Gli astri di Vladimir Petkovic

La commistione fra calcio e astrologia, in Francia, non è ben vista. Anzi. Mette i brividi a parecchi tifosi. O, se va male, li fa semplicemente incazzare. L’accostamento, d’altronde, è strambo. E qualche interrogativo, bisogna ammetterlo, è in grado di generarlo. Se sospetti e fastidio hanno però preso il sopravvento sulla curiosità, è a causa di colui che il binomio in questione lo ha sdoganato: Raymond Domenech. Uh la la! Nel febbraio del 2005, «il peggior allenatore del calcio francese da Luigi XVI» - parole di sua maestà Éric Cantona - svelò la sua passione per pianeti e stelle. Ma soprattutto per l’arte divinatoria che cerca di spiegarne l’ascendente sull’uomo. A ridosso dei Mondiali tedeschi - andati bene, non benissimo -, il commissario tecnico non nascose che le convocazioni sarebbero state influenzate anche dalle statistiche iscritte nel cosmo. «Andranno selezionati 23 giocatori. E tutti i parametri saranno considerati. Da parte mia ne aggiungerò uno: l’astrologia. Un fattore minimo, che però subentrerà in ultima battuta». È tutto vero. Peccato che cinque anni più tardi, praticamente tutta la squadra gli voltò le spalle. Indipendentemente dalla collocazione dei singoli nello zodiaco. I Mondiali sudafricani - andati malissimo, non male - e la rivolta di Knysna, già.
Il tema, suggerivamo, è delicato. E, immaginiamo, sconosciuto a Vladimir Petkovic. L’allenatore del Bordeaux lo ha infatti rispolverato a margine dell’ultima, umiliante sconfitta contro il Rennes. «Il mio segno astrologico è il leone, e una delle sue caratteristiche è quella di non mollare mai» ha dichiarato «Vlado», facendo buon viso a cattiva sorte. Il club, poco prima, aveva rimediato il rovescio più pesante in Ligue 1 dalla stagione 1985-86. Il nono in questo terribile campionato, che vede i girondini occupare il 17. posto, in piena zona retrocessione e con la peggiore difesa del torneo. L’ex allenatore della Svizzera, non a caso, è sulla graticola. La sfida con lo Strasburgo, domenica, deciderà il suo futuro. Nemmeno vincere, forse, gli basterà. Dopo averle tentate tutte, accantonando pure diversi giocatori di peso - su tutti il vecchio capitano dell’Arsenal Laurent Koscielny - il presidente Gérard Lopez è oramai fuori di sé. Il grande colpo dell’estate - tre anni di contratto al tecnico che ha estromesso i campioni del mondo in carica negli ottavi di finale di Euro 2020 - rischia di scoppiargli fra le mani. E ciò nonostante il miracolo di Bucarest abbia effettivamente corroborato la tesi secondo la quale i nati tra il 23 luglio e il 22 agosto caparbi lo siano per davvero.
La sbandata di Petkovic, onestamente, non ci manda in solluchero. Semmai, riporta a galla un certo senso di sbigottimento. Quello, per intenderci, che aveva invaso molti osservatori dopo l’improvviso matrimonio tra il 58.enne di Sarajevo e il Bordeaux. Se l’addio dalla selezione rossocrociata, per quanto brusco, non aveva nulla di scandaloso, l’abbraccio con una società tremebonda, salvata a un passo dal fallimento, ha al contrario lasciato i più a bocca aperta. Intaccando, in parte, la nobile reputazione forgiata dallo stesso «Vlado» solo poche settimane prima. L’ex selezionatore, ahilui, si è così ritrovato a gestire una formazione senza capo né coda. Orfana di spessore tecnico e, per questioni di tempo e soldi, impossibilitata ad attingere dal mercato con raziocinio. Un salto nel buio, insomma. Difficilmente giustificabile con il passato glorioso del club e le ambizioni della nuova dirigenza, quanto più con il desiderio - a questo punto oseremmo dire cieco - di lasciarsi alle spalle una parentesi storica e al contempo dolorosa. Quantomeno sul piano umano. Poco male, perché al netto del dispiacere per il brindisi andato di traverso nei vigneti bordolesi, l’allineamento dei pianeti venutosi a creare sopra Muri bei Bern ha giovato alla Nazionale. E questa, in fondo, è l’unica cosa che conta.