L’editoriale

E se gli alieni fossimo noi?

Si parla molto meno di UFO ma si cercano scientificamente tracce di vita fuori dalla Terra - Forse per paura
L’attenzione di massa nei confronti degli UFO è un po’ diminuita negli ultimi anni.
Carlo Silini
02.11.2019 06:00

Fino a qualche decennio fa non c’era combriccola d’amici priva del suo convinto avvistatore di UFO, acronimo inglese di Unidentified Flying Object, oggetti volanti non identificati. Chi non conosce personalmente qualcuno che afferma di avere visto coi propri occhi un disco volante o una flottiglia aliena che sfrecciava di notte sopra le montagne? Oggi il tema è un po’ in ribasso, superato dai cerchi nel grano e dalla Terra Piatta. Salvo rare eccezioni. Come quando, poco più di un mese fa, la Marina americana ha ammesso di essere in possesso di una serie di filmati “autentici» ma declassificati (qualsiasi cosa significhi) che mostrano oggetti volanti misteriosi senza ali che si muovono veloci sullo schermo e non sono spiegabili. Il tempo di qualche titolo nelle pagine interne dei giornali e la cosa è finita lì. Colpa, o merito, di anni di dibatti più attenti sull’argomento, esploso come fenomeno di massa dopo gli anni ’50 del secolo scorso.

Nel frattempo, i gruppi organizzati degli scettici, come il CICAP alle nostre latitudini, hanno mostrato che il 95% degli avvistamenti anomali sono in realtà spiegabili con cause tutt’altro che aliene: luci di automobili proiettate di notte sulle nuvole, fulmini, abbagli, piattelli lanciati in aria e filmati per sbaglio. O vere e proprie truffe.

In Ticino, qualche anno fa, il guru ufologico Rael si era presentato al pubblico con quella che spacciava per un’aliena al suo fianco. Inchieste giornalistiche dimostrarono poi che l’extraterrestre era in realtà un’ex pornostar asiatica. Peccato, era un bel vedere.

D’altra parte, se vi fa piacere sognare che gli alieni siano umanoidi dalla pelle verde, il cranio oblungo e gli enormi bulbi oculari neri rischiate cocenti delusioni. Le forme di vita extraterrestri che potremmo incontrare (quelle che stanno cercando gli scienziati della NASA) non hanno occhi, non hanno braccia e non hanno testa. Molto poco romanticamente sono microorganismi come batteri, cellule o semplici molecole che di bizzarro hanno poco o nulla. Anche se, in teoria, niente impedisce che in altre galassie l’evoluzione della vita a partire da quelle particelle possa aver generato esseri senzienti anatomicamente strutturati in un modo che non siamo in grado di immaginare. La disciplina che si occupa di queste indagini si chiama astrobiologia e se volete sapere a che punto è potete leggere il servizio di Simone Pengue sul CorrierePiù di oggi.

Il fatto che importanti squadre di scienziati cerchino tracce d’acqua su Marte o su altri pianeti ci rassicura sulla potenza analitica della scienza e sulla possibilità di ampliare le nostre competenze sul cosmo. Ma a ben vedere lascia un retropensiero un po’ inquietante che fra poco illustreremo. Non prima di aver chiarito che esistono idee assai più allarmanti anche se meno fondate, come l’ipotesi romanzesca che un giorno o l’altro possano stagliarsi in cielo le sagome di gigantesche astronavi pronte a far fuoco su di noi, malvagie e simpaticamente orrende, come gli alieni di Mars Attacks!

Sarebbe terribile doverci confrontare con forze extraterrestri malintenzionate e troppo superiori alle nostre capacità e se la fantascienza ha fatto di questo ipotetico scontro uno dei suoi filoni principali è per via di ataviche paure di invasione che i nostri antenati hanno vissuto vedendo arrivare eserciti nemici dal mare o dalla pianura.

Ma torniamo alle vaghe inquietudini a cui accennavamo. La ricerca di vita su altri corpi celesti ci spalanca sull’abisso contrario: prima o poi potremmo dover fare armi e bagagli e cercarci un altro pianeta più vivibile del nostro per ragioni che, a torto o a ragione, i moderni apocalittici ci ricordano di continuo. In altre parole, non si teme più un nemico alieno che viene a conquistarci, si teme di dover diventare noi stessi alieni alla ricerca di nuovi pianeti in cui ci siano le condizioni minime per la sopravvivenza umana. Perché il nostro rischia di implodere.

Nell’infelicissima ipotesi che questo possa davvero succedere, speriamo che gli altri pianeti non siano governati da leader come i nostri Trump o i nostri Salvini, fautori rabbiosi una politica inflessibile dei muri o dei porti intergalattici chiusi.