Il commento

Debiti eccessivi e ragioni deboli

In campo economico gli ultimi decenni ci hanno portato molte cose positive e alcune cose negative
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
05.10.2024 06:00

In campo economico gli ultimi decenni ci hanno portato molte cose positive e alcune cose negative. Tra quest’ultime c’è l’aumento eccessivo dei debiti pubblici e il diffondersi di giustificazioni, sia tecniche sia ideologiche, su questo indebitamento troppo alto. Parliamo qui di debiti pubblici perché sono quelli che riguardano tutti i contribuenti; anche i debiti privati eccessivi rappresentano un rischio, ma di questi sono appunto i privati a rispondere, mentre dei debiti pubblici in un modo o nell’altro rispondono, attraverso lo Stato e le sue articolazioni, tutti i cittadini.

A copertura, per così dire, di indebitamenti che non si vuole ridurre come sarebbe opportuno, sono state invocate varie motivazioni, da più parti. Una è quella della distinzione tra debito buono e cattivo. Quando il debito è fatto per buone ragioni, allora va bene; viceversa quando le ragioni sono cattive. Tralasciamo qui le questioni, peraltro non secondarie, di chi fissa poi il buono e il cattivo e della presenza comunque anche di cattivo nei conti pubblici. Andiamo direttamente alla sostanza. La definizione è talmente semplificata da essere in realtà fuorviante. Supponiamo infatti che tutte le ragioni siano buone, questo vuol dire allora che uno Stato si può indebitare all’infinito, 100% o 200% o 300% del Prodotto interno lordo? È evidente che no, occorre stabilire delle chiare priorità per le spese e per gli investimenti pubblici, ponendo allo stesso tempo dei limiti sia all’indebitamento pubblico sia alla pressione fiscale sui cittadini. Per questioni di equità ed anche perché il costo del debito oltre un certo livello sottrae risorse alla crescita economica.

Una definizione che continua ad apparire spesso è quella dell’avanzo primario. Si tratta in pratica del saldo positivo tra entrate e uscite pubbliche, senza calcolare gli interessi sul debito. È un concetto utilizzato naturalmente soprattutto in quei Paesi molto indebitati che hanno questo avanzo. I nostri conti sono in sostanza in ordine, se non ci fossero gli interessi da pagare non avremmo neanche un deficit pubblico, dicono i protagonisti. Ma il fatto è che gli interessi sul debito alto sono una realtà. In un bilancio è giusto tirare la riga senza considerare gli oneri sul debito? È chiaro che no, ciò che conta è il risultato finale, che deve comprendere anche quel tipo di oneri. L’avanzo primario può essere uno degli indicatori in un’analisi del bilancio, ma non può essere la chiave per annullare o ridimensionare il nodo del debito elevato.

Un’altra descrizione spesso richiamata è quella della ricchezza finanziaria privata. Questa secondo alcune tesi andrebbe considerata come una garanzia implicita sul debito. In altre parole, un Paese con un’ampia ricchezza privata può anche permettersi un debito pubblico alto. Ma qui si mischiano realtà diverse. Il debito pubblico deve essere garantito dalla forza dell’economia (di qui il parametro debito/PIL) e dalla possibilità di pagare ingenti interessi senza conseguenze gravi per il Paese. Se si mettesse la ricchezza privata a garanzia del debito pubblico, ciò significherebbe anche che lo Stato potrebbe in ogni momento agire sui patrimoni privati (grandi, medi, piccoli), ad esempio con aumenti straordinari delle imposte o con prestiti obbligatori per i cittadini, per coprire gli oneri di una parte o di tutto l’alto debito. È chiaro che si tratterebbe di una direzione di marcia sbagliata. Fortunatamente la Svizzera resta uno dei Paesi in cui il freno all’indebitamento c’è e in cui il debito pubblico è contenuto. In molti, troppi Paesi questo freno c’è poco o non c’è. Paesi in cui l’indebitamento non scende o scende in modo insufficiente, anche perché viene poco o nulla seguita una delle vie maestre contro il debito alto, cioè il taglio delle spese pubbliche improduttive.