Forma e sostanza

I cambiamenti chiedono attenzione, perché quelli radicali creano sconcerto. Nel mondo della comunicazione, fondamentale in un’epoca segnata da eventi che si sovrastano, le mutazioni sono iniziate da tempo. Aumentano le letture on line. Non si vedono più i giornali sotto il braccio ma nell’informazione gli indici televisivi salgono. Un noto direttore di giornale tenne una relazione dichiarando che cresceva il timore di un calo – ma non la scomparsa – della pagina stampata. L’informazione scritta era a rischio per ragioni diverse. Non sono uno specialista di strategie della comunicazione; non seguo simposi e seminari in cui si analizzano e propongono terapie di contenimento. Interessante però è sapere che in alcuni paesi salgono le vendite della narrativa e ovunque i dibattiti incessanti popolano i teleschermi.
Ci si può improvvisare comunicatori con la stessa facilità con cui ci si tuffa in acqua nella calura? Una vasta parte della comunicazione è lo specchio delle trasformazioni sociali e culturali in corso o appena avvenute. La pagina scritta può sopravvivere adeguandosi ai tempi ma distinguendosi per qualità anche formale. Se tornassero in vita i grandi del giornalismo avrebbero bisogno di decodificatori per capire qualche loro collega, ovunque. Apro alcuni portali e leggo notizie, anche molto lunghe, in cui per arrivare al concetto principale e portante si deve seguire un arabesco. La fortuna della comunicazione è affidata a chi all’acume giornalistico unisce capacità scrittoria e rigore. Noi stiamo ancora bene. C’è una grande maggioranza fra i giornalisti che svolge il proprio mestiere con passione e scrupolo, e non affidando al caso la scrittura ritenendo che si possa scrivere come si parla al mercato o al caffè. Ormai hanno tutti una formazione e percorsi accademici. Sorrisi quando un amico giornalista serio – che usa la testa e le regole – fece notare che gli errori dei giornalisti per fortuna finiscono nel cestino della carta. Gli errori dei giornalisti sono per lo più veniali, si limitano talvolta a neologismi casalinghi o alle amenità sintattico grammaticali e davvero finiscono nei cestini. A onore della categoria occorre dire che di incapaci ce ne sono pochi perché quasi tutti svolgono con zelo il proprio lavoro. Soprattutto chi ha esperienza. Alcuni possono apparire tendenziosi se letti da un fronte opposto ma sono coerenti nel loro procedere. È inutile pretendere che un fronte informativo precisato ideologicamente e culturalmente si ponga à la carte sul sulla tavola di tutti. Da noi, ad esempio, non risulta che una testata neghi la facoltà di replica o di dibattito. Si può dissentire e manifestare i dissensi. I grandi giornali hanno filtri e oculatezze protezionistiche.
Torno alla correttezza, che dovrebbe essere sostanziale ma ben contenuta nella forma, proprio sulla scorta di quella regola civile che vuole che la forma sia parte della sostanza. È quindi indispensabile una rigorosa offerta formale senza i contorsionismi che talvolta occorre affrontare per leggere. Eppure, e resto da noi, l’offerta è quasi completa, esauriente, anche là dove si riporta un fatto o un dibattito in poche righe. Abbiamo assistito a qualche can can spropositato intorno ad azioni e eventi «politico culturali» quando allo stesso tempo, su eventi di più ampia portata, c’è parsimonia informativa. Il rincorrersi di repliche, contese a distanza e diatribe su carta, aiuta comunque a conoscere e quindi aiutano a capire, nonostante le innegabili passioni che le avvolgono. È solo questione di misura. Occorrono sempre pagine servite con cura, anche nei dettagli, con una logica sequenza di concetti lineari, semplici, affidati a una lingua esatta e non approssimativa. Troppi luoghi comuni ci insidiano e le informazioni in rete, necessariamente essenziali, abituano alla sciatteria. Ho letto una volta: «Ministro prende volo». Dice tutto. In troppe manifestazioni dello scrivere non vedo più il rigore della composizione o, come diceva Italo Calvino, «l’amore per l’intelligenza». Ci si affidi così alla parte ritenuta migliore, che resiste; si resti sul fronte conservatore, che oggi risulta progressista. Carlo Collodi, uno degli scrittori universali con la sua intramontabile fiaba simbolica, amava dire «cominciamo dal principio». Anche la semplice vecchia regola del comunicare con ordine, secondo il «chi, dove, quando, come e perché», sembra in tanti casi avere lasciato il posto alle informazioni in libertà. Non ci sono più le regole ferree e chiunque sembra poter scrivere come vuole e dire ciò che vuole ma non da noi, dove il lavoro di chi comunica al pubblico è ancora formalmente corretto e non come diceva Luigi Barzini Jr. «è sempre meglio che lavorare».