Calcio

Da Steffen a Steffen

Sette mesi fa aveva scatenato un piccolo terremoto in spogliatoio, un cortocircuito che aveva avuto il merito di scuotere e far crescere sia il singolo, sia il collettivo
Massimo Solari
04.09.2023 06:00

A Lucerna, per 65 minuti, il capitano del Lugano è stato Renato Steffen. Già, proprio colui che solo sette mesi fa aveva scatenato un piccolo terremoto in spogliatoio. L’ultimo polverone sollevato dalle parti di Cornaredo prima del botta e risposta tra Jonathan Sabbatini e Mattia Croci-Torti. «Ma con Sabba ci siamo chiariti» ha tenuto a precisare ieri il tecnico. «A un giocatore del genere va solo la mia riconoscenza. Rimane il nostro capitano, un ruolo che lo rende responsabile delle sue dichiarazioni post partita. Toni e modi, lo ripeto, non sono stati azzeccati. Di qui il mio risentimento. Come in una grande famiglia i problemi esistono e si possono risolvere. Lo abbiamo fatto, guardandoci negli occhi».

A metà ripresa, quindi, Steffen si è sfilato la fascia e l’ha avvolta al braccio di Sabbatini, appena gettato nella mischia. «Le sue parole dopo la sconfitta con l’Union Saint-Gilloise? Non ero lì, la domanda andrebbe posta a chi le ha pronunciate» ha osservato Steffen con diplomazia. «Comunque non ne farei un caso. Ogni giocatore vuole vincere. E se l’obiettivo viene mancato, come accaduto nel playoff di Europa League, non per forza tutto va ammantato di negatività». Okay, il caso è chiuso. Lo affermano con decisione e sincerità i diretti interessati. E noi accogliamo il riavvicinamento delle parti con sollievo. Ci mancherebbe. Semplicemente, considerata la caratura dei protagonisti e l’oculatezza dei messaggi lanciati, abbiamo ritenuto doveroso approfondire, analizzare e riferire.

Il cortocircuito generato da Steffen in febbraio, per altro, aveva avuto il merito di scuotere e far crescere sia il singolo, sia il collettivo. Magari succederà di nuovo. Ben venga, dovesse andare in questo modo. Sgomitare eccessivamente o smarrire energie ai margini del rettangolo verde, d’altronde, rischia solamente di far sbandare un gruppo che per reggere l’urto tremendo dell’autunno dovrà mostrarsi compatto. Con uno e non due capitani.