerli a diventare attori di questo mercato. Sono stati quindi creati fondi che replicano l’andamento del Bitcoin o di altre criptovalute (ETF) e pure è stata creata un’enorme panoplia di derivati che permettono di scommettere su rialzi e su ribassi e quindi di moltiplicare le scommesse. Ma c’è di più. Ora le banche consigliano anche ai fondi pensione di investire in Bitcoin una piccola percentuale dei fondi in gestione. Insomma le criptovalute hanno stravinto la battaglia della comunicazione ed è quindi sempre più difficile ricordare che i Bitcoin non sono una moneta (non si possono usare per acquistare un caffè, ecc.) e le forti oscillazioni delle criptovalute inducono a ritenere che non siano validi strumenti di conservazione del valore. Inoltre immaginare il Bitcoin come ancora di salvataggio nell’eventualità di un collasso del dollaro può essere immaginato solo da menti fantasiose, poiché la moneta è ben più di un pezzo di carta. Infatti le monete fiduciarie sono sempre riemerse anche dalle peggiori crisi. In conclusione si può dire che siamo in presenza di un’altra manifestazione maniacale dei mercati finanziari alimentata dall’enorme quantità di liquidità in circolazione.