Ventisei cantoni

Guisan, il resistente

La ricerca storica ha tolto al Generale Guisan (di cui ieri ricorrevano i 150 anni dalla nascita) l'aura mitica di cui godeva nel secondo dopoguerra – Ma sta di fatto che dal 1940 al 1945 egli ruppe con ogni tentazione di allinearsi al nuovo ordine europeo, esortò gli Svizzeri alla resistenza ai nazifascisti e riuscì a tenere unito il Paese
Moreno Bernasconi
22.10.2024 06:00

«La situazione è grave. Ho voluto riunirvi in questo luogo storico, terra-simbolo della nostra indipendenza, per parlarvi da soldato a soldato. Siamo a una svolta nella nostra storia. Si tratta dell’esistenza della Svizzera… In gioco non c’è la neutralità; c’è l’indipendenza stessa del nostro Paese…Considerando il futuro con lucidità riusciremo a vincere le difficoltà, che già il patto del 1291 chiamava “malizia dei tempi”. Non ascoltate coloro che, per ignoranza o per interesse, vi inciteranno al dubbio. Credete non solo al nostro diritto ma anche alla nostra forza e - se ognuno lo vorrà - all’efficacia della nostra resistenza… Occorre resistere ad ogni costo. Il solo modo di essere rispettati è affermare la nostra volontà di difenderci fino all’ultimo. Ecco ciò che il popolo deve sapere, ciò che farà esitare il nostro eventuale avversario: se saremo attaccati distruggeremo i passaggi delle Alpi. E di questi passaggi hanno bisogno!». La lunga citazione è utile per illustrare la forza del discorso che il generale Henri Guisan - del quale ieri ricorreva il 150esimo della nascita - tenne al Rütli ai quadri superiori dell’esercito il 25 luglio 1940. L’importanza di quel Rapporto agli ufficiali - i cui punti essenziali furono replicati nel discorso radio ai cittadini del 1. agosto - fu decisivo per il Paese, sotto choc dopo la resa dei francesi alle truppe del Reich e la firma dell’armistizio da parte del maresciallo Pétain il 22 giugno 1940. La Svizzera (quella repubblicana e democratica ampiamente maggioritaria), che contava sulle alleanze per la propria difesa, si ritrovava ormai accerchiata. Dubbi e disfattismo si diffondevano. Complici, oggi, i nuovi sibili dei missili e dei cannoni alle frontiere Est e Sud dell’Europa e i timori che possa scoppiare una terza guerra mondiale, la figura del generale Guisan sta suscitando in questi giorni una rinnovata attenzione dopo decenni di dimenticanza. Non in modo agiografico. La ricerca storica ha infatti tolto da tempo a Guisan quell’aura mitica di cui godeva, rilevando i grandi rischi della strategia del ridotto alpino e dimostrando quanto abbiano contato le relazioni economiche e finanziarie con la Germania nella decisione del III Reich di non invadere la Svizzera. Resta però il fatto che la volontà di resistenza e di difesa e la concentrazione delle truppe nel ridotto alpino inteso come fortezza e barriera ebbero un forte effetto sul Reich. Lo conferma la nota di protesta che dopo il Rapporto del Rütli Berlino inviò immediatamente al CF: «Il Governo tedesco ha preso conoscenza con profondo disappunto di questa manifestazione in cui non può che vedere un incitamento dell’opinione politica svizzera contro la Germania e l’Italia». L’irritazione fu tanto più forte poiché i segnali che giungevano a Berlino nei mesi precedenti andavano in tutt’altra direzione. C’era stata una smobilitazione parziale e l’ambasciatore svizzero in Germania Hans Frölicher aveva scritto al Consiglio federale: «La Svizzera dovrebbe rinunciare all’attuale politica di neutralità e dichiararsi pronta a collaborare con la Nuova Europa guidata dalle potenze dell’Asse». Raccomandazione che il presidente della Confederazione e capo del Dipartimento politico Marcel Pilet Golaz (subentrato a Giuseppe Motta nel gennaio 1940) diede l’impressione di approvare nel discorso tenuto il 25 giugno 1940, dopo la capitolazione francese. Agli svizzeri frastornati e intimoriti dalla minaccia di un’invasione, Pilet Golat fece un discorso tentennante e confuso in cui auspicava un «rinnovamento interiore» e incitava ad «adeguarsi al nuovo contesto». Fu letto come un invito ad allinearsi e suscitò irritazione popolare e critiche della stampa. Il Rapporto del Rütli del generale Guisan - tenuto un mese dopo - capovolse la prospettiva e fu inteso per quello che era: un appello ad uscire dalla rassegnazione disfattista, un appello alla resistenza: «Tenir à tout prix». Guisan non fu un Generale aristocratico come Ulrich Wille, genero di Friedrich von Bismarck con simpatie prussiane che guidò l’esercito svizzero durante la prima guerra mondiale (e divise con le sue visioni Svizzera tedesca e Svizzera francese). Henri Guisan fu agricoltore e ufficiale di milizia; fu l’emblema della resistenza per tutto il secondo conflitto mondiale e riuscì a tenere unito il Paese. Fuori dal mito: «Chapeau!».