Gli obiettivi della Posta fanno male ai giornali
Ieri il direttore generale della Posta, Roberto Cirillo, se ne è uscito con una dichiarazione al «Blick» che, se verrà concretizzata, assesterà un ulteriore colpo, forse di quelli letali, al giornalismo cartaceo, all’enorme cultura professionale che questo settore porta con sé, all’informazione pensata, verificata e strutturata e, in ultima analisi, alla democrazia così come la conosciamo nella nostra Confederazione. No, non stiamo esagerando. Vediamo perché. Secondo Cirillo, il limite delle 12.30 per la consegna dei quotidiani deve cadere, dal momento che un certo numero di svizzeri non è più in casa durante la pausa di metà giornata. «Per loro - ha detto il CEO della Posta, che punta evidentemente a rendere efficienti i servizi e a ridurre ulteriormente i costi - non fa differenza l’orario di recapito di lettere e giornali. Dobbiamo avere la libertà di allinearci alle esigenze dei clienti».
Non sappiamo se Cirillo abbia effettuato sondaggi per sapere quanti dei suoi clienti siano favorevoli a leggere un quotidiano cartaceo (che pagano) alle sei o alle sette di sera; noi, dal canto nostro, non abbiamo dovuto fare statistiche, perché subito dopo l’uscita di Cirillo, diversi abbonati ci hanno contattato allarmati e amareggiati. Scegliamo un messaggio tra i tanti: «Davvero, in futuro, il quotidiano verrà consegnato anche dopo le 12.30? Se sarà così, io non farò più l’abbonamento perché mi piace leggere il quotidiano bevendo il caffè in poltrona la mattina e ricevere le notizie prima di pranzo. Dopo quell’orario le guardo in TV o le ascolto in radio. Ma niente in confronto al toccare la carta, sentire il profumo dell’inchiostro, sfogliare e risfogliare le pagine. Lo stesso mi succede con i libri, che non potrei mai leggere su Internet». Questo affezionato lettore del Corriere del Ticino ha già detto praticamente tutto. Ci permettiamo solo di aggiungere qualche nota. Il nostro, come molti altri giornali, ha fatto negli ultimi anni sforzi abnormi - al netto di un incremento esorbitante dei costi, anche postali - per fornire un’informazione presidiata a due pubblici diversi, quello del giornale cartaceo e quello del sito web. Il primo, peraltro (e fortunatamente) ancora numeroso, è assai esigente: il giornale, più che alle sette di sera, vorrebbe leggerlo alle sette del mattino, sicuramente prima di uscire di casa, magari portandoselo con sé sui mezzi pubblici.
E, badate bene, non stiamo parlando di lettori nostalgici o poco digitalizzati, ma di un pubblico composto da professionisti, da medici a professori, da notai a funzionari, o da pensionati molto attenti all’evoluzione della società, che hanno bisogno di questo tipo di giornalismo. Sono lettori forti, e spesso ne generano altri in famiglia: ci piace pensare infatti che non tutti i giovani trascorrono le loro ore a casa sul loro smartphone a guardare video su TikTok. Spesso, al contrario, osservando i loro padri e le loro madri sfogliare un giornale, ne ereditano curiosità e passione per la testata. Un retaggio prezioso. Ancora: quando Cirillo afferma che «una Posta sana non deve avere una missione che non è richiesta dalla popolazione» fa una constatazione inesatta. Quando paragona un pacco di Zalando (che può essere consegnato anche la sera, ci mancherebbe) a un giornale (che per assolvere in pieno la sua funzione deve essere nella buca delle lettere la mattina presto o altrimenti è buono per incartarci il pesce) cade - e lo diciamo con dispiacere - in quella pericolosa deriva, così tipica dell’oggi, in cui si conosce il prezzo di tutto e il valore di niente. Per la democrazia e per la cultura elvetiche, un ulteriore cedimento verso il basso di cui non sentivamo il bisogno.
Certo, ci rendiamo conto che anche la Posta è confrontata con la richiesta da parte della Confederazione (sua proprietaria) di generare utili (quello del 2022 si è ridotto a 295 milioni di franchi, rispetto ai 457 milioni del 2021) operando all’interno di un libero mercato di concorrenza e di dover versare ogni anno un contributo importante nelle casse pubbliche. Ma se a rimetterci deve essere la qualità della democrazia svizzera e della cultura generale - oltre che dei servizi al cittadino - ecco che forse anche la politica dovrebbe iniziare a interrogarsi seriamente e a fissare regole che non possono essere aggirate. Probabilmente, le dichiarazioni di ieri di Roberto Cirillo sono un ballon d’essai in vista di obiettivi più a lungo termine, impostati sul 2040-’50, quando, si ritiene, il mondo sarà così tanto uniformemente digitalizzato da non avere più bisogno della carta. Pensiamo che non sarà così, a patto di continuare a garantire un servizio pubblico all’altezza, in ogni angolo del nostro Paese.