Il commento

Gli Oasis tornano in tour, ma allora è vero che si può vivere per sempre

Trent'anni fa uscì «Definitely Maybe»: la pietra angolare su cui i fratelli Liam e Noel Gallagher avrebbero costruito una fortuna, oggi, è tutto fuorché un disco rotto
Marcello Pelizzari
27.08.2024 09:21

Trent’anni. Anche se poi, come molti altri, chi scrive avrebbe conosciuto – davvero – gli Oasis fra il 1995 e il 1996, in piena febbre (What’s the Story) Morning Glory?, recuperando solo in seguito l’album d’esordio. Definitely Maybe, già. Uscito il 29 agosto del 1994. Trent’anni fa, appunto.

La pietra angolare su cui i fratelli Liam e Noel Gallagher avrebbero costruito una fortuna, oggi, è tutto fuorché un disco rotto. Al contrario, è più che mai attuale. Non tanto, o non solo, perché il tema della cosiddetta reunion – fra abboccamenti, smentite e litigate a mezzo stampa – è infine diventato realtà. Ma perché il mai veramente definito popolo del rock ha ancora un disperato bisogno di Definitely Maybe. Come spiegare, altrimenti, i biglietti andati a ruba per il tour celebrativo messo in piedi da Liam? E come spiegare, prendendo in prestito un termine tremendamente moderno, tutto questo hype attorno al ritorno dei fratelli non più coltelli, a quindici anni dalla rissa nel backstage del festival parigino Rock en Seine che spinse Noel ad andarsene?

D’accordo, parliamo (quasi) esclusivamente di nostalgia. Croce e delizia delle nostre vite, oramai. Simulacro o brandello di una gioventù mitizzata perché oh, «quanto stavamo bene». All’improvviso, in quegli anni Novanta inizialmente dominati dal grunge ma anche dalla dance italiana e dagli 883, sbucarono loro. Gli Oasis. Sbucarono e si presero tutto. Chiudendo la loro personalissima trilogia Nineties con Be Here Now. Un album talmente sovradimensionato da risultare pacchiano. O, meglio, perfettamente in linea con i tormenti e gli eccessi (cocaina in testa) dei fratelli Gallagher. Da Definitely Maybe erano passati appena tre anni. Ma parevano cento. E questo perché da lì in poi, escludendo forse Standing on the Shoulder of Giants, caratterizzato da un sound notevole e maturo della band, gli Oasis e soprattutto Noel non seppero più (ri)trovare il fuoco sacro e l’ispirazione. Facendosi ingoiare dalla mediocrità o, probabilmente, dal benessere.

D’altro canto, gli Oasis degli esordi, quelli di Definitely Maybe, non erano fatti per durare. Non è un caso se, nei loro live, spesso i Gallagher proponessero un brano di Neil Young, Hey Hey, My My. Lo cantava Noel, spesso con fare disperato. Colpiva, sempre, un verso in particolare: «It’s better to burn out than to fade away». Tradotto più o meno alla lettera: è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente. Il senso di Definitely Maybe era (anche) quello. Era dare tutto. Subito. Senza sconti. Era uscire dalla provincia e da un sobborgo di Manchester troppo brutto per essere vero. Era conquistare gli stadi. Era diventare delle rockstar. Con tutti gli onori, e gli oneri, che ne sarebbero derivati in termini di fama e disponibilità economica. Un calcio, continuo, nelle gengive per chi ascolta(va).

Definitely Maybe, sin dal suo titolo, è un ossimoro. È un album concepito dal basso, diciamo pure dalla strada, con tutta l’energia e la sfacciataggine di cui sono capaci i teppisti, ma per puntare in alto. Ai salotti buoni del Paese, perfino quelli politici se pensiamo a come Tony Blair in seguito cercò di sfruttare il Britpop. E anche alle stelle, se prendiamo il testo di Live Forever. All’eternità. Il grande merito degli Oasis, concludendo, è stato proprio questo volendo parafrasare una vecchia recensione del Melody Maker: far credere a tutti che, nell’esatto istante in cui Liam canta «tu e io vivremo per sempre», quel senso di eternità sia possibile. Anche tangibile. È ciò che oggi, trent’anni dopo, tutti noi fan sfegatati chiamiamo nostalgia. Una Live Forever che, di continuo, ci riporta lì. A un periodo irripetibile. Ed eterno nella sua brevità. Irripetibile ed eterna, con sfumature evidentemente differenti, sarà anche questa reunion. Ne avevamo bisogno. Pazienza se, come cantava Noel, in realtà è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.

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