Fondue chinoise

di PARIDE PELLI - La visita di Stato, a metà gennaio, di Xi Jinping a Berna ha tenuto banco e sollevato qualche critica. Il nostro ministro degli Esteri Burkhalter – famoso in tutto il mondo per la presidenza dell'Osce, certo, ma anche per essere stato immortalato nel 2014 mentre attendeva un treno a Neuchâtel come un qualsiasi «nobody» (la foto diventò virale sui social, ricordate?) – ha respinto le accuse secondo le quali la Svizzera si sarebbe prostrata davanti all'illustre ospite, lasciando in secondo piano la questione dei diritti umani.
«Non è vero niente» ha replicato il Consiglio federale, «abbiamo avanzato proposte concrete, come quella che un commissario ONU visiti la Cina per toccare con mano la situazione» (già che c'è, consigliamo al prescelto di dare un'occhiata alla cucina di qualche ristorante).
Della due giorni svizzera di Jinping una foto ha svettato sulle altre, quasi come quella di Burkhalter solo soletto in stazione intento a smanettare sul suo smartphone: vi è ritratto il presidente cinese impegnato nella sua prima fondue, a tavola con i nostri sette ministri.Con forchettona al posto delle bacchette, patate invece del riso e formaggio a sostituire i più familiari (per lui) ravioli al vapore, Jinping e consorte se la sono cavata egregiamente, grazie ai suggerimenti proprio di Burkhalter, che ha evitato loro la tradizionale penitenza, da scontare – come noto – quando si perde il tozzo di pane all'interno del «caquelon».
Penitenza che poteva consistere, fantastichiamo, nel prendersi una bella e lunga vacanza (odiata dagli stacanovisti cinesi, all'esatto opposto di quegli impiegati di Sanremo che il mattino timbravano il cartellino in bermuda e con la sdraio sotto braccio) o nel prenotare un tavolo nel miglior ristorante di cucina tibetana per un apericena «da guerra fredda» con il Dalai Lama.Ecco spiegato perché Jinping intingeva con estrema cautela e un filo di preoccupazione il proprio boccone nel formaggio fuso: voleva evitare pericolose seccature. «Meglio un'altra fondue» avrà pensato, con riferimento alla «sua» chinoise. Non sapeva che anche nella capitale federale, come in Ticino, vige il motto «prima la nostra».