Facce toste al comando
Non è agevole, in queste giornate ventose, navigare sul battellino verso la sponda di Caprino con i rifornimenti di Barbera fatto col mulo. Il moto ondoso fa sbattere le bottiglie e qualcuna si è rotta. Asia si è indignata per il tanfo di vino a bordo. Nervosetta per non essere riuscita durante le vacanze a intercettare dei marziani per avere il loro parere sui fatti ticinesi, la mia amica microinfluencer del lago e content creator farebbe meglio a indignarsi per altro. L’estate ci ha regalato storielle che danno la misura del preoccupante stato di salute di una parte del Paese, fortunatamente minoritaria ma sciaguratamente con responsabilità verso l’intera collettività: due arresti eccellenti, quello del recidivo sindaco leghista di Bioggio e membro dell’EOC Eolo Alberti per presunte malversazioni, e quello di don Rolando Leo con l’accusa di atti sessuali con fanciulli, a cui si aggiunge il gran casino al Tribunale penale con le denunce tra giudici e il presidente Mauro Ermani che invia foto con falli giganti di plastica a una segretaria. Non sarà pornografia ma resta un fatto grave per la credibilità della Giustizia, tanto che Super Norman, nel frattempo tornato ad avere pieni poteri politici sulle forze poliziesche di terra, di lago e dell’aria, ha sentenziato: «Comunque vada, andrà a finire male» (e pensare che fino a pochi mesi fa ci voleva far credere che i problemi della Giustizia erano una questione di muri). E non finisce qui, perché ci sono le storielle giunte da Berna, quella sui conti sbagliati dell’AVS e quella sulla falsificazione di migliaia di firme di iniziative popolari. Il discredito delle istituzioni continua allegramente e noi siamo in perenne stato di indignazione. A breve ci indigneremo un’altra volta per i premi di cassa malati. Forse il vero motivo per cui dovremmo indignarci è il fatto che ci indigniamo a vuoto, senza trarne le conseguenze. Asia ha fatto finta di non capire, girando il discorso sulla vicenda italiana di Gennaro Sangiuliano, «‘o ministro ‘nnamurato» rovinato dalla relazione con un’influencer mitomane, sedicente imprenditrice della moda, aspirante consulente del ministero della cultura. È una storia ancora poco chiara di bugie, verità e ricatti dove il ridicolo ha portato al penoso melodramma finale delle dimissioni di Sangiuliano e a screditare un intero Governo. La mia amica si è molto divertita a raccontare la vicenda, ma c’è poco da ridere, perché il malvezzo non è solo italiano. L’inconsistenza della classe dirigente, l’arroganza del potere e il senso di impunità che produce in una miscela di furberia e stupidità, sono ormai un patrimonio comune, con i partiti, anche quelli nati per scardinare la cadregopoli, che si prestano ad appagare gli appetiti personali. «Per chi non ha mai lavorato e ha studiato poco, basta mettersi in qualche partito politico che funziona da ascensore», ha detto l’avvocato ed ex procuratore pubblico Paolo Bernasconi durante il discorso dello scorso 1. agosto nel Comune di Alto Malcantone. Chi non avesse in simpatia Bernasconi può andare a rivedersi Siamo uomini o caporali con Totò, il quale spiega che i caporali sono coloro «che ti danneggiano, ti maltrattano, ti umiliano, questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando spesso senza averne l’autorità, l’abilità o l’intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza». Forse c’è da indignarsi.