Il ricordo

Grazie Presidente, grazie caro amico

Un rapporto durato quasi cinquant’anni, cresciuto e consolidato nel tempo dell’hockey e poi del lavoro sino a diventare un’amicizia di vita vera e profonda: Geo Mantegazza, il presidente, e poi soltanto Geo, l’amico
Fabio Gaggini
11.10.2024 06:00

Un rapporto durato quasi cinquant’anni, cresciuto e consolidato nel tempo dell’hockey e poi del lavoro sino a diventare un’amicizia di vita vera e profonda: Geo Mantegazza, il presidente, e poi soltanto Geo, l’amico. Eppure la nostra conoscenza era iniziata non senza qualche incomprensione: lui deciso a costruire la sua squadra, io a conservare le mie prerogative di giovane giocatore e studente. Non fu facilissimo trovare un punto d’intesa tra il carattere forte e dominante di una personalità come la sua – che avrei poi imparato a conoscere e ad apprezzare – e la determinazione tipica di molti ventenni poco inclini a scendere a compromessi.

Da sportivo mi viene da pensare che quel giorno forse fui io a vincere la partita, ma di certo Geo vinse il suo campionato: eravamo riusciti a ottenere entrambi ciò che pensavamo fosse importante, e questo, in un certo senso, fu un primo, fondamentale elemento che contribuì a cementare la nostra relazione.

Di Geo Mantegazza, uomo di grande successo, si tende infatti a credere che fosse una persona poco aperta al dialogo, magari perché troppo abituata a prevalere in molte situazioni di confronto: scoprii molto velocemente, invece, che in lui era sempre la ragione a prendere il sopravvento e che era pronto a cambiare opinione sulla base dei fatti, senza timore né tantomeno pregiudizi di sorta. Oggi tutti lo ricordano soprattutto come il presidente dell’HC Lugano, e forse lui ne sarebbe contento, proprio per il grande amore che lo ha legato sin da giovane ai destini del club. Geo Mantegazza, però, è stato molto altro: un uomo di grandi risorse intellettuali e di forte impatto sui tempi e negli ambiti in cui è stato attivo, con uno spirito sempre impregnato di contagiosa positività e di spiccata progettualità. E con un’altra, straordinaria qualità: quella sua generosità, mai ostentata ma sempre presente nei suoi pensieri e nei suoi comportamenti, che lo ha reso protagonista di tantissime iniziative, sconosciute perché ammantate di discrezione ma concrete e preziosissime per molti.

Geo era un uomo profondamente legato alle sue origini e al suo territorio: il Lugano era la «sua» squadra di hockey, ma Lugano era la sua città e il Ticino la sua terra. L’avventura di una vita vissuta con pienezza lo ha condotto un po’ ovunque, senza staccarlo mai dalle sue radici, da quel pezzo di Svizzera dove era conosciutissimo, è vero, ma dove conosceva quasi tutti. La sua scomparsa ci strappa un uomo di valore, un visionario che è stato capace – oltre che di affermarsi sul piano professionale – di trasformare in profondità il mondo di uno sport come l’hockey svizzero, che a lui più di chiunque altro deve l’inizio di quella evoluzione che lo ha proiettato sino ai vertici mondiali. Non so se Geo fosse consapevole, già allora, alla fine degli anni ’70, di tutte le conseguenze che il suo avvento alla testa dell’HC Lugano avrebbe generato nel tempo: di sicuro ha avuto l’opportunità di rendersene conto con il passare degli anni, prima ancora di passare la mano ai suoi successori sino alla designazione nel ruolo di sua figlia Vicky, alla quale ha trasmesso la sua immensa passione.

Oggi Lugano, il Ticino e la Svizzera hanno perso una personalità di primissimo piano. L’HC Lugano il vero motore della sua crescita, io e tutti coloro che hanno avuto la possibilità di conoscerlo e di frequentarlo da vicino un grande amico che ci ha accompagnato con la sua forza, la sua semplicità e la sua saggezza in tutte le fasi della nostra vita.

Grazie Presidente, grazie caro amico Geo.

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