Cardiocentro: perché cambiare se funziona?

di FABIO PONTIGGIA - Perché il Cardiocentro di Lugano dovrebbe essere integrato nell'Ente ospedaliero cantonale? C'è qualcosa che oggi non funziona, che il Cardiocentro non riesce a mettere a posto e che solo l'EOC potrebbe risolvere? Ci sono disfunzioni tali da impedire di proseguire lungo la strada tracciata il 22 dicembre 1995 e imboccata il 1. luglio 1999? Sono domande che il cittadino comune si pone da qualche tempo nell'assistere ad una diatriba pubblica che lascia di stucco. Il Cardiocentro è un fiore all'occhiello del sistema sanitario ticinese. Era stato realizzato dai privati dopo che l'ente pubblico nel 1995 aveva rinunciato a dotare il nostro cantone di un servizio di cardiochirurgia. Grazie alla cospicua donazione (30 milioni di franchi) di Eduard Zwick, medico rumeno-germanico morto nel 1998, alla volontà, alla passione e alla sana cocciutaggine del dottor Tiziano Moccetti, i ticinesi colpiti da gravi patologie cardiache hanno potuto essere operati e curati in Ticino, evitando la trasferta oltre San Gottardo (salvo chi ha continuato a preferire il treno per Zurigo). È stata, la realizzazione del Cardiocentro, una conquista non solo sanitaria, ma di umanità: sia per i pazienti gravemente ammalati e bisognosi di cure di qualità e della vicinanza dei loro cari; sia per i parenti, non più costretti a lunghe e costose trasferte o, peggio, a restare lontani nei giorni cruciali, prima dell'inizio della riabilitazione di nuovo al sud delle Alpi. Come spesso avviene in Ticino quando si vuole realizzare qualcosa di bello, nel senso pieno del termine, non mancarono i guastatori, cioè coloro che tentarono di mettere i bastoni fra le ruote del nascente Cardiocentro. Mossi da pregiudizi ideologici contro un progetto privato, quei guastatori non riuscirono nel loro intento, perché i ticinesi capirono subito che il nostro cantone aveva bisogno di un ospedale che potesse salvare la vita a chi è colpito dalle gravi patologie al cuore e che quanto si stava realizzando era una struttura di assoluta qualità. I fatti e lo sviluppo del Cardiocentro hanno dato abbondantemente ragione ai suoi promotori. Perché dunque cambiare strada oggi? Perché staccare il Cardiocentro dalla Fondazione che ne ha reso possibile la realizzazione? Perché integrarlo nell'EOC, che allora aveva rinunciato a realizzarlo? Tanto più che gli attuali responsabili sono ben contenti di proseguire lungo la stessa strada, hanno le capacità, le competenze e le conoscenze necessarie per andare avanti. Il cittadino comune non sa spiegarselo. La ragione è puramente giuridico-formale. Quando venne istituita nel dicembre 1995, la Fondazione Cardiocentro Ticino fu costretta a inserire nei suoi statuti una data di scadenza, dandosi una durata di 25 anni. Non avesse accettato quell'imposizione voluta dall'EOC, probabilmente non avrebbe potuto nemmeno nascere e quindi non avrebbe realizzato il Cardiocentro. Il donatore Zwick, che era presidente della Fondazione, accettò. Per concretizzare il progetto, il 27 settembre 1996 venne stipulato un contratto tra la Fondazione e l'EOC per un diritto di superficie sul terreno su cui sorge il Cardiocentro. Il diritto di superficie ha una durata di 25 anni. Cosa dice questo contratto? Dice che alla scadenza di tale diritto, l'EOC «potrà chiedere» la devoluzione gratuita della costruzione e delle attrezzature o la retrocessione del terreno libero da costruzioni. «Potrà», non «dovrà». È dunque una scelta. Un quarto di secolo dopo, alla scadenza del termine, è possibile trovare un nuovo accordo? Se il Cardiocentro funziona come clinica di qualità - e non ci sono dubbi in proposito - non si può forse trovare una soluzione di continuità anziché di rottura, visto che questa seconda opzione genera tensione, è contrastata e risulta poco comprensibile agli occhi del cittadino comune? Sicuramente sì. I fondatori del Cardiocentro hanno subito un'imposizione nel 1995. Non sta scritto da nessuna parte che debbano subirne una seconda oggi. Una nuova Fondazione, fotocopia di quella che scade dopo 25 anni, potrebbe essere istituita senza problemi. In un Paese in cui gli avvocati non mancano, la definizione di una soluzione tecnico-giuridica non dovrebbe essere un ostacolo insormontabile. Quanto alla sostanza, che è quel che conta, nulla muterebbe rispetto alla situazione attuale. Il Cardiocentro, i suoi medici, i suoi infermieri, il suo personale amministrativo, i suoi ricercatori e formatori, continuerebbero a lavorare coscienziosamente come oggi. E soprattutto i pazienti continuerebbero a farsi curare in un ospedale nel quale hanno riposto la loro fiducia. Perché, come detto all'inizio, è proprio questo il punto: non c'è veramente nessuna ragione forte che giustifichi oggi una scelta di rottura, un togliere alla Fondazione del Cardiocentro una clinica che funziona bene, quando questa Fondazione ha detto in tutte i modi e in tutte le salse che vorrebbe continuare a servire il Ticino con le stesse competenze, la stessa passione, la stessa dedizione che hanno reso possibile quel piccolo miracolo tra il 1995 e il 1999. Perché l'EOC è così rigido e inflessibile su questo punto? Le sinergie con il Cardiocentro ci sono. Nessuno può ragionevolmente sostenere che l'attuale assetto impedisca di curare efficacemente i cardiopatici nel nostro cantone. Al posto di certi freddi ragionamenti, di certe piccate reazioni e di certi autoritari ultimatum, forse un po' di cuore - è proprio il caso di dirlo - non guasterebbe. I ticinesi ne sarebbero riconoscenti. Il Cardiocentro funziona benissimo così com'è: perché cambiare?